Pozzallo, Sicilia, domenica di Pasqua: un migrante eritreo bacia la terra appena, sbarcato in porto (foto di Stefano Guindani per Fondazione Francesca Rava)

A bordo di nave San Giorgio c’è il cervello di Mare Nostrum, coordinato dall’ammiraglio Mario Culcasi. La sala operativa ospita lo staff con i responsabili dei vari rami di attività, sempre strettamente interconnessi, dalla pianificazione al legal advisor. Scopo della missione è garantire la salvaguardia della vita in mare e assicurare alla giustizia chi lucra sul traffico umano.

Un po’ di numeri di Mare Nostrum, che ha appena compiuto 6 mesi e impegna 779 militari, oltre a Polizia, Guardia di Finanza, team dell’ufficio immigrazione, mediatori culturali e squadra di fotosegnalazione (l’attività di identificazione dei migranti comincia a bordo), affiancati da volontari come quelli della Fondazione Francesca Rava (contattabile qui). Insieme alla San Giorgio, che ospita anche un’infermeria attrezzata con sale chirurgiche e un servizio di telemedicina connesso all’ospedale militare romano del Celio, altre 4 navi (Espero, Aliseo, Cassiopea e Sirio) perlustrano ininterrottamente un’area di mare di 71 mila km quadrati (3 volte la Sicilia) con l’ausilio di elicotteri e  natanti per lo sbarco dei naufraghi. Sono impegnati anche velivoli della Marina e della Polizia dislocati a Catania e Sigonella, e un drone.

Dopo essere stati assistiti e rifocillati, e dopo una prima identificazione, i migranti vengono sbarcati in genere nel giro di 12-15 ore: Lampedusa si raggiungerebbe più velocemente, ma attualmente è chiusa agli sbarchi per lavori nel centro di accoglienza e sulle banchine. I migranti salvati sono stati 28 mila in 6 mesi (compresi quelli, circa il 25 per cento, recuperati dalla Gdf, da pescherecci e mercantili).Nel 10 per cento dei casi si tratta di donne. Un altro 10 per cento è costituito da minori, molti dei quali non accompagnati. 78 scafisti sono stati identificati e arrestati.

I migranti vengono imbarcati prevalentemente in Libia, ma anche in Tunisia, in Egitto e più raramente dalla Grecia e dalla Turchia. Provengono in gran parte dal Corno d’Africa, dall’Africa sub-sahariana e dalla Siria, da dove partono intere famiglie in fuga dalla guerra. I porti di sbarco sono prevalentemente Augusta (Sr), Pozzallo (Rg) e Porto Empedocle (Ag)

La missione è costata finora 54 milioni, 9 milioni al mese, interamente stanziati dalla Marina Militare Italiana. Secondo l’ammiraglio Culcasi il dispositivo è ben bilanciato, ma per garantirne la continuità servono nuovi fondi, soprattutto per il carburante e per la manutenzione delle navi.

 

L’ammiraglio Filippo Maria Foffi è il Comandante in Capo della Squadra Navale. Gli chiedo se Mare Nostrum durerà ancora a lungo.

Potremmo dover cessare le attività a fine giugno-inizio luglio, qualora l’Europa non si rendesse conto che lo sforzo che stiamo compiendo va condiviso (il che significherebbe la strage dei migranti, ndr). Quello dei migranti non può essere inteso come un problema italiano: stiamo controllando il confine sud del continente europeo, e stiamo salvando decine di migliaia di vite umane. Ma se avessimo dovuto attendere finanziamenti dedicati la missione non sarebbe mai partita, e dopo la tragedia di Lampedusa non potevamo più aspettare. Siamo orgogliosi del lavoro che stiamo facendo, e vediamo con soddisfazione crescere un’opinione pubblica favorevole. D’altro canto siamo anche perfettamente consapevoli di non costituire la soluzione ai problemi che sono all’origine di questi flussi: siamo l’aspirina, non la terapia. Alla base di queste grandi migrazioni ci sono crisi economiche devastanti e situazioni di guerra. Noi facciamo la nostra parte, ma il problema dei flussi deve essere affrontato e governato dalle Nazioni Unite, che a quanto pare tardano a mettere a fuoco soluzioni efficaci, insieme a organizzazioni regionali come l’UE e l’Unione Africana, allo scopo di mettere al sicuro centinaia di migliaia di esseri umani in mano a milizie che lucrano su questo traffico. Ci sono migranti che al momento di imbarcarsi esitano per il terrore di dover affrontare il mare aperto, ma vengono minacciati, picchiati e perfino torturati con elettrodi. Molti magistrati esperti di diritto internazionale ritengono che questa catastrofe umanitaria debba essere formalmente classificata come un capitolo della tratta degli schiavi, e affrontata con gli strumenti che si adottano in queste circostanze. Non è compito di Mare Nostrum, che è un dispositivo di sorveglianza e di salvataggio. Ho partecipato a riunioni di coordinamento con il governo e posso testimoniare una grandissima sensibilità sulla questione, con l’obiettivo di utilizzare l’imminente semestre italiano di presidenza UE per richiamare alle loro responsabilità sia l’Europa sia le Nazioni Unite. Mi conforta l’attenzione crescente dell’opinione pubblica e dei media internazionali: la Germania sta facendo documentari su Mare Nostrum, esempio della capacità italiana di essere ad un tempo “coraggiosi e buoni”. Non esiste al mondo una nazione che fa quello che stiamo facendo noi, con tanto entusiasmo e tanta dedizione, spingendosi fino a 400 miglia dalle coste della Sicilia”.

Interpellata a riguardo, Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa in prima fila da anni sul fronte migrazione, ha dichiarato al Corriere della Sera che “occorre un Mare Nostrum 2” a terra, “sulla terraferma e sulle due coste”, perché una volta che le navi sono attraccate con il carico di migranti “non c’è quasi niente oltre alle banchine”. E ha chiesto anche che le navi vadano direttamente a recuperare i migranti “nei porti di Tripoli o di altre città africane tagliando così il business dei trafficanti”.

Una medica volontaria della Fondazione Francesca Rava con un piccolo salvato