Ricevo e pubblico la lettera di una collega, C.M.

Decine di migliaia di giovani donne sono in questa situazione, e anche peggio. Se questa genrazione è perduta, la prossima non verrà nemmeno al mondo.

 

Trentesima settimana di gravidanza: giunge il tempo anche per me, trentatreenne libera professionista nel campo della comunicazione e iscritta alla gestione separata INPS dal 2006, di fare domanda di maternità. Dopo una settimana dedicata a raccogliere documenti, tentare di caricarli sul sito inps.it e quattro ore di interminabile fila in due giorni per entrare nell’ufficio del mio municipio a Roma, scopro che il mio congedo di maternità non ha i requisiti per essere riscattato.

Verso i contributi alla gestione separata da quando avevo 27 anni e lavoro dall’età di 18. Come mai, ora che per legge non posso lavorare, non ho diritto alla maternità? I versamenti da libera professione per l’anno 2012 – mi spiegano- si effettuano dal mese di settembre del 2013, quindi l’istituto di previdenza non può pagarmi la maternità (la data del parto è agosto). Certo potevano dirmelo prima, che non dovevo concepire mia figlia a novembre 2012.

Il meglio deve ancora arrivare. Chiedo spiegazioni all’operatrice Inps che si occupa della mia pratica e la signora, con estremo candore, mi risponde: “Anche solo un contratto a tempo determinato rende le cose più facili, in questi casi”. “SOLO?! Grazie!”. Non soddisfatta continua: “La libera professione è una scelta. I liberi professionisti sanno che si devono accollare dei rischi”.

Quindi è giusto non ricevere la maternità, dopo anni di contributi versati, solo perchè in Italia dobbiamo sottostare a contratti precari o aprire posizioni a partita IVA per poter lavorare. Ed io sono tra i più fortunati, perché svolgo una professione che amo e che ogni giorno mi dà grandi soddisfazioni.

Mi sono sentita presa in giro. Sono uscita da quell’ufficio ridendo, ma con un groppo in gola.

Inutile spiegare all’impiegata inps, che dall’ultimo “Rapporto UIL sulla cassa integrazione” del 2012, sono oltre 520.000 i lavoratori in cassa integrazione, per un totale di 8.000 euro a testa persi e i disoccupati italiani, a febbraio 2013, sfioravano quota 3 milioni. Che stupida sono, perché mi dovrei lamentare? Io che sono libero professionista e lavoro dai tempi della maturità.

Non ho mai deriso il mio Paese e a chiunque mi abbia detto che ero pazza a volermi costruire una famiglia in Italia ho sempre risposto che dobbiamo cambiare le cose dall’interno, se vogliamo che davvero la situazione si evolva.

Oggi, però, avrei tanta voglia di deporre le armi”.