Piaccia o non piaccia, che sia “figlia del Nazareno” o meno, la nomina di Monica Maggioni alla presidenza Rai è stata obbligatoria. Nel CdA c’è una sola donna contro 6 uomini, e ciò in aperta violazione di una legge dello Stato, la Golfo-Mosca, che parla di almeno un terzo delle nomine riservate a uno dei due sessi. Ovvero alle donne. In verità anche la nomina di una presidente non risolve il problema: il nuovo cda Rai resta fuorilegge, e se qualcuna avesse voglia di andare fino in fondo quasi certamente le sarebbe data ragione.

La stessa Lella Golfo, una delle due madri della legge, pur festeggiando Maggioni commenta come segue: “Dopo un CdA con una sola donna su sette membri, la nomina di Monica Maggioni è una bella boccata d’ossigeno. Ora auspichiamo che anche i due membri restanti del Consiglio di Amministrazione siano donne. Nel 2012 la Rai anticipò le previsioni della mia legge sulle quote di genere, un passo indietro adesso sarebbe grave e inspiegabile”.

Ma il fatto importante è questo: qualcuna oggi avrebbe voglia di andare fino in fondo? di ingaggiare una lotta per far rispettare la legge?

Molte e molti fanno l’elenco delle ministre, delle parlamentari, delle sindache, delle presidenti, delle ad, delle consigliere di amministrazione che abbiamo (finalmente) visto in opera negli ultimi mesi o anche anni. Il loro essere donna ha cambiato qualcosa? si sono viste significative differenze, nello stile e nelle agende? abbiamo percepito, nelle nostre vite, che le cose vanno meglio?

Francamente no: ne abbiamo parlato tanto. E va attentamente considerato il fatto che siamo davvero in poche a porci il problema del CdA Rai. Abbiamo visto troppe cooptate, troppe segnaposto, troppe amiche e parenti messe lì in-nome-di. In qualche raro caso anche in nome delle donne, e ne abbiamo perso subito le tracce.

L’obiettivo del 50/50 va perciò abbandonato? Credo di no, perché rapidamente e inerzialmente ritorneremmo al 90/10, se andasse bene (meglio allora un lampante 100/0, ma sono astuti, non ce lo daranno mai!). Credo che si debba essere consapevoli del fatto che le azioni positive sono uno strumento grossolano, un grimaldello, un rimedio d’emergenza. E che il lavoro da fare è ben altro. Ma un passo indietro non agevolerebbe. Togliere le castagne dal fuoco ai nostri campioni della questione maschile non avrebbe senso. Tornare a rivedere il for men only (o, in molte situazioni, continuare a subirlo) potrebbe solo indebolirci.

Propongo quindi una tenuta critica sull’obiettivo della pari rappresentanza senza smettere di domandarci come fare funzionare ciò che non funziona, e in particolare come riuscire a fare agire la differenza femminile là dove, significativamente, non è prevista.