Secondo il Global Gender Gap Report realizzato annualmente dal World Economic Forum, le italiane sono scivolate dal 74 esimo all’80 esimo posto in classifica. I primi posti sono del Grande Nord, il Burundi sta al 24 esimo.

Ok, non facciamoci raccontare chi siamo dai numeri e dalle statistiche, ma quest’ultimo anno, quello del governo Monti, ci è costato parecchio, e ne abbiamo tutte esperienza sensibile e quotidiana.

Ho legami personali con almeno 5 giovani donne che stanno perdendo il lavoro (precario). Il doppio sì resta un sogno.

Chi ha figlie e figli si vive in casa questa faccenda. Avere figlie e figli fa una grande differenza nella percezione delle cose, perché significa avere i poveri in casa.

Al Sud ci sarà anche tanto nero –condizione comunque non felice- ma ufficialmente siamo a 4 donne su 10 che lavorano. Questo significa per tante tornare alla mercé degli uomini, il massimo della miseria possibile per una donna.

Il rialzo dell’età pensionabile significa che gli anni tra i 60 e i 65 possono diventare tra i più duri di tutta quanta la nostra vita, con i figli dei figli da curare e i genitori ancora al mondo sulle nostre spalle mentre ancora si lavora.

I tagli alla sanità e ai posti letto in ospedale significano che i malati ce li curiamo noi, sempre di più. Alcune di noi hanno la fortuna di avere compagni che condividono, ma non si tratta di una condizione maggioritaria.

Poi c’è il resto del bollettino della sex war: 194 inapplicata, violenza in crescita, etc. etc.

Direi quindi che non ho bisogno del Global Gender Gap Report per sapere come siamo messe.

Faccio la giornalista, mi chiamano colleghi stranieri per chiedermi perché ce lo lasciamo fare. Io cincischio qualche spiegazione, ma non so perché ce lo lasciamo fare.

Con molta semplicità penso che, se non intendiamo più lasciarcelo fare, le possibilità sono due: la rivolta, o la partecipazione attiva all’amministrazione del condominio, nel maggior numero possibile, con l’intento e la forza di ribaltare le agende della politica seconda.

Non penso che la nostra differenza sia tanto fragile da dissolversi all’interno delle istituzioni. Ho molta fiducia nella differenza femminile.

Se questo è capitato a quelle poche in passato, ho fiducia nel fatto che capiterà sempre meno alle molte -io spero- che troveranno la forza di andare là a prendere decisioni per il bene comune, tenendosi in legame strettissimo con i luoghi dell’origine.

Vediamo già dei segni interessanti in questa direzione -a Milano, a Torino-, chi sta dentro si sporge per chiedere aiuto alle altre fuori -postura ben diversa da quelle fuori che vanno a contrattare qualcosa con le poche che stanno dentro-.

Esperienze che vanno osservate, valorizzate e moltiplicate. Il momento per farlo è adesso.

(post pubblicato anche nel blog di Paestum)