Al momento abbiamo la democrazia, non si è ancora inventato niente di meglio.

E la democrazia prevede i partiti, ancora (idem come sopra).

Tutti -forse tranne i partiti- vogliono l’innovazione dei partiti.

Quelli che decidono nei partiti, se innovassero, dovrebbero rinunciare alle loro rendite di posizione. E tra l’innovazione e suddette rendite, scelgono le seconde. E’ umano, anche se miope. E quando si decidono ad aprire a nuove logiche e nuovi linguaggi, portando a casa un notevole consenso (vedi il caso Boeri a Milano, ma non è il solo), subito dopo richiudono, isolando e delegittimando l’outsider che gli ha portato un bel po’ di voti e di attenzione.

Il dibattito sulla legge elettorale lascia intravedere la tentazione forte di non rinunciare a decidere i candidati e soprattutto gli eletti (sanno benissimo che se decidessero gli elettori la gran parte di loro andrebbe a casa).

In più c’è il problema non indifferente che gli elettori identificano il partito con gli amministratori eletti, e non con funzionari e burocrati che pretendono di tenere il pallino in mano, sostenendo che i veri professionisti della politica sono loro, e senza professionisti la politica non si fa (mentre stiamo vedendo che invece si fa). 

Insomma, abbiamo un problema: come innovare i partiti se la maggior parte di coloro che decidono nei partiti non ha alcun interesse a innovare e fa prevalere ragioni di carriera personale sull’amore per il mondo?

Intanto teniamo d’occhio la discussione sulla legge elettorale, lo dico soprattutto alle donne, che tendono a non occuparsene, facciamo in modo di capire molto bene che cosa hanno intenzione di fare, stiamogli addosso.

E poi vediamo se ci vengono altre idee. Se ne avete, postate qui -ma in modo stringato, il web non regge paginate-.