Ora non si potrà più dare dei disfattisti ai 5 stelle, che per il Colle al Pd hanno fatto una proposta di quelle che non si possono rifiutare –Stefano Rodotà– lasciando intravedere che subito dopo si sarebbe parlato di governo.

Nei colloqui di qualche settimana fa, nomi per la premiership dai 5 Stelle il presidente Napolitano non ne aveva voluti sentire. Come fanno i bambini, sapete, quando si tappano le orecchie e ululano. Ma stavolta ha dovuto ascoltarli, lui e tutti gli altri. E i nomi erano -sono- tutti degnissimi, da quello di Milena Gabanelli, che con grandissimo stile si è sfilata dalla partita, a quello di Rodotà, che ha accettato la sfida. Talmente degni che ieri sera davanti al teatro Capranica -e dappertutto in rete- i militanti del Pd sono andati a dire che per quello che li riguarda il candidato è Rodotà, e a ribadire che l’inciucio non lo vogliono: “Le salsicce alle feste del Pd annassero a cocersele loro” dice un manifestante, vedere qui). Per quello che riguarda il gruppo dirigente del partito, invece (tolto un centinaio di dissidenti: i renziani, Pippo Civati, Laura Puppato e altri) il candidato è Franco Marini. Cosa che ha comportato a Pierluigi Bersani la spiacevolezza di dover sgattaiolare dall’uscita secondaria del teatro, il che dovrebbe bastare a fargli capire che se la dirigenza del partito si è relativamente compattata, il partito non c’è più, e non è fatto poco rilevante.

Inciucio doveva essere, fin dal principio, e inciucio è stato. Il nome di Franco Marini, la grande “sorpresa” preannunciata poche ore prima dalla zelante Alessandra Moretti, è quello che si presta meglio a garantirlo: meglio di D’Alema, che comunque attende nell’ombra, non si sa mai, ieri circolava il suo nome anche per la presidenza del futuro governo, meglio di Giuliano “31 mila euro” Amato, meglio di Anna “Ikea” Finocchiaro. Il nome che, secondo i conti di Bersani, avrebbe ridotto il dissenso al minimo fisiologico. Non è andata così, a quanto sembra.

Berlusconi è stato abilissimo, Grillo pure, Bersani molto poco. Quel “buon senso” che tanti gli hanno sempre riconosciuto sembra smarrito, in vertiginoso calo dalle primarie a oggi, se per buon senso si intende la capacità di captare gli umori del Paese.

Salvo raffiche dei franchi tiratori, tra un’ora o due il Presidente della Repubblica potrebbe essere Marini. Con 4/5 degli elettori di sinistra che non smettono candidamente di chiedersi: ma perché non Rodotà?

Franco Marini, veterano della politica politicante, colui che ammise: “E’ vero, io e D’Alema complottammo contro Prodi” (vedi qui). Marini, “nome di garanzia per tutti”: non per Sel, però, né per i 5 Stelle, che evidentemente di garanzie non ne meritano. Non per la grande maggioranza di elettori e iscritti del Pd. E non per la grande parte dei cittadini, che -questo è certo- avrebbero voluto un presidente di svolta.

Potrebbe esserci ancora qualche sorpresa. Stiamo a vedere. Tutto sommato converrebbe anche al PdmenoellemenoPd, che rischia di vedersi sbranato alle prossime urne da un Grillo alle 5 mila stelle.