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Come Alice in Wonderland mi sono avventurata –candidata, anzi candida presidente- nel territorio periglioso dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Una ragazzina, rispetto ai miei principali competitor (73 e 70 anni: un ordine per giovani). Viaggio allucinante, come quello di Alice. Ma di meraviglie ne ho viste poche. Intere dinasty, padri e figli, all’assalto. Mercanteggiamenti tra signori delle tessere. Truppe cammellate. Lobby paesane. Epiteti. Colpi bassi. Minacce di querela. Sei portata “da una lista di craxiani”, mi ha detto uno: lì siamo ancora alla prima Repubblica.

Non è andata affatto male: ho avuto due terzi dei voti conquistati dalla presidente uscente. Per un’outsider indipendente non è poco. Li avevo avvisati, i “craxiani”: guardate che se vado lì spalanco porte e finestre. Deve girare aria. Se vedo qualcosa che non va, se mi rendo conto di qualche abuso, non contate sulla mia accondiscendenza. Basta con un bollettino che costa sui 100 mila euro l’anno, e che dalla posta finisce dritto nella spazzatura (nell’ultimo numero, che ovviamente non avrete aperto, una fondamentale cover story sulla stampa sportiva e un reportage sulle medaglie d’oro alla carriera). Ci sarebbe l’online, volendo. Ci sono modi più intelligenti per amministrare un budget considerevole, che noi tutti siamo costretti a foraggiare. Ci sono i giovani, nativi digitali, a cui si deve riservare attenzione e dare spazio, e per i quali si deve studiare un sistema di garanzie. Ci vuole un ordine che somigli di più al mondo e meno a un circolo di garibaldini e reduci egoisticamente abbarbicati ai loro privilegi. Che sappia accompagnare la professione in un momento di trasformazione radicale e irreversibile. I “craxiani” mi avevano detto: ok.

Alcune delle giovani scrutatrici ai seggi, ragazze precarie, da 2-5-8 euro a pezzo, affaticate protagoniste di questa trasformazione, mi hanno gratificato con il loro sguardo fiducioso, mi hanno incoraggiato e anche scritto sul blog. Quanto meno una mamma, non un nonno o una nonna. Almeno una che il mestiere lo sta facendo, sulla carta, online, in tv, scrivendo libri, e sa precisamente quello che sta capitando oggi nella professione. Una che non è qui per compensare una carriera andata male, o l’amarezza del pensionamento, che non sta cercando un “posto” o un potericchio. Una che tempo libero non ne ha, ma che è disponibile a metterne a disposizione un po’, correndo eventualmente anche qualche rischio professionale, e pazienza. Sono una madre, è vero, e ai ragazzi tengo parecchio. Questo sguardo fiducioso mi ha fatto bene, è stata la cosa più bella di questa esperienza surreale.

La cosa più triste, in compenso, è stata vedere l’egoismo dei vecchi, fondamento della nostra diffusa gerontocrazia. Gente di esperienza, che dovrebbe avere ormai assunto la postura del saggio da cui si va, chinando il capo in cerca di consigli, pietre preziose di cui tutti abbiamo bisogno, e che da questo dovrebbe trarre il suo compenso. Che dovrebbe riconoscere onestamente di capire poco o niente del nuovo che sta venendo avanti, essendo da anni fuori dalle redazioni, e cedere il passo a chi potrebbe essere più efficace, mettendo generosamente a disposizione il proprio patrimonio di competenza. E invece eccoli lì, saturnini, a prendere febbrilmente nota alla conta dei voti, a giocare per sé, iper-egoicamente, a sventare le minacce, tutti intenti alla vendetta e ai veleni. Questione di vita o di morte: che poi, se va male, sono colpi da cui a quel’età non ti riprendi più. Il che è sospetto. Trattasi semplicemente di un ordine professionale, mentre il mondo fuori sta saltando per aria. Perché questo spropositato investimento di energie?

Quindi, io mi sfilo: vi confesso, con un certo sollievo. Sono contenta dell’esperienza che ho fatto, e anche no. Torno felicemente al mio lavoro, che come ha detto qualcuno, è sempre meglio che lavorare, e grazie a Dio non mi manca. Un lavoro che nel mio caso è retribuito decorosamente, diversamente da quello di tanti giovani che tentano in ogni modo di accedere a una professione che amano, anche in totale assenza di prospettive. Raccomando soprattutto questo, se posso, a chi guiderà per i prossimi tre anni l’Ordine dei giornalisti: massima attenzione ai ragazzi, fargli spazio, preparare da subito il ricambio –o alla prossima tornata avremo candidati presidenti di 73 e 76 anni?-, abbattere il muro tra super-garantiti e disperati.

Naturalmente ringrazio di tutto cuore i colleghi che hanno letto la mia candidatura come un po’ d’aria e mi spiace di deluderli, sfilandomi. “Porta un po’ di disordine nell’ordine”, mi aveva incoraggiato uno. E un altro, dal Sole24 ore: “Certo che se tutti i nuovi tosti mollano…”: Che cosa volete che vi dica. Fonderò il gruppo –musicale- dei New Toast.

P.S. E’ assolutamente doveroso precisare che la decisione di sfilarmi è strettamente personale. Per l’Ordine Nazionale, la lista che mi ha sostenuto ha eletto dieci candidati, che i prossimi domenica e lunedì andranno al ballottaggio.