ieri a Milano, Palazzo Reale, seminario Snoq sulla rappresentanza politica

“Faccio la domanda che è LA DOMANDA: QUALI DONNE CI RAPPRESENTERANNO? Verranno scelte democraticamente con una votazione? Verrannno presentate delle donne papabili ai partiti? Quali donne? O ci si adeguerà  alla miseria del porcellum anche all’interno di SNOQ”: scrive Lorella Zanardo nel suo ultimo post, e mi interpella.

Provo a dire come la vedo io, per sommi capi (ci sarebbe molto di più da dire, ma tempo al tempo).

Cara Lorella, il tema che tu poni è molto complesso, ed è reso complesso anche dal fatto che è tabù. Molti dei nervosismi in Snoq mi pare derivino da questo, dal fatto che, stringi stringi, c’è il tema delle candidature, e di come e da chi saranno gestite.
Da liberale e riformista radicale, io penso che le candidature debbano essere libere, e che nessun* debba pensare di controllarle, né i partiti -che lo fanno: a quanto pare ci terremo il Porcellum, ovvero niente preferenze, a meno di primarie sulle candidature- né le associazioni -alcune delle quali vorrebbero farlo, al posto dei partiti-.
Penso a cento fiori, ovvero alla massima libertà di candidarsi in partiti o liste, o anche di comporre liste. A occhio, mi pare molto più verosimile che le donne trovino spazio nelle formazioni civiche che nei partiti, i quali tendono all’assoluta autoconservazione (specie se diminuirà il numero dei parlamentari). E allora potrebbe capitarci di vedere partiti di quasi soli uomini (parlo degli eletti) e liste civiche più miste.

Tuttavia, come ti ho già detto di persona, serve grande cautela e grande realismo nel valutare le effettive opportunità: conosciamo l’astensionismo femminile, oggi aggravato da una grande nausea, sappiamo che una campagna elettorale costa parecchio, e che il rischio di non superare gli sbarramenti con liste civiche proprie è molto forte.
Ma cautela e realismo possono poco sul desiderio. E allora si tratta di valutare la forza di questo desiderio.

Quanto a Snoq, io credo questo: che debba lavorare su più piani.

1. Trattare duramente con i partiti e con gli amministratori delle liste civiche, esigendo risposte chiare e A BREVE, e valutare la presentazione di liste civiche in proprio o compartecipate laddove sia reso necessario dalla chiusura alle donne di partiti e liste.
Queste eventuali liste in proprio o compartecipate dovrebbero essere di donne e di uomini, e intendo uomini capaci di tenersi un passo indietro, di essere lì a fare quello che le donne si sono prestate a fare per lunghi anni, stare in lista non per essere personalmente eletti, ma per sostenere un progetto di equità in cui credono.

2. L’altra cosa che Snoq potrebbe fare è selezionare e indicare in tutte le liste con un marchio “doc” -mi scuso, è orribile, ma è per capirci- tra le tante -speriamo- , quelle candidate che per storia nota e consolidata sono lì anche in forza di un patto di genere, e che intendono tenersi in relazione stretta con le altre, dentro e soprattutto fuori dalle istituzioni rappresentative, praticando il doppio sguardo: che poi significa non solo essere lì in forza della propria differenza, ma portare in quella politica il cambiamento necessario, tutta la forza e l’efficacia della nostra politica prima.
Sai che ci sono molte femministe -e perfino femministi- last minute, che con buon intuito sono balzat* sul carro: quale migliore dimostrazione del fatto che in questa battaglia dobbiamo credere?

3. Snoq potrebbe anche sostenere il desiderio di queste candidate “doc”, facendosi mediatrice di un sostegno anche economico da parte di eventuali trust e cartelli di donne e uomini con buona disponibilità economica-. Di più: potrebbe suscitare e autorizzare il desiderio in quelle più capaci e portate a questo compito, ma poco assertive.

Al momento, cara Lorella, io la vedo così. Ovviamente questo è il mio punto di vista, non quello di Snoq. Ma si deve continuare a ragionare.
E poi rileggiamo le madri di tutte noi, a cominciare da Arendt e Weil, che ci fa bene. ciao