(sarei in ferie, ho davanti il bel mare della Sicilia, ed è pure domenica, ma non riesco a fermarmi…)

Gnàgnera, a me parola migliore non viene, mi pare che renda l’idea: quel senso di vaga depressione, sfinimento, piccola infelicità, malessere appiccicoso che ti prende al mare quando fa troppo caldo e c’è afa. Ti trascini sulla sabbia rovente fino al bagnasciuga, ti fai coraggio, il corpo a 40 gradi che si immerge nell’acqua fresca, meglio se gelata. Stai lì per un po’, nuotano, o anche immobile, il tempo che serve per tornare ai fisiologici 36. Ed ecco che nel giro di pochi minuti la vita prende tutto un altro aspetto. La mente si rischiara, l’umore sale, l’esistenza non ti pare più quella schifezza collosa priva di significato.

Siamo carne -e torneremo polvere-, ma la nostra anima, questo è certo, sta lì, consustanziale con pelle, ossa, muscoli e viscere. Non so precisamente a chi –so solo per certo che era maschio- qualche millennio fa sia venuta per primo l’idea di separare l’anima da un corpo vile e inerte, che senza il suo soffio si affloscerebbe come un burattino. Più in generale, non so a chi sia venuta l’idea di dividere tutto quanto in due. Sicuramente è un’idea che ha riscosso un notevole successo e che continua a produrre un gran numero di complicazioni.

Il senso comune conserva umilmente tracce dell’unità originaria: per esempio quando di un dispiacere si dice “farne una malattia”, nel senso dello spirito offeso che si trasforma in carne malata. E conosciamo tutti l’abbattimento morale che ci viene causato da un male fisico.

Siamo un tutt’uno, un corpo-anima, e siamo semplicemente una delle molte forme dell’energia. Un sasso, un albero, un umano, le stelle: niente altro che energia. Ma questo modo nuovo di intendere noi stessi e il resto di quello che è lo metteremo davvero al mondo solo quando troveremo la parola per dirlo: noi umani siamo così, il nostro ambiente è il simbolico. La parola che va proprio inventata ex-novo, perché tra quelle che abbiamo a disposizione -io ho dato un’occhiata- quella giusta non c’è. Una parola che indichi questo nostro corpo-anima fatto di energia.

Quando l’avremo trovata ci saremo rimessi al mondo in un altro modo, dalla qual cosa discenderà molto altro. Ma vale anche e forse soprattutto l’inverso: è quando sapremo pensarci in un altro modo che la parola nascerà.

Apro perciò un grande concorso –senza premi- per trovare questa parola nuova. Mi ci metterò anch’io. Al momento sono assolutamente in alto mare. Mandateci le vostre proposte: per chi la imbrocca, tutta la nostra ammirazione e gratitudine.