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Costituzione

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Giugno 20, 2014

Calabria, legge elettorale: la resistenza degli ultimi machi

Su 51 consiglieri in Regione Calabria  le donne sono due (peraltro entrate per puro caso, subentrando a colleghi eletti in parlamento o arrestati): percentuale grottesca. Non troverete un solo maschio calabro che non vi canti la forza e la determinazione delle proprie madri, sorelle, compagne, figlie e concittadine. Ma quando si tratta di permettere a queste virtù di esercitarsi nello spazio pubblico, lo sbarramento è totale.

Con una presa di posizione antistorica, in totale controtendenza rispetto al mainstream, il 3 giugno scorso il Consiglio Regionale calabrese non ha accolto l’emendamento che prevedeva l’introduzione della doppia preferenza di genere, almeno un terzo di candidate donne e l’alternanza dei candidati nelle liste elettorali. La legge elettorale così come approvata, viola non solo dello Statuto della Regione Calabria, dal quale emerge il dovere di promuovere condizioni di parità tra i sessi nell’accesso alla carica di consigliere regionale, ma anche gli artt. 51, 117, 3 della Costituzione.

La Consigliera di Parità Stella Ciarletta ha scritto al presidente Matteo Renzi e alla ministra per gli affari regionali Maria Carmela Lanzetta (ex-sindaca di Monasterace) per  richiedere le promozione della questione di costituzionalità sull’anacronistica decisione del Consiglio

Nel frattempo è stata lanciata una petizione, sottoscrivibile qui.

I tempi sono strettissimi: in Calabria il prossimo autunno si andrà al voto per la Regione.

Diamo una mano alle amiche calabresi.

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Marzo 10, 2014

#Italicum: 40 posti alle donne, 60 agli uomini? Ma la Costituzione dice altro

Le deputate “ribelli” del Pdl

Al momento non si è trovato alcun accordo (il Pdl non ne vuole sentire parlare, nonostante la mobilitazione di molte sue parlamentari). Ma se alla fine si trovasse, la questione della cosiddetta “parità di genere” come avevamo anticipato potrebbe risolversi con una mediazione. La mediazione dovrebbe essere questa: 40/60 anziché 50/50. Quindi una “quota”, anziché il riconoscimento del principio della pari rappresentanza. Alle donne spetterebbe in questo caso il 40 per cento dei capilista e (forse) il 40 per cento delle posizioni in lista (non è affatto chiaro).

Anche in questo caso, tuttavia, se si richiedesse il voto segreto quasi certamente l’emendamento cadrebbe sotto il fuoco dei franchi tiratori bipartisan.

Ma facciamo l’ipotesi più ottimistica: voto palese e approvazione del 40/60. La formulazione dell’emendamento, com’è evidente, non sarebbe certamente “alle donne andrà il 40 per cento e agli uomini il 60”. Probabilmente si scriverebbe qualcosa tipo: “a nessun genere si potrà attribuire più del 60 per cento dei capilista (e delle candidature in lista)”. Ma la sostanza resta quella. E nonostante la foglia di fico di una formulazione sessualmente corretta, la sostanza sarebbe una legge dello Stato (e una legge molto importante) che sancisce un principio a una prima lettura incostituzionale.

La Costituzione infatti al riguardo è molto chiara. L’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

E all’art. 51 si legge: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Se sarà 40/60 –sempre che si trovi un accordo in questo senso, sempre che l’accordo venga votato in modo palese, con qualche chance di passare, sempre che si indichino sanzioni, tipo la non ammissibilità delle liste là dove il principio fosse violato, altrimenti sarebbe inutile- un ricorso per anticostituzionalità non può essere escluso.

C’è anche la possibilità di un veto per incostituzionalità da parte del Presidente della Repubblica: ma a giudicare dal suo discorso dell’8 marzo, che ha evitato l’argomento Italicum, un intervento presidenziale appare improbabile.

In sostanza, c’è ancora tanto, tantissimo lavoro da fare. Vediamo oggi come va.

Qui il video realizzato dalla Rete delle Reti: Dovete Ascoltare!

Aggiornamento ore 21: come previsto, tutti gli emendamenti bocciati con voto segreto. Franchi tiratori anche nel Pd