Mi auguro non sia solo un esercizio di retorica dire che questa manovra, che fa esultare i mercati, nella sua sostanza non va. La speranza è che ci sia un dibattito parlamentare vero e che almeno alcuni degli emendamenti vengano accolti.

Questa manovra non va per due grandi ordini di ragioni: a) non è sufficientemente equa b) non vi è alcuno spiraglio che lasci intravedere all’orizzonte un modello diverso da quel capitalismo finanziario che ci ha portati alla catastrofe: in buona sostanza, le logiche con cui si cura il male sono le stesse che l’hanno causato.

Sull’equità: tra le molte questioni, la domanda principale è per quale ragione la manovra sostanzialmente non intervenga sul problema dell‘evasione fiscale, problema numero uno del nostro bilancio. Perchè? Se tutti pagassero quanto devono saremmo fuori dai guai. E’ evidente a tutti che il limite di 1000 euro per la tracciabilità è una misura insufficiente e facilmente aggirabile. Ergo: si potrà tranquillamente continuare a evadere, e nessuno denuncerà gli evasori, non avendone alcuna convenienza. Questo renderà insopportabile ogni sacrificio, insieme al forte peso simbolico del non-intervento sui costi della politica -la casta non voterebbe mai una manovra che contenesse seri provvedimenti anti-casta-. Quanto a questioni simboliche, anche la Chiesa -la Cei concorda sul fatto che la manovra avrebbe potuto essere più equa- dovrebbe spontaneamente offrirsi fare la sua parte, versando l’Ici sul suo cospicuo patrimonio immobiliare, circa 50 mila immobili sul territorio italiano in gran parte non adibiti a esercizio del culto.

Sul “modello”. Leggo sul Corriere, non su un foglio rivoluzionario, le riflessioni del premio Pulitzer Adam Haslett: “Sia al di qua che al di là dell’Atlantico, le esigenze delle élite finanziarie si scontrano con la volontà popolare, apertamente ignorata” (…) “E’ assai poco rincuorante constatare che l”attuale crisi non rappresenta che un semplice ingranaggio nell’evoluzione storica complessiva del capitalismo occidentale, che continua a redistribuire la ricchezza verso l’alto, a indebolire le istituzioni democratiche e a concentrare il potere nelle mani di pochi individui“. Considerazioni perfino “banali”, che raccontano qualcosa che è sotto gli occhi di tutti.

Molto difficile che siano dei professori di economia a portarci fuori da questa idea di economia.

Ci sarebbero tantissime altre cose da dire. Ne dico almeno un’altra: si conferma l’idea che le donne conquistino la parità lavorativa solo in uscita (età pensionabile), con pensioni mediamente inferiori del 30 per cento a quelle degli uomini, continuando a erogare -anzi aumentando- le loro prestazioni di welfare vivente. Su questo conviene a tutti continuare a non vedere e a tacere. Mi auguro che non tacciano le donne di Se non ora quando che l’11 dicembre manifesteranno a Roma.

L’augurio è che la partita non sia ancora del tutto chiusa. Il problema è come riuscire a farsi sentire.