Il voto disgiunto, dicono, è un voto molto sofisticato. Be’, certo, è sofisticato perché i partiti si guardano bene dal dare questa informazione agli elettori, e la gente non ne sa nulla. Se gli elettori conoscessero per tempo questa possibilità, non sarebbe sofisticata per nulla. Insomma, è il classico cane che si morde la coda.

Non è nulla di difficile, vediamo di spiegarlo. Nei comuni oltre i 15 mila abitanti gli elettori possono votare una lista (e anche indicare un candidato di questa lista) e però dare la preferenza a un sindaco diverso da quello che sostenuto dalla lista che hanno votato.

Esempio concreto: un elettore della Lega, come ce ne sono tanti, che a Milano non abbia nessuna voglia di sostenere Letizia Moratti, candidata sindaca indicata dal suo partito. Questo elettore potrebbe tranquillamente votare per la Lega, e dare anche una preferenza a un candidato della lista leghista, ma mettere una croce sul nome di un sindaco diverso da Letizia Moratti: ad esempio Manfredi Palmeri, candidato sindaco del Terzo Polo, o anche Giuliano Pisapia, candidato del centrosinistra. In questo modo resterebbe “fedele” alla Lega, ma disubbidirebbe di fronte all’indicazione di un sindaco che non gli piace.

Naturalmente il ragionamento vale per tutti gli schieramenti. Un elettore del centrosinistra potrebbe votare una delle liste di centrosinistra e anche dare una preferenza all’interno della lista prescelta, ma poi indicare un candidato sindaco diverso da quello sostenuto dal suo schieramento.

Io credo che quando si va alle urne sia essenziale disporre di tutte le informazioni per poter esercitare con pienezza il proprio diritto di voto. Se nessuno vi ha mai parlato della possibilità del voto disgiunto –ho verificato che pochissimi ne sono a conoscenza- ecco che qui vi ho spiegato come funziona. E ve l’ho spiegato anche volentieri, proprio perché, com’è intuibile, il voto disgiunto ha un’interessante valenza antipartitocratica e aggiunge al voto un plus di autonomia.

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