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stefano ciccone

cultura, Donne e Uomini, femminicidio, questione maschile Gennaio 31, 2014

Cose da uomini: 4 artisti contro la violenza

opera di Gianni Moretti, uno dei 4 artisti che partecipano al progetto “Cose da uomini”

Ottima idea: proporre a 4 artisti trentenni un faccia-a-faccia intensivo con la “questione maschile”, fargli fare  i conti nel profondo con la parzialità della propria identità sessuata e con le radici culturali della violenza. Perché possano restituire, nelle forme della loro arte, il senso di questa esperienza.

“Cose da uomini- La violenza sulle donne nelle opere di quattro artisti contemporanei” è un’iniziativa organizzata a Bolzano per iniziativa di Susanna Sara Mandice, collaboratrice del Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, e con il supporto della Città di Bolzano, di Gea – Centro d’ascolto Antiviolenza, della Caritas e della Questura di Bolzano (partner: Walthers’, Rosenberg&Selliers e Franzmagazine).

Quattro artisti, Gianni Moretti, Benjamin Tomasi, Benno Steinegger, Cosimo Veneziano, ospitati in un workshop residenziale di 4 giorni per un training a tempo pieno, una specie di master esistenziale sul tema della violenza sessista e dell’identità maschile condotto da qualificati addetti ai lavori: Stefano Ciccone dell’Associazione Maschile Plurale, che porta a Bolzano il suo ricchissimo percorso di riflessione autocosciente, operatori dei consultori per i maltrattanti della Caritas e operatrici della Casa delle donne di Bolzano, forze dell’ordine, e altre-i.

Gli artisti “restituiranno” con 4 opere, nei linguaggi più diversi, il senso di questa esperienza e l’incontro “a partire da sé” con il tema della violenza.

Le opere saranno esposte dal 7 marzo al 4 maggio presso la Galleria Civica di Bolzano.

Donne e Uomini, femminicidio, Femminismo, Politica Ottobre 15, 2013

#Femminicidio: il decreto della discordia

 

Ho voglia di confrontarmi con un uomo su questo bruttissimo decreto anti-femminicidio -meglio: su questo decreto-sicurezza, che riguarda anche il tema del femminicidio. Ne parlo con Stefano Ciccone dell’associazione Maschile Plurale. E per almeno due ragioni: a) insieme ad altri uomini, Ciccone riflette da anni ed efficacemente sulla sessualità maschile e sulla violenza; b) la questione va ricondotta a una dialettica viva e politica tra donne e uomini, fuoruscendo dalla logica emergenziale che ha informato il decreto secondo il quale il problema riguarda solo alcuni soggetti “criminali” e non invece le relazioni tra i sessi tout court.

Il problema fondamentale del decreto” dice Ciccone “sta nel fatto di aver voluto individuare una soluzione semplice a un problema complesso, in una logica più comunicativa che politica: dare una risposta immediata e tranchant a un’emergenza. Prima di essere “dimessa” la ministra alle Pari Opportunità Josefa Idem sembrava aver scelto un approccio diverso: partire dalle associazioni che lavorano da anni sul campo, costruire un percorso politico. Il decreto invece sembra cancellare tutta questa esperienza. Quella che ne esce è una rappresentazione delle donne come soggette deboli e bisognose di tutela”.

La discussione sulla irrevocabilità della querela non accenna a placarsi (qui, tra gli ultimi interventi, quello di Elettra Deiana) Anche il gratuito patrocinio per tutte conferma questa impostazione protettiva. Ma la protezione è l’altra faccia del dominio: ti proteggo, però devi fare come ti dico io.

Da questo punto di vista il decreto non sposta nulla. Lo stato di ‘minorità’ che giustifica il dominio qui si ripropone in chiave di tutela“.

Le donne vanno difese e “messe in sicurezza” e la violenza maschile è assunta come dato di natura: l’uomo mena, e non ci si può fare nulla…

La violenza viene letta come fatto criminale e non come il prodotto di una cultura radicata, sulla quale si può e si deve lavorare. Più la enfatizzi come emergenza, più rimuovi il fatto che si tratta di una questione che attiene alle modalità di relazione tra i sessi. Si rafforza un approccio di delega: la società affida al criminologo, alle forze dell’ordine, al giudice la soluzione di una questione che invece riguarda tutti “.

Nessun cenno a terapie obbligatorie – eventualmente alternative alla pena- per i maltrattanti e i sex offender. Si  parla solo di informare chi viene ammonito della possibilità di rivolgersi a un terapeuta (qui un elenco dei centri).

“Su questo è bene chiarirsi. Il sostegno ai centri di ascolto e di terapia per gli uomini violenti non deve andare a scapito di quello, importantissimo, ai centri antiviolenza per le donne. Una lettura patologica della violenza maschile rischia di distrarre dalla necessità di un lavoro che sia fondamentalmente politico”.

Il decreto è stato accolto come un passo avanti da molte donne…

Si è pur sempre trattato di un riconoscimento della centralità del fenomeno. Se ti metti nella logica delle risposte istituzionali, il decreto può essere inteso come un buon risultato. C’è questo clima creato dall’indignazione, che spesso si accontenta di una scarica motoria, purché sia. Ma credo che ci sia ampio spazio per tenere aperta la discussione. Nel femminismo paritario di Se Non Ora Quando c’è chi ritiene, come la deputata Fabrizia Giuliani, che l’obiettivo sia “mettere in sicurezza le donne”, in una logica emergenziale e non politica, stile “larghe intese”; ma c’è anche chi crede che la logica securitaria sia sbagliata, come la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli. Quanto al femminismo della differenza, credo che ci sia stata una certa esitazione a prendere in considerazione questi temi. Lì si sta lavorando su questioni come la politica della cura e l’autorità femminile: probabilmente tornare a parlare di violenza appariva come un ritorno indietro. Forse solo Lea Melandri, pur senza cedere al femminismo paritario, non ha mai smesso di interrogarsi sulla complessità delle relazioni d’amore”.

Sel e Movimento 5 Stelle non hanno votato il decreto perché veicolava contenuti che con la violenza sessista non avevano niente a che vedere: dall’esercito contro i NoTav al furto di rame.

“In effetti la sensazione è che si siano voluti rubricare sotto l’etichetta “femminicidio” provvedimenti che avrebbero suscitato molte discussioni se proposti in separata sede. Insomma, o mangi questa minestra… o niente decreto “a favore” delle donne”.

A parte Michela Marzano, Pippo Civati e pochi altri che hanno espresso le loro perplessità, il Pd, donne comprese, ha votato compatto. Te lo aspettavi?

“Francamente no. Abbiamo detto di Valeria Fedeli, c’erano anche altre parlamentari piddine che aveva espresso riserve. Forse il fatto di aver ottenuto finanziamenti per i centri antiviolenza è stato ritenuto un compromesso accettabile”.

Che cosa si dovrebba fare, a questo punto?

“Io partirei dai pochi elementi positivi. Nel decreto si parla anche di formazione e prevenzione: potrebbe essere utile una legge quadro che sposti il più possibile l’approccio: dal securitario-emergenziale al lavoro politico e culturale. Questo forse è anche il modo migliore anche per evitare una lacerazione tra le donne”.

 

Aggiornamento di domenica 20 ottobre, mezzanotte: 
la Cassazione ritiene che la querela debba essere SEMPRE irrevocabile.
Di male in peggio. Non denuncerà più nessuna.

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Marzo 27, 2012

La trappola della violenza

Grande ripresa di dibattito sul tema della violenza sessista e del femminicidio -oggi un ampio editoriale di Adriano Sofri su Repubblica-.

Giusto, perché il fenomeno è in crescita esponenziale. Come per contagio. Come se ogni caso riportato dalle cronache fosse fonte di ispirazione per altri maledetti assassini, tanto che si ha perfino paura a parlarne.

La novità è che finalmente il femminicidio -punta dell’iceberg della questione maschile– è assunta da uomini che ne discutono pubblicamente. La fase dei pionieri che si avventuravano autocoscienzialmente in questo territorio è finalmente finita. Dobbiamo essere grate a uomini come Stefano Ciccone, Marco Deriu, Alberto Leiss e altri per avere rotto il muro di silenzio.

Ne parliamo moltissimo anche noi donne, con ripresa di iniziativa: domani, per esempio, a Milano, Libreria delle Donne, via Pietro Calvi 29, ore 18.30, Marisa Guarneri e Manuela Ulivi della Casa delle donne Maltrattate discuteranno di Pratica politica e accoglienza.

Cosa buona, con un grosso rischio. Che questo tema, sentitissimo e urgentissimo -alla violenza palese corrisponde un enorme sommerso che le cronache non registrano ma che distrugge la vita di moltissime donne- si “mangi” tutte le nostre energie, in un momento in cui dovremo riservarne molte ad altre questioni. Prima fra tutte, quella di non permettere più che il nostro Paese continui a essere governato solo da uomini, che queste quote consuetudinarie e non scritte, tra l’85 e il 100 per cento a favore di un solo sesso, continuino a sbarrarci la strada (c’è anche un altro rischio, più sottile: che parlare di noi stesse come vittime di violenza sia dis-empowering, ci indebolisca e ci induca a ridurre le pretese, accontentandoci di un minimo vitale).

Non mancano decisi segnali di cambiamento: ho visto che la lista Marco Doria, candidato sindaco del centrosinistra a Genova, conta 23 donne su 32 candidati. Per questo mi complimento con lui e lo abbraccio. Ma se per le amministrative qualche breccia si apre, sulle politiche del 2013 c’è molto da lavorare perché nulla sarà regalato, e ci sarà da interloquire con la vecchia politica misogina.

Nessuno dei temi all’attenzione delle donne, dalla violenza all’organizzazione della vita e del lavoro, si avvierà a soluzione finché le agende politiche saranno decise da una stragrande maggioranza di uomini. Ai quali fa anche comodo che ci leviamo di torno e torniamo a parlare di violenza e mentre loro, tanto per dirne una, sembrano aver perfino chiuso la pratica della legge elettorale da riformare.

Attenzione alle trappole, amiche.