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questione maschile

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Febbraio 18, 2014

Caro Matteo, di una ministra alle Pari Opportunità c’è ancora bisogno

la segreteria di matteo renzi

Mi era molto piaciuto che nel suo primo discorso da segretario Pd a Milano Matteo Renzi avesse parlato, assumendo il tema dal programma di Pippo Civati, di “questione maschile“.

Il ragazzo era già “in carriera”, che quello della segreteria fosse solo un passaggio per la premiership (accidenti, sembra un secolo fa!) era ben chiaro. E che il futuro premier si mostrasse così sensibile alla faccenda in questo Paese era una novità assoluta, che mi aveva fatto pensare a Zapatero.

Coerentemente alla sua giovane età, Matteo Renzi non sembra avere problemi a lavorare con le donne (almeno non più di quanti ne abbia a lavorare con gli uomini): ne ha volute tante nella sua giunta, tante nella sua segreteria, e speriamo ne voglia altrettante nel suo governo.

Ottimo anche che pensi a ridurre il numero dei ministeri. Ma se il governo Letta, con le dimissioni di Josefa Idem per una cretinissima questione di Imu, ha rinunciato a un dicastero alle Pari Opportunità, io credo invece che sarebbe il caso di ripristinarlo.

La “questione maschile”, come ha detto lui stesso, nel nostro Paese fa ancora molti danni. La crisi comporta un prezzo altissimo per le donne. Il disagio, la rabbia si traducono facilmente e pleistocenicamente in misoginia, e ne abbiamo avuto molti esempi, di recente. Il (brutto) decreto omnibus sul femminicidio non sta arginando la violenza. La carenza di servizi riduce le donne a welfare vivente e ammortizzatore sociale naturale. Di ogni iniziativa legislativa -partendo dal lavoro, ma passando anche dalla legge elettorale- non può essere trascurato l’impatto di genere. Sul tema dei diritti c’è moltissimo da lavorare. C’è un enorme bisogno, per uscire dai guai, del “doppio sguardo”: che in Italia la politica machista abbia tenuto fuori tanto a lungo le donne da ogni decisione pubblica è certamente una delle ragioni del nostro plus di crisi. Corrispettivamente, un’attenzione strategica alle donne sarebbe un vettore di modernizzazione, avrebbe un valore economico e farebbe bene a tutto e a tutti, Pil compreso. 

Non siamo affatto pronte-i, insomma, a fare a meno di un ministero dedicato, che andrebbe anzi rafforzato nelle sue funzioni e riposizionato al centro dell’attività di governo. Si tratterebbe eventualmente anche di cambiargli il nome: “pari opportunità” a me non piace affatto, non rende l’idea di quello che dovrebbe effettivamente fare. Ma l’importante è che ci sia, e che non si sistemi la faccenda con una delega secondaria.

p.s. l’esito del voto sardo, 4 elette su 60 consiglieri, dà un’idea precisa di ciò che stiamo dicendo.

p.p.s. venerdì 21 febbraio ore 12.30: certo che se come ministra Matteo Renzi dovesse scegliere un’omofoba antiabortista, allora la faccenda cambia. I nomi che girano fanno abbastanza paura.

Donne e Uomini, esperienze Agosto 2, 2012

Confessioni di un oppressore

brendan monroe, it began inside

Rebloggo qui la lettera sulla questione maschile firmata un giovane uomo, NRampazzo, e pubblicata dalle amiche di FemminilePlurale.

 

“Scrivo questo articolo dopo più di un anno che con Femminile Plurale avevo deciso di affrontare la questione femminile, per l’appunto, da un punto di vista maschile. Lo preciso perché questo tempo è dovuto necessariamente passare per permettermi di mettere a fuoco la questione senza cadere nella banalità della tolleranza o delle quote rosa. Sono un maschio bianco eterosessuale attorno ai trent’anni, lavoro, ho una compagna, sono economicamente indipendente. Ho tutte quelle caratteristiche che dovrebbero fare di me un perfetto predatore, un capobranco, un uomo che sostanzialmente non vive sulla sua pelle alcuna discriminazione e anzi, in linea teorica, è colui che mette in atto e gode dei più ampi privilegi sociali nel nostro paese. Eppure, nonostante tutto questo, provo un profondo disagio ad interpretare il ruolo che mi è stato assegnato e per cui sono stato educato, ad accettare che dire la mia sulla questione di genere voglia dire ricordarsi di mettere quote rosa un po’ dappertutto (salvo poi decidere sempre e solo tra uomini), riempire le mie mail di asterischi o ricordarmi di usare anche il femminile quando mi riferisco per iscritto a un gruppo di persone. Ecco, penso che la questione sia leggermente più complessa (anche dal punto di vista linguistico) e vada affrontata cercando di capire anche l’altra metà del cielo.

Per questo l’unico strumento teorico che mi sembra reggere per analizzare questa situazione è il concetto di violenza simbolica di Pierre Bourdieu, per il quale la violenza simbolica è quella violenza dolce “esercitata non con la diretta azione fisica, ma con l’imposizione di una visione del mondo, dei ruoli sociali, delle categorie cognitive, delle strutture mentali attraverso cui viene percepito e pensato il mondo, da parte di soggetti dominanti verso soggetti dominati.”

Declinando il concetto sulla dominazione maschio-femmina il sociologo francese dice:

“Penso che la violenza simbolica si eserciti con la complicità di strutture cognitive che non sono consce, che sono delle strutture profondamente incorporate, le quali – per esempio, nel caso della dominazione maschile – si apprendono attraverso la maniera di comportarsi, la maniera di sedersi – gli uomini non si siedono come le donne, per esempio. Ci sono molti studi di questo tipo: sulle maniere di parlare, sulle maniere di gesticolare, sulle maniere di guardare [a seconda dei sessi, e dei ceti sociali]. Nella maggior parte delle società, si insegna alle donne ad abbassare gli occhi quando sono guardate, per esempio. Dunque, attraverso questi apprendimenti corporei, vengono insegnate delle strutture, delle opposizioni tra l’ alto e il basso, tra il diritto e il curvo. Il diritto evidentemente è maschile, tutta la morale dell’ onore delle società mediterranee si riassume nella parola “diritto” o “dritto”: “tieniti dritto” vuol dire “sii un uomo d’ onore, guarda dritto in faccia, fai fronte, guarda nel viso”; la parola “fronte” è assolutamente centrale, come in “far fronte a”. In altri termini, attraverso delle strutture linguistiche che sono, allo stesso tempo, strutture corporali, si inculcano delle categorie di percezione, di apprezzamento, di valutazione, e allo stesso tempo dei principi di azione sui quali si basano le azioni, le ingiunzioni simboliche: le ingiunzioni del sistema di insegnamento, dell’ ordine maschile, ecc. Dunque, è sempre grazie a questa sorta di complicità [che l’ ordine si impone]…”.

Per tagliare corto sull’aspetto più teorico della questione, che comunque va indagato, come si viene educati a questo essere “dritti”? Come si cresce da maschi eterosessuali? Quale educazione sentimentale viene data?

Quello che sino ad ora sono riuscito a focalizzare è:

1. Apprendimento a polarizzare il giudizio sul mondo femminile e sulla sessualità in genere sull’asse puro/impuro. Da qui le mamme/spose/amanti ideali si contrappongono alle puttane in genere, che poi si declinano in vario modo. È importante notare come la relazione col sesso femminile in ambedue i casi sia comunque negata dato che il giudizio su di esso è sempre aprioristico.

2. Apprendimento del comportamento sessuale tramite la pornografia. Praticamente la quasi totalità dei maschi apprende i comportamenti sessuali tramite un’esposizione massicia a materiale pornografico che, in una società che nega l’educazione sessuale come materia scolastica, sono il primo e molto spesso unico modello anche banalmente pratico. Il mondo della pornografia, essendo in gran misura un mercato, tende a spettacolarizzare e ad estremizzare i comportamenti così da renderli più appetibili ai suoi pubblici.

3. Competizione intragenere. La sessualità, l’amore e il rapporto con il sesso femminile è quasi sempre vissuto in un contesto competitivo. L’importante sembra sempre essere “il più…” in qualcosa: il più bello, il più simpatico, il più intelligente o semplicemente quello col pene e le prestazioni più lunghe. Lo stigma di genere si semplifica proprio qui: avere un pene corto e/o un’eiaculazione precoce rappresentano il terrore di tutti i maschi.

4. Omofobia. Le forme di amore omossessuale sono fortemente stigmatizzate sin dalla più tenera età. Tra amici ci si offende per scherzo chiamandosi “frocio”, “finocchio”, “culattone” così tanto che nell’età adulta questi modi di dire sono difficilmente controllabili. Peggio ancora per quanto riguarda il riconoscimento dell’amore tra donne, il quale può inquadrarsi quasi sempre solo ed esclusivamente in un ménage à trois in cui l’uomo è, come sempre, padrone. Per le lesbiche nel senso comune maschile è prevista semplicemente la non esistenza.

5. Possesso della donna. In questo quadro il rapporto con la donna è fortemente segnato dal verbo avere: “ho un moglie”, “ho una ragazza”, “farò di tutto per riaverti”, “sei mia”, “l’ho posseduta” sono solo alcune forme linguistiche che chiariscono molto più di tante analisi a quale tipo di rapporto sia educato l’uomo. La donna “si ha” e se è negata è legittimo toglierle la vita, romperla come un oggetto. Questo approccio deviato al rapporto con l’altro è socialmente accettato tant’è che l’omicidio passionale è solitamente visto come un eccesso di amore che sfocia nella pazzia.

I tratti sopra descritti rappresentano certamente solo un’analisi parziale del problema ma sono i modelli culturali che a mio parere maggiormente influenzano la vita di un uomo. È importante capire che questi comportamenti non sono “naturali” e “inevitabili” (giustificazioni tipiche di chi esercita una forma di violenza simbolica in un campo) ma congiunturali e socialmente determinati. L’uomo non vive serenamente questa educazione sentimentale sessocentrica e anzi la via dell’amore e dell’accettazione della propria sessualità è costellata di immani sofferenze e di tremende paure. È, per tornare a Bourdieu, il dominante che subisce la sua stessa dominazione, la sua stessa violenza, il suo stesso potere.

È arrivato il momento di affrontare con serenità e pazienza questo sistema di valori negativi che generano solamente l’infelicità delle persone, partendo dal fatto che la questione femminile si risolve solo se si risolve anche quella maschile, perché le soluzioni, i superamenti e le rivoluzioni o si fanno insieme o non si fanno. Solo così potremo sperare di lasciare ai nostri figli una società migliore e più felice e non solamente una finta rivoluzione sessuale”.

Qui l’intervista completa a Bourdieu.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Novembre 22, 2011

Il Cavaliere che resta in loro

Vi segnalo una notevole iniziativa di uomini

Il Cav. che resta in noi. La crisi della politica come questione maschile

La parabola politica di Silvio Berlusconi ha evidenziato quanto profondo
sia il nesso tra potere, autorità e sessualità maschile nel tempo in cui la
struttura simbolica dominante del patriarcato è sempre di più messa in
discussione.

Naturalmente si tratta di una questione generale, che non va rimossa ora
che il Cavaliere sconta una sconfitta politica che parla della possibile
fine di una lunga fase.

Quando per iniziativa di alcuni gruppi di donne il 13 febbraio scorso le
piazze italiane si riempirono per protestare contro i comportamenti di
Berlusconi, più uomini di quanto non si fosse mai verificato prima si sono
sentiti in dovere di prendere la parola per una sorta di esame di coscienza pubblico, oltre che di partecipare alle manifestazioni.

Che ne è stato di quella voglia di autoriflessione, documentata in decine
di interventi che abbiamo raccolto e che oggi riproponiamo (vedi nel sito
www.maschileplurale.it) ? E’ stato un “fuoco di paglia”? Ora che il Cav.
appare dimezzato e al tramonto noi uomini possiamo considerare ciò che è emerso come una semplice parentesi chiusa?

L’incontro intende verificare lo “stato dell’arte” della consapevolezza
maschile sul nesso potere-sesso-autorità nel contesto di una crisi
politica, economica e sociale che si avvita sempre di più su se stessa.
Vorrebbe essere un punto di ripartenza, per valorizzare quanto sta
emergendo nella modificazione dei comportamenti degli uomini sul terreno del potere e delle relazioni con l’altro sesso e le molteplici identità
sessuali nella società, nella famiglia, nella politica e nell’economia.

Il punto di vista che vorremmo discutere è che non c’è soluzione reale
alla crisi se non se ne vede la dimensione determinata dalla differenza
sessuale.

L’iniziativa si terrà a Bologna domenica 4 dicembre (ore 10/18) c/o Fondazione Gramsci Emilia Romagna, via Mentana 2.

aperta e tutti/e, uomini e donne

Donne e Uomini, esperienze Agosto 27, 2011

Rinc…ite o Rompic…ni

michele bachmann, grande rompic...ni

(oggi scherziamo un po’…)

Dopo una certa età, diciamo 40 e something, una donna in Italia ha sostanzialmente due possibilità (scusate il turpiloquio): essere rinc…ta, o essere una rompic…i.

E’ già una bella cosa poter scegliere. Se una si tiene in esercizio -parole crociate, sciarade o altro-, se è dotata di quel minimo temperamento, può sperare di entrare a far parte del club esclusivo delle rompic…i, senz’altro meglio delle ordinarie rinc…te.

In realtà la caduta degli estrogeni è una tragedia soprattutto per gli uomini. Noi donne dopo un po’ di saliscendi ormonali, qualche caldana e due crisi di nervi, ci assestiamo in nuovo equilibrio. Ginnastica, buona alimentazione, un po’ di humour. Il vero dramma è per loro: di queste senza estrogeni cosa ce ne facciamo? Vanno bene giusto per i lavori in casa…

Quando gli estrogeni crollano le quotazioni delle donne dovrebbero volare: maturità, esperienza, equilibrio, capacità di giudizio. E’ l’età d’oro per gli uomini, dovrebbe esserlo anche per noi. Anzi, a maggior ragione per noi, con tutto il nostro plus di energie liberate dalla cura dei figli.

Hillary Rodham Clinton è nei suoi sessanta. Angelona Merkel ne ha 57. Michele Bachmann, star dei Tea-party e candidata alle primarie repubblicane per la presidenza degli Stati Uniti, è una splendida 55enne. Tutte fatalmente de-estrogenizzate, c’est la vie. E niente affatto rinc…te (forse lievemente rompic…ni, quello sì). Lo sguardo degli uomini, quel particolare sguardo tra compatimento e insofferenza che noi ex-ragazze conosciamo bene, se lo fanno scivolare addosso. Non si fanno il problema di piacere e compiacere. Accettano di fare paura, sentimento fondativo delle relazioni tra i sessi. Giocano la loro partita sfuggendo alla trappola dell’automoderazione.

Quando si parla di “femminilizzazione” -dei board, del potere, della politica- la fantasia maschile prevalente è l’irruzione di una schiera di vergini negli emicicli. Gnocca, detto alla buona. E’ il massimo di donna che riescono a sopportare. Se potessero il limite di età lo stabilirebbero per legge –loro, immarcescibili e forever young-. Sono ragazzi del Mediterraneo, ci vuole pazienza. L’incubo della Grande Madre li perseguita.

Bene, amiche, non lasciatevi fregare. Il fatto di non suscitare desiderio sessuale è un’opportunità, non un difetto. Potrà sembrare strano, ma la caduta degli estrogeni è una questione maschile. Dirselo ogni mattina.

Donne e Uomini, Politica Gennaio 10, 2011

IL DOPPIO SGUARDO, PER UNA CITTA' FELICE

COME VEDETE UNA PROPOSTA CHE E’ NATA COME MILANESE E’ DIVENTATA NAZIONALE

QUI LEGGERETE, IN SEQUENZA, UNA PROPOSTA INVIATA A GIULIANO PISAPIA, LA SUA RISPOSTA E LA NOSTRA REPLICA.

Al candidato sindaco per il centrosinistra Giuliano Pisapia

Le donne non sono una “questione”, né un problema sociale, né una minoranza da tutelare, ma la maggioranza della popolazione italiana.
Se vi è una “questione” nel nostro Paese è quella di una “politica” caparbiamente maschile e perciò parziale, oltre che sempre più scadente, a fronte di una società sempre più femminile.
Come osservano analisti nazionali e internazionali, tenere fuori le donne dai luoghi di decisione costituisce il principale freno allo sviluppo complessivo del nostro Paese.

Le donne sono già protagoniste del cambiamento di cui anche Milano ha bisogno, portatrici di quel desiderio di cui il rapporto Censis segnala la mancanza.

Al candidato sindaco per il centrosinistra Giuliano Pisapia chiediamo un tavolo “zero” della sua Officina: non sulle donne, ma sulla questione della politica maschile, per individuare strumenti e azioni atti a garantire a ogni livello quel “doppio sguardo” necessario a una città più felice, e a rimuovere ogni ostacolo posto alla presenza di donne capaci di rappresentarlo che desiderino lavorare nelle/con le istituzioni cittadine.

Marina Terragni,. Lorella Zanardo, Luisa Muraro, Maria Luisa Mello, Lilli Rampello, Sandra Bonfiglioli, Silvia Marastoni, Andrea Vitullo

(da Roma, Ritanna Armeni)

hanno inoltre già sottoscritto: Lucia Castellano, Maria Grazia Guida, Ivan Berni, Silvia Vegetti Finzi, Marisa Guarneri, Mauro Mercatanti, Paola Calvetti, Giovanni Petrini, Laura Lepetit, Arianna Censi, Maddalena Bregani, Silvia Brena, Riccarda Serri, Dario Cossutta, Monica Luchi, Elisabetta Berla, Seble Woldeghiorghis, Francesca Luchi, Annalisa Fattori, Donatella Proietti Cerquoni, Paola Domenichini, Patrizia Binda, Rina Atzori… in sostegno da Roma Fulvia Bandoli e Anna Paola Concia, da Genova Paola Tavella, da Mantova Annarosa Buttarelli.

E ancora: da Milano, Gisella Bassanini, Anna Soru, Clara Mantica, Sandra Cangemi, Silvia Elisa Costa (Alicetwain), Pietro Raitano, Massimo Acanfora. Da Bari, Antonella Masi e Cinzia De Marzo. Da Parma, Marco Deriu. Da Genova, Deborah Lucchetti e Annalisa Marinelli. Da Pesaro, Daniela Vincenzetti. Da Lucca, Donna Galletta. E molte altre/molti altri che qui non riesco per ora a nominare.

Si aggiungono Ilaria Baldini, la giornalista Alessandra Di Pietro, Enza Tolla da Potenza, la scrittrice Bianca Pitzorno.

E ancora: Silvia Marastoni

da Milano Daniela Padoan, Paola Mattioli, Bianca Bottero, Alessio Miceli, Donatella Zaccaria, Luana Testa, Antonella Nappi

da Cassinetta di Lugagnano Domenico Finiguerra
da Torino Bruna Peyrot, Beppe Pavan (Pinerolo)
da Genova Marina Cassani, Giulietta Ruggeri, Giovanni Russotto
da Roma Stefano Ciccone
da Napoli Giovanna Borrello
da Lecce Marisa Forcina
da Bari Centro di documentazione e cultura delle donne
da Siena Mariateresa Battaglino
MI RENDE PARTICOLARMENTE FELICE L’ADESIONE DELLA SCRITTRICE MICHELA MURGIA
E ancora da Roma: Maria Luisa Boccia,
e (due volte esterna, ma negli stessi guai) Paola Guerci, responsabile donne FLI del Lazio.
E Ginevra Bompiani, Corrado Levi, Federica Giardini da Roma.
E Silvana La Spina. Maria Mulas.
E Maria Palazzesi, Laura Iamurri, Maria Rosa Cutrufelli.
E Lidia Ravera, Luana Zanella.
Cini Boeri, Lella Costa e Sarah Grugnetti.
Antonella Cunico da Vicenza.
Luisa Finocchi, Anna Maria Crispino.
Chiara Dal Canto, Maria Grazia Verderame.
E Stefano Boeri, Maria Berrini.
E da Milano, Antonella Fachin; da Vicenza, Anna Faggi e l’Associazione Femminileplurale.

la nuova giunta alemanno: un anti-modello

la giunta formigoni, regione lombardia

il governo svedese

19 GENNAIO.                            GIULIANO PISAPIA: TAVOLO ZERO? NO GRAZIE

Innanzitutto ringrazio le molte donne, singole o organizzate in gruppi e associazioni, che in questo periodo mi hanno fatto pervenire – di persona o via Internet – messaggi, osservazioni, suggerimenti in merito al metodo e ai contenuti che dovremo fare nostri nella preparazione del programma per Milano.

Proprio in seguito a queste riflessioni è stato modificato il quadro dei sottotemi da discutere nelle Officine per la Città.

E’ stato eliminato lo specifico riferimento “ai diritti delle Donne” e si è proposto un criterio generale di lavoro per tutta l’Officina: il contenuto prodotto da ogni gruppo tematico – proposte concrete e realizzabili per la città di Milano – dovrà necessariamente tenere in considerazione il principio della prospettiva di genere. In altre parole, così come scritto nell’ultima lettera che mi è pervenuta, il “doppio sguardo” deve essere trasversalmente presente alle  policisies e alle azioni che verranno proposte nei diversi gruppi di programma.

Significa, dunque, parlare di lavoro, di immigrazione, di cooperazione, di finanza ed economia, dei media e della cultura, di violenza, di relazioni internazionali, di sicurezza, ma anche di servizi, accessibilità, trasporti e mobilità tenendo conto che – e io ne sono pienamente convinto – o si cerca davvero di leggere problemi e soluzioni sapendo che il mondo, la società, la città è costituita da donne e uomini con realtà, bisogni e prospettive diverse, oppure si continuerà a disegnare una convivenza urbana monca; ma, in quanto monca, sensibile di fatto soprattutto, o esclusivamente, alla lettura di chi decide, e quindi degli uomini.

Sono assolutamente d’accordo che ci troviamo in  presenza di una democrazia dimezzata, tanto più a Milano. Di fatto – è vero – le donne, che studiano e lavorano (come e più degli uomini, e spesso meglio) non hanno la possibilità di esprimere concretamente e fattivamente la loro voce e il loro pensiero nonchè le loro qualità, competenze e professionalità, a partire prima di tutto dallo spazio della politica.

Per questo ribadisco quanto espresso fin dal primo momento di questa lunga campagna elettorale: il Comune – in tutte le sue espressioni istituzionali (amministrazione centrale, decentrate e aziende partecipate) – metterà al centro della sua strategia di intervento il tema del merito e della qualità per affrontare e superare il vulnus della democrazia dimezzata. Verrà fatto con la presenza di donne nei ruoli decisionali delle politiche fondamentali del governo comunale e nei consigli di amministrazione con deleghe esecutive delle aziende partecipate. Verrà fatto nel campo del politiche cittadine attraverso l’adozione del Bilancio di Genere e, più in generale, dell’analisi dell’impatto di genere delle politiche urbane.

Insomma, io penso che il Comune debba innanzitutto partire da se stesso per dare un esempio virtuoso per contribuire concretamente a cambiare una < “politica” caparbiamente maschile e perciò parziale>.

Per tutte queste ragioni conto su una ampia partecipazione di tutte voi al lavoro dell’Officina, a partire – ma non solo – dal tavolo che si occuperà del “Comune modello”. E’ proprio all’interno del’”Officina per Milano” che si potrà valutare la proposta, che personalmente condivido, di una sintesi del lavoro fatto nei vari tavoli da una prospettiva di genere in grado di garantire quel  “doppio sguardo” che anche voi auspicate.

Giuliano Pisapia

ED ECCO LA NOSTRA REPLICA: DOPPIO SGUARDO, NOI ANDIAMO AVANTI

Ringraziamo Giuliano Pisapia per la sua replica alla nostra lettera “

Il doppio sguardo per una città felice”.

Tuttavia, respingendo la nostra proposta di un “tavolo zero” sulla questione
maschile nella sua Officina, Pisapia ci conferma nella necessità di
proseguire nel nostro percorso.

Ci dispiace che Pisapia colga l’occasione per rispondere all’unisono alle
“molte donne, singole o organizzate in gruppi e associazioni” che gli hanno
fatto pervenire osservazioni e suggerimenti.
Noi non ci siamo elette/i a rappresentanti della “categoria” delle donne.
Siamo donne e uomini con nomi e cognomi che lo hanno interpellato con una
precisa proposta, diversa da altre.
Quel “doppio sguardo” che egli dice di assumere avrebbe dovuto applicarsi
già qui: nel non pensare le donne come “categoria” rappresentabile o come
“massa indistinta”; e nell’accogliere con fiducia pratiche e pensieri che la
politica maschile normalmente non conosce né accoglie.

Pisapia afferma infatti che oggi le donne non hanno “la possibilità di
esprimere concretamente e fattivamente la loro voce e il loro pensiero… a
partire prima di tutto dallo spazio della politica”. Accogliere la nostra
proposta nella sua differenza sarebbe stato praticare questa possibilità.

Il“doppio sguardo” era già qui.

Noi abbiamo affermato che il problema non è delle donne, ma della politica
maschile, che c’è una questione maschile. E’ la politica maschile, che in
questi giorni sta invadendo con violenza le nostre vite, a soffrire di
questa carenza, e ciò costituisce un problema per donne e uomini.
La democrazia non va solo completata (perché “dimezzata”) lasciando intatti
i suoi presupposti e “includendo” le donne. Va radicalmente cambiata. Il
“doppio sguardo” non può che partire da qui.
I temi dei gruppi di lavoro, le policieses e azioni che questi sono chiamati
a proporre vengono dopo, di conseguenza. Per questo lo abbiamo chiamato
“tavolo zero”.

La sensazione è dunque che il salto simbolico che abbiamo proposto a Pisapia
non sia stato compiuto. E che la logica dei “diritti delle donne”, cacciata
dalla porta, sia fatalmente destinata a rientrare dalla finestra. Gli
strumenti del bilancio e della valutazione d’impatto di genere, in cui
Pisapia mostra di riporre grande fiducia, non fanno che perpetuare l’idea
delle donne come “categoria” e minoranza da tutelare.

Da questa interlocuzione usciamo perciò convinte/i dell’idea che di un
“tavolo zero” ci sia grande bisogno, fuori o dentro l’Officina. Un tavolo
già operativo nelle nostre riflessioni e nelle nostre pratiche, che in
questo frangente pre-elettorale lavorerà più intensamente per portare
innovazione e proposte al mercato della politica cittadina.

Marina Terragni, Lorella Zanardo, Lilli Rampello, Sandra Bonfiglioli,

Silvia Marastoni, Andrea Vitullo, Ritanna Armeni

VI TERREMO AL CORRENTE DELLE PROSSIME MOSSE.

E intanto eccoci qua: siamo tornate un punto di programma, come volevasi dimostrare! (ma ci hanno spostate tra i bambini e la religione…)

  1. Nuove famiglie e unioni civili
  2. Libertà di cura: dichiarazione di ultima volontà
  3. Disabilità: una citta accessibile
  4. Diritti di rappresentanza e partecipazione dei migranti
  5. Diritti dei bambini e delle bambine
  6. Diritti delle donne e democrazia paritaria
  7. Libertà religiosa e libertà di culto
  8. Diritti degli animali
  9. Immagini e stereotipi maschili e femminili

Donne e Uomini, TEMPI MODERNI Luglio 11, 2009

GENTILE CON LE DONNE

Uno dei film trovati a casa di Bianchini, "Arancia meccanica"

Uno dei film trovati a casa di Bianchini, "Arancia Meccanica"

Parlando di Luca Bianchini, 32 anni, romano, laureando in giurisprudenza, stupratore seriale e coordinatore di un circolo Pd, amici e conoscenti dicono sconvolti che era “gentile con le donne”. Una delle aggredite racconta che, dopo, l’ha rivestita “con delicatezza, facendomi sentire una bambina”. Su un suo diario si era dato un programma esistenziale: “Guarire definitivamente dalla malattia il prima possibile. Essere sereno e libero la sera quando torno a casa. Avere tanti rapporti con donne grandi e stare tranquillo senza impulsi a breve“. A casa, oltre a film sullo stupro, aveva dei manuali di criminologia in cui la questione è scientificamente approfondita.

In seguito a un tentato stupro, una quindicina di anni fa, che gli era già costato un periodo in carcere e una terapia presso un centro di Igiene mentale, Luca era stato definito e aveva accettato la definizione di malato. La definizione di malattia mentale è una faccenda complessa, si basa su criteri precisi elencati nei DSM psichiatrici, manuali statistico-diagnostici, e io non mi azzardo a discuterne.

Mi chiedo solo se ci si possa mettere il cuore in pace in questo modo (“è malato”) o se il contenuto specifico della malattia, in sintonia con lo spirito del tempo, non valga la pena di una discussione extra-psichiatrica, soprattutto fra uomini.

Provo a dire la mia: questo caso mi colpisce molto per il livello di autoconsapevolezza del suo

Luca Bianchini

Luca Bianchini

protagonista, lavoratore, studente, impegnato politicamente e gentile con le donne di giorno, stupratore la notte, e capace di tornare gentile appena un istante dopo aver consumato la violenza. Una doppiezza che colpisce, come quella di Jekill e Hyde, perché -forse- parla anche della fatica di accettare la soggettività femminile, di un doloroso tentativo di compromesso tra un sé civile (le donne grandi) e un sé arcaico e predatore (gli impulsi a breve). E non è detto che questa fatica la stia facendo soltanto lui, che non ci dica qualcosa sulla “questione maschile“.

Oppure no, mi sto spingendo troppo oltre. Oppure ci basta dire che era malato.