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Politica Gennaio 22, 2014

Preferire le preferenze?

Ovvio che per i segretari di tutti i partiti le liste bloccate -ovvero niente preferenze– siano a dire poco una gran comodità. Meno ovvio che oggi molti eletti delle minoranze dei partiti, gente che finché è stata in maggioranza per le preferenze non ha mai manifestato alcuna passione, adesso le spasimino e siano pronti a dare battaglia: sanno bene di non poter godere del sostegno delle segreterie, e che se hanno una chance di rientrare è per quella strada.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere l’espressione di preferenze non è affatto un dispositivo universale: nel mondo non sono molti i sistemi elettorali che la prevedono. Ma va anche detto che nel nostro Paese si esprimono preferenze sia alle elezioni amministrative sia alle europee: solo alle politiche, con il Porcellum, e ora con l’approvando Italicum, le liste sono bloccate.

Vero che lo strumento delle preferenze è molto ambiguo, impone ai candidati campagne elettorali costose e fratricide, tagliando fuori chi non se le può permettere -vale in particolare per le donne, in genere meno danarose degli uomini- o chi rifiuta di “investire” grandi somme di denaro lasciando intendere di contare su un ottimo rendimento futuro. E favorisce invece chi è ricco, o chi è sostenuto da lobby, gruppi di potere, clientele o perfino da organizzazioni criminali a cui una volta eletto dovrà rispondere. Ma è vero anche che una larga fetta dell’opinione pubblica intende oggi la possibilità di esprimere preferenze come una restituzione obbligatoria, indispensabile per una ripresa di dialogo con la politica “traditrice”, e come presidio contro il rischio che i nominati si ritrovino a rendere conto esclusivamente ai loro “benefattori”.

Il segretario del Pd Matteo Renzi dà la colpa a Silvio Berlusconi e al suo categorico “niet” sulle preferenze, e si impegna a garantire almeno per la sua parte politica il correttivo delle primarie (alcuni propongono di renderle obbligatorie per legge e per tutti i partiti). Non si può tuttavia sostenere che il risultato delle primarie, già sperimentate alle ultime politiche, sia stato entusiasmante, avendo favorito cordatine, padroncini di tessere e signorotti locali ai danni di possibili candidature civiche. Premiando quindi la fedeltà al partito ai danni del merito, con il risultato di selezionare una classe politica largamente incompetente, salvo onorevoli eccezioni.

Le questioni da considerare, quindi, sono parecchie. Non ultime le perplessità espresse da vari giuristi e costituzionalisti sul fatto che liste bloccate, ancorché brevi -5 o 6 candidature- interpretino lo spirito della sentenza recentemente espressa dalla Corte Costituzionale, e siano al riparo da eventuali nuovi ricorsi.

Fatta la somma di tutto questo, come la vedete?

Comunque votiate: siete per le preferenze? vi “basterebbero” primarie? o la questione non vi pare rilevante?

Se l’Italicum passasse così com’è, con liste bloccate, l’indizione o meno di primarie  sarebbe per voi un fattore decisivo per la scelta del partito da sostenere?

 

 

 

 

 

 

Politica Gennaio 17, 2014

Anche nel “modello Spagna” niente preferenze

Che per parlare di legge elettorale Berlusconi e Renzi si vedano al bar, al ristorante o alla Camera, che lo facciano a porte chiuse, in streaming o in mondovisione, che si telefonino o si twittino, è altamente probabile che la quadra sarà trovata sul cosiddetto modello spagnolo, più o meno rivisitato.

Vediamo come funziona: sono individuate 118 piccole circoscrizioni. Ogni circoscrizione elegge 4-5 deputati e la soglia di sbarramento è al 5 per cento. Chi vince gode di un premio di maggioranza del 15 per cento. Il risultato è un bipartitismo con sfumature “federalistiche”, che tiene cioè in conto le liste minori regionali mentre disincentiva le formazioni minori nazionali.
Per applicare questo modello in Italia si dovrebbero ripartire le attuali circoscrizioni in tante circoscrizioni provinciali autonome.
Le liste però, per quanto “corte”, anche qui sono “bloccate”: cioè niente preferenze da parte degli elettori, come negli ultimi terribili anni di Porcellum. Anche se almeno in linea teorica dovrebbe esserci una relazione più stretta tra territori e candidati e non capiterebbe, come è capitato, che un toscano venga candidato in Calabria e un romano in Sicilia.

La Corte Costituzionale ha sì bocciato le liste bloccate del Porcellum, ma non ha escluso la possibilità di liste chiuse “corte”.

Oggi i commenti degli editorialisti si concentrano su svariati temi, quasi sempre dal punto di vista della politica: le spinte dei “proporzionalisti” che non intendono sparire dalla scena, il rischio di franchi tiratori che farebbero cadere la proposta in Parlamento, e così via. Non mi pare che si stia dando sufficiente rilievo al fatto che anche in questa ipotesi di legge elettorale, le liste, per quanto brevi, sarebbero comunque bloccate. E forse gli elettori non la prenderebbero benissimo.

L’impossibilità di esprimere preferenze è largamente intesa come la radice della gran parte dei mali della politica, ragione prima del mancato rinnovamento e del consolidarsi della Kasta. Non è detto che tutti i problemi nascano di qui -le preferenze comportano una dannosa e dispendiosa lotta fratricida interna, oltre al rischio concreto di clientelismi- ma un’amplissima parte dell’elettorato italiano tende a vederla in questo modo. E anche a causa dell’orripilanza del Porcellum intende la restituzione della possibilità di scegliere direttamente i candidati -e le candidate- come una restituzione di sovranità.

Vi è quindi il rischio -sottovalutato, mi pare- che un modello elettorale che riproponga candidati scelti dai partiti e liste bloccate sia pure brevi e “territorializzate” produca un plus di disaffezione, ammesso che più di così sia pensabile.

Un correttivo possibile -ammessa una praticabilità, per circoscrizioni tanto piccole- sarebbero primarie per l’individuazione dei candidati. Primarie davvero aperte, però, e non riservate agli iscritti ai partiti, governati da signori e signorini delle tessere: la toppa, in questo modo, sarebbe peggio del buco. Allora tanto vale che a scegliere siano i capicorrente, senza scomodare gli elettori.