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Corpo-anima, cronaca Novembre 10, 2015

La memoria pietosa delle mamme assassine

Un anno dopo, Veronica Panarello, la giovane mamma di Santa Croce Camerina accusata dell’assassinio del figlio Lorys, avrebbe ammesso di non aver mai portato il bambino a scuola. Secondo il quotidiano La Sicilia, in un colloquio con il marito la ragazza avrebbe detto che “quella mattina il bambino io non l’ho accompagnato a scuola. E che Lorys “è salito a casa da solo, usando il portachiavi con l’orsacchiotto”. Poi sarebbe tornata nell’appartamento per prendere “un passeggino da regalare a un’amica”, ma non ricorda che cosa ha fatto una volta entrata. C’è “un buco” nella sua memoria.Sono confusa, ho tante cose che mi girano per la testa”. Ma ha nuovamente negato di avere ucciso il bambino e di averne gettato il corpo in un canalone. “No, non sono stata io. Non avevo nessun motivo per farlo“.

Provo un’infinita pena per questa donna, che non riesco a separare dalla pena per il suo povero bambino, come se fossero morti di morte violenta tutti e due: so che questo mio sentimento sarà disapprovato. Toccherà alla giustizia a stabilire la verità dei fatti (il 19 novembre si terrà l’udienza preliminare). Ma nel caso accertasse che Veronica è l’assassina di suo figlio, per lei quella verità non sarà mai accertabile. Quella verità sarebbe incompatibile con la sua vita.

Gli psichiatri parlano al riguardo di amnesia selettiva: per un meccanismo di autoconservazione, la memoria pietosa non registra il ricordo insostenibile. E probabilmente non c’è nulla che sia più insostenibile del pensiero di avere ucciso il proprio bambino. L’alternativa per molte madri assassine è il suicidio. Di fronte all’enormità del fatto –avere ucciso il proprio figlio- le ordinarie risposte al trauma, attacco e fuga, non bastano. L’interruzione della coscienza impedisce l’integrazione del fatto nello stato cosciente. Il fatto appare irreale e non viene memorizzato. 

Se la giustizia stabilirà che Veronica è l’assassina di suo figlio, potrebbe essere che lei non ricorderà mai di esserlo stata, perché nella sua memoria quel ricordo non c’è.

Forse la pena più grande per lei sarà non poter in alcun modo fare i conti con l’orrore di quello che ha fatto.  

 

Aggiornamento ore 23.00: la Procura di Ragusa ha smentito le notizie diffuse anche da agenzie di stampa, secondo le quali Veronica Panarello avrebbe ammesso di non avere accompagnato Lorys a scuola la mattina in cui è stato ucciso. Valgono comunque le considerazioni generali sulle mamme che hanno ucciso i loro bambini, sull’amnesia selettica, sulla loro tragica condizione.

Aggiornamento successivo: come si è visto, la notizia è stata invece confermata. Questo video, il sopralluogo di Veronica insieme agli inquirenti a casa sua, è purissima angoscia.

 

 

esperienze Luglio 17, 2009

SULLA LUNA

Ho un ricordo vivido della notte del 20 luglio 1969. Stavamo in una casa sul lago di Como, che mio padre aveva preso in affitto per l’estate. Avevamo un cucciolo di spinone di pochi mesi, la deliziosa Diana, sbranatrice di carote dell’orto e golosissima. Una notte riuscì a farsi fuori un chilo di zucchero, e stette parecchio male. Mia madre cittadina era terrorizzata dagli scorpioni che sbucavano tra i sassi delle vecchie mura. Avevo una piccola camera tutta per me, che si affacciava sul giardino. Quell’estate mia madre si sentì poco bene, io ebbi una furiosa bronchite e mio padre un incidente piuttosto serio. Di mio fratello non ricordo. Il parroco del paese venne in visita a supplicarci di cambiare casa, o di partire: quella casa era maledetta, lo sapevano tutti, e lui era pentito di non averci avvisato per tempo. L’odore pescino del lago mi dava un vago e costante mal di testa. Non c’era davvero nulla con cui divertirsi, a parte Roberto, un ragazzino romano biondo e caratteriale che si presentava al cancello fin dal primo mattino.

Quella notte rimasi sveglia nella mia stanza, la tv portatile sul piano di marmo del comodino. I miei erano crollati, solo io seguivo l’evento. Essere sveglia da sola, e autorizzata, nel cuore della notte, era la cosa più eccitante. Le voci nasali dallo spazio, e quella rotonda di Tito Stagno: sembrava un attore. C’era un coro di grilli in giardino, e le stelle in cielo, imperturbabili. Non ricordo se la luna fosse visibile. Ogni tanto mi alzavo dal letto per scrutare la volta dalla finestra, in cerca di qualche segno visibile della grandiosa novità. Quando Armstrong poggiò il suo piedone per il primo moonwalk della storia umana, mugolai un “eeeh!” sottovoce e feci un piccolo balletto solitario, una specie danza tribale, battendo sul pavimento di cotto antico i piedi nudi che sbucavano dalla camicina da notte. Un po’ recitavo. Tutto sommato non ci vedevo nulla di così strano.

La vita, qui sulla terra, catalizzava gran parte della mia attenzione. Anche quello che stava capitando sulla luna, sì. Ma molto meno. C’era molta più magia, quaggiù.