Browsing Tag

crisi

AMARE GLI ALTRI, economics, Politica Luglio 26, 2012

I tedeschi e noi

Leggo che anche la Germania non sta tanto bene, che i sindacati invitano Merkel a mettere in cima alla sua agenda il salvataggio dell’euro, che crolla l’indice di fiducia nelle aziende tedesche, che la politica isolazionista è alle corde, anche se presumibilmente la Cancelliera terrà durissimo finché i sondaggi elettorali (l’ultimo realizzato da “Stern”) la faranno sentire Uber Alles (sugli altri sfidanti Spd).

Comincia il valzer anche per voi, eh, amici? Fa caldo, i freni inibitori si allentano, e decido di lasciarmi andare al più scellerato umore antitedesco, quello che ci procura un plus di godimento ogni volta che li stendiamo a calcio. Mi faccio beffe interiori del loro rigore: prontissimi a contravvenire appena vengono qui, ho in mente un signore che ogni sera, per un mesetto buono, ha installato il suo barbecue teutonico nello stretto carrugio del mio paesello al mare, tutti quanti impestati da fumi di wurstel. Provate a farlo a Francoforte). Guardo con scetticismo alla loro potente macchina sistematica tritatutto, anche Hegel stamattina mi fa il solletico. Si spezzano ma non si piegano, ecco qua. Mancano totalmente di cortesia e di grazia. Penso al corazziere di Hitler ubriaco che pistola alla mano voleva prendersi mia madre, poco più che una bambina, fucilato dal plotone dei suoi commilitoni e ancora sepolto sotto a un cortile milanese. E a quella trattoria per cavatori di marmo sulle Apuane gestita da un vecchio anarchico dalla memoria lunga, lardo e vino rosso, credo uno dei pochissimi posti al mondo dove i tedeschi non sono ammessi, senza eccezioni. Eccetera. Me le concedo proprio tutte.

Mi depuro di questi inutili cattivi sentimenti, li lascio correre e andare via spero di incontrare tanti tedeschi, quest’estate, per stupirmi e apprendere la loro differenza, e a cui proporre la nostra, se gli va (ma gli va?).

economics, Politica Luglio 23, 2012

In cantina, sotto le bombe

Ti alzi la mattina e senti suonare l’allarme, e fai a malapena in tempo a scappare in cantina prima che le bombe ti cadano sulla testa: il differenziale tra Btp decennale italiano e Bund tedesco a 528 punti, lo spread tra i Bonos spagnoli e i Bund al record di 635 punti; Piazza Affari a -2,33 per cento. A Francoforte il Dax perde l’1,26 per cento e a Parigi il Cac 40 lascia sul terreno l’1,60 per cento, Madrid è a -3,25 per cento.

Guardo l’intervista a un commerciante spagnolo: “Il fatto” dice “è che noi non la capiamo, questa crisi. Non sappiamo che cosa si deve fare. Ci dicono: credete agli economisti. Ma come facciamo a crederci? Se gli economisti sapessero fare il loro lavoro avrebbero avvisato i governi per tempo. Sono loro ad averci portato in questo baratro. Come possiamo credere che saranno loro a tirarcene fuori?”.

Quello che ci chiediamo, mentre stiamo giù in cantina, è che cosa NOI possiamo e dobbiamo fare. Che cosa ciascun* di noi può e deve fare e che non sia una mera scarica motoria. Se ha senso affidarsi alle soluzioni di quell’economia che ha fallito, alle cure di quello stesso medico che ci ha fatto ammalare.

In che direzione dobbiamo spingere? Dove dobbiamo andare? Qual è la sponda alla quale approdare? Perché ci lasciano senza altro orizzonte se non quello di una “ripresa della crescita”? Che cosa dovrebbe riprendere a crescere?

Che cosa io, tu, noi, voi dovremmo e potremmo fare, in una giornata come questa?

economics, esperienze, Politica Luglio 9, 2012

Come prima, meno di prima (in fondo al tunnel)

Cerco di immaginarmi come saremo, all’uscita dal tunnel.

Ma ci sarà un’uscita? e si tratta esattamente di un tunnel? Temo che questa figura non ci aiuti affatto. Si tratta semplicemente di tenere duro e di stare un po’ in apnea, finché non saremo fuori di qui? O di abituarsi a vivere in questa semioscurità, con poco di tutto, in equilibrio su un surf, inventandosi la vita ogni giorno?

Avremo meno futuro e più presente? Che cosa si deve insegnare ai figli? Non stanno già vivendo esattamente in questo modo, attaccati al presente come a una zattera sempre più stretta, finché dura dura, senza nemmeno guardare se per caso si vede terra all’orizzonte?

E’ possibile essere non-infelici, in una situazione come questa? Oppure, al contrario, qui c’è un’occasione di minore infelicità?

Quanti di noi pensano che presto o tardi tutto tornerà esattamente come prima?

Donne e Uomini, economics, esperienze, lavoro, Politica, Senza categoria Giugno 26, 2012

Primum Vivere. Femministe a Paestum

 

frida kahlo le due frida

Una boccata d’aria, per tante di noi. Tornare nel luogo dell’origine. Coming back home.

Il manifesto di convocazione dell’incontro di Paestum

“Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre)

parla la mia lingua, e quella di molte di noi.

La lingua che abbiamo parlato per molti anni quando, secondo alcun*, eravamo chiuse nel silenzio. Ma quel silenzio diceva solo l’ostinata sordità di chi non sapeva o non voleva sentire.

 Il testo integrale del manifesto lo allego qui sotto, comprese istruzioni per partecipare.

 

Con Giordana Masotto, Libreria delle Donne di Milano, una delle organizzatrici dell’incontro, ragiono sul significato di questo appuntamento.

 

“Esiste una rete di relazioni tra donne di molte città italiane” dice Masotto “rimasta viva in tutti questi anni, la rete del femminismo che dagli anni Settanta a oggi ha continuato a generare pensieri, gruppi, realtà, pratiche. Questa rete si è attivata nel comune desiderio, come si dice nel titolo dell’incontro, di portare la sfida del femminismo al cuore della politica, di mettere pensieri e pratiche di donne alla prova di questa crisi politica ed economica, e misurarne l’efficacia”.

Qual è il rapporto con il cosiddetto neofemminismo, quello del 13 febbraio e di Se Non Ora Quando, e con i suoi obiettivi?

“Ci interessa molto confrontarci con quelle che sono dentro la politica seconda e le istituzioni, e anche con quelle che desiderano entrarci. Vogliamo ragionare a fondo sulle pratiche. Discutere di che cosa può essere cambiato di quella politica e che cosa invece no. Intendiamo andare a verificare, e anche offrire una sponda a chi è già dentro. Leggiamo questo protagonismo come una molla, come qualcosa di interessante. Anzitutto come un desiderio che non può essere tabuizzato, né inteso come “non etico””.

ºººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººº

Ed ecco il manifesto di convocazione dell’incontro, con tutti i temi proposti alla discussione.

 

C’è una strada per guardare alla crisi della politica, dell’economia, del lavoro, della democrazia –tutte fondate sull’ordine maschile – con la forza e la consapevolezza del femminismo? Noi ne siamo convinte.

Davanti alla sfida della libertà femminile, la politica ufficiale e quella dei movimenti rispondono cercando di fare posto alle donne, un po’ di posto alle loro condizioni che sono sempre meno libere e meno significative. No. Tante cose sono cambiate ma le istanze radicali del femminismo sono vive e vegete. E sono da rimettere in gioco, soprattutto oggi, di fronte agli effetti di una crisi che sembra non avere una via d’uscita e a una politica sempre più subalterna all’economia.

All’incontro di Paestum aperto al confronto con gruppi, associazioni, anche istituzionali, e singole donne, vorremmo verificare, discutendo e vivendo insieme per tre giorni, se la politica femminile che fa leva sull’esperienza, la parola e le idee, può in un momento di crisi, smarrimento e confusione, restituire alla politica corrente un orientamento sensato.

 

1. Voglia di esserci e contare

La femminilizzazione dello spazio pubblico – comunque la si interpreti: opportunità, conquista delle donne o rischio di diventare solo “valore aggiunto”, “risorsa salvifica” di un sistema in crisi – ha reso per alcune (molte?) non più rinviabile il desiderio di “contare”, visto come presenza nei luoghi dove si decide, equa rappresentanza nelle istituzioni politiche, amministrative, partiti, sindacati, e nelle imprese.

Noi consideriamo il protagonismo in prima persona di ciascuna donna una molla dinamica importante. Quello che ci interessa è discutere con chi si impegna nei partiti, nelle istituzioni e nel governo delle aziende: che esperienza ne hanno, che cosa vogliono, che cosa riescono a fare e a cambiare. E valutiamo che oggi questo confronto possa avere esiti interessanti per tutte.

Il femminismo d’altra parte, criticato per non avere investito della sua spinta trasformativa le istituzioni della vita pubblica, può avvalersi oggi di una lunga elaborazione di autonomia per ripensare il senso di concetti come “genere”, “democrazia partecipata”, “soggetto politico”, “organizzazione”. Viene dalla pratica dell’autocoscienza, del “partire da sé”, la critica più radicale all’idea di un soggetto politico omogeneo (classe, genere, ecc.), di rappresentanza e di delega. Pensiamo che un collettivo si costruisca solo attraverso la relazione tra singole/i. E oggi vogliamo interrogare la connessione tra questa pratica politica e la modificazione visibile del lavoro, dell’economia, e più in generale del patto sociale.

In questo contesto, anche la scelta di Paestum come luogo dell’incontro non è casuale, ma vuole essere un richiamo alla necessità di articolare soggettività e racconti nei contesti in cui si vive e agisce. Vogliamo così far crescere una rete di rapporti tra donne e gruppi di donne già ricca e intensa. In particolare, sappiamo che alcune caratteristiche del Sud – sia i beni sia i mali – hanno un’invadenza sulla vita e sul pensiero di chi lì abita che non può essere ignorata, né da chi vive in altri luoghi, né soprattutto dalle meridionali stesse.

 

2. Economia lavoro cura

Molto è il pensiero delle donne sui temi del lavoro e dell’economia a partire dalla loro esperienza. Che ha questo di peculiare: hanno portato allo scoperto e messo in discussione la divisione sessuale del lavoro (quello per il mercato – pagato – e quello informale ed essenziale di cura e relazione – gratuito); in più, sanno che la cura non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti.

A partire da questo punto di vista, e sollecitate anche da una crisi che svela sempre di più l’insensatezza oltre che l’ingiustizia dei discorsi e delle politiche correnti, possiamo delineare una prospettiva inedita: quella di liberare tutto il lavoro di tutte e tutti, ridefinendone priorità, tempi, modi, oggetti, valore/reddito e rimettendo al centro le persone, nella loro vitale, necessaria variabile interdipendenza lungo tutto l’arco dell’esistenza, e avendo a cuore, con il pianeta, le persone che verranno.

Vorremmo articolare questo discorso valutando insieme le recenti esperienze di pratiche politiche e analizzando le contraddizioni che incontriamo (in primo luogo le conseguenze del rapido degrado del mercato del lavoro) in modo da rendere più efficace il nostro agire.

 

3. Auto–rappresentazione/rappresentanza

Nella strettoia della crisi i cittadini non hanno più libertà politica; la politica è ridotta a niente; decidono tutto l’economia e la finanza. In una situazione dove tutto sembra prescritto a livello economico finanziario, la pratica e il pensiero delle donne hanno una carta in più per trovare nuove strade.

La nostra democrazia è minacciata da pulsioni, spinte estremistiche; le sue istituzioni elettive depotenziate o addirittura esautorate. La rappresentanza è messa in crisi e oggi ne vediamo i limiti.

Perché una persona possa orientarsi, deve avere un’immagine di sé, di quello che desidera e di quello che le capita. Il femminismo che conosciamo ha sempre lavorato perché ciascuna, nello scambio con le altre, si potesse fare un’idea di sé: una autorappresentazione che è la condizione minima per la libertà. Invece la democrazia corrente ha finora sovrapposto la rappresentanza a gruppi sociali visti come un tutto omogeneo.

La strada che abbiamo aperta nella ricerca di libertà femminile, con le sue pratiche, può diventare generale: nelle scuole, nelle periferie, nel lavoro, nei luoghi dove si decide, ecc.

Che la gente si ritrovi e parli di sé nello scambio con altre/i fino a trovare la propria singolarità, è la condizione necessaria per ripensare oggi la democrazia.

Vorremmo declinare questi pensieri nei nostri contesti, confrontandoci sia sulle pratiche soggetto/collettivo, sia sui modi per dare valore al desiderio di protagonismo delle donne. E quindi ci chiediamo: come evitare che in alcune la consapevolezza basti a sé stessa e si arrenda di fronte all’esigenza di imporre segni di cambiamento e alla fatica del conflitto? E in altre la spinta a contare le allontani dalle pratiche di relazione?

 

4. Corpo sessualità violenza potere

“è già politica” (sottinteso: l’esperienza personale): il femminismo ha incominciato lì il suo percorso. Ha scoperto la politicità del corpo e della sessualità, della maternità, del potere patriarcale in casa, del lavoro domestico. Ha affermato che la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme, invisibili e manifeste, è un fatto politico. Radicale è stato prendere il controllo sul proprio corpo e insieme ribellarsi a un femminile identificato con il corpo: ruolo materno, obbligo procreativo e sessualità al servizio dell’uomo.

Oggi la sfida è più complessa: si esibisce lo scambio sesso/denaro/carriera/potere/successo occultando il nesso sessualità/politica; si esalta il sesso mentre muore il desiderio; si idolatra il corpo ma lo si sottrae alle persone consegnandolo nelle mani degli specialisti e dei business; si erotizza tutto, dal lavoro ai consumi, ma si cancella la necessità e il piacere dei corpi in relazione.

Sintomi estremi di questa fase sono il rancore maschile verso l’autonomia e la forza femminile e il riacutizzarsi della violenza, dell’uso della brutalità.

Ma qualcosa si muove. Non solo i gruppi (Maschile/Plurale) e i singoli uomini che ormai da anni si impegnano nella ricerca di una nuova identità maschile, spesso in relazione con le femministe. Ma anche le moltissime blogger femministe (e blogger “disertori del patriarcato”) che ragionano su desiderio e sessualità e si impegnano contro la cultura sessista e autoritaria.

Soprattutto le relazioni tra donne e uomini sono cambiate. Ma non abbastanza. Sulla scena pubblica questo cambiamento non appare perché il rapporto uomo-donna non viene assunto come questione politica di primo piano. Eppure, solo in questo modo, possono sorgere pratiche politiche radicalmente diverse, produzioni simboliche e proposte per una nuova organizzazione del vivere.

 

Di tutto questo vogliamo parlare a Paestum.

 

 

Le promotrici:

Pinuccia Barbieri, Maria Bellelli, Maria Luisa Boccia, Ornella Bolzani, Paola Bottoni, Maria Grazia Campari, Luisa Cavaliere, Patrizia Celotto, Lia Cigarini, Laura Cima, Silvia Curcio, Mariarosa Cutrufelli, Elettra Deiana, Donatella Franchi, Sabina Izzo, Raffaella Lamberti, Giordana Masotto, Lea Melandri, Jacinthe Michaud, Clelia Mori, Letizia Paolozzi, Gabriella Paolucci, Antonella Picchio, Biancamaria Pomeranzi, Carla Quaglino, Floriana Raggi, Bia Sarasini, Rosalba Sorrentino, Mariolina Tentoni

 

 Programma dell’incontro

 

L’incontro di Paestum non sarà un Convegno. Quindi niente relazioni introduttive, generali o sui singoli punti. Non ci sarà una struttura preordinata di interventi. Tutte sono libere di parlare. Abbiamo solo previsto un’alternanza di momenti in cui siamo tutte insieme a momenti di confronto più ristretti per approfondire i temi proposti (cui potranno eventualmente aggiungersi altri).

 

Venerdì 5 ottobre

Pomeriggio/sera: arrivo, sistemazione, cena

 

Sabato 6 ottobre             

Mattino: tutte insieme

Pomeriggio: divise in gruppi sui temi

Voglia di esserci e contare

•Auto–rappresentazione/rappresentanza

Economia lavoro cura

Corpo sessualità violenza potere

Sera: cena e spettacolo

 

Domenica 7 ottobre       Mattino: tutte insieme

 

 

Informazioni pratiche

Ospitalità e ristorazione

Paestum offre una scelta estremamente varia di strutture ricettive: da agriturismi e b&b a hotel a 5 stelle.

L’Associazione Artemide ha promosso, in occasione del nostro incontro, delle convenzioni con alcune strutture, alberghiere e non, per assicurare prezzi convenienti. In particolare, presso le strutture convenzionate si potrà avere pernottamento e prima colazione a 20 euro (in camera multipla), a 30 euro (in camera doppia) e a 50 euro (in camera singola).

Per queste prenotazioni è possibile rivolgersi a Maria Bellelli: mariabellelli@tiscali.it cell. 3288324032.

Per quanto riguarda i pasti, ulteriori convenzioni sono state attivate e sono ancora in corso di attivazione con ristoranti che assicureranno un menu fisso a 15 euro a persona. A ridosso della data dell’evento forniremo l’elenco dettagliato degli esercizi presso i quali si potrà godere di questo trattamento.

 

Trasporti

Paestum è raggiungibile in auto, treno, aereo.

Auto: autostrada Salerno Reggio-Calabria, uscita Battipaglia, strada statale 18 fino alla zona archeologica di Paestum.

Treno: stazioni di Paestum, Agropoli o Salerno; info www.trenitalia.com.

Aereo: aeroporto Costa d’Amalfi a Salerno per voli da Milano Malpensa, Verona, Olbia e Catania.

Per ogni ulteriore informazione relativa a trasporti e spostamenti è possibile rivolgersi a Ecady Travel, Via Magna Grecia, 85 – Capaccio. Tel. 0828 19622540, fax 0828 725485, e-mail info@ecadytravel.com.

 

Donne e Uomini, economics Maggio 5, 2012

Imprenditoricidio

Bologna, manifestazione di mogli e figlie degli imprenditori suicidi

Nel suo blog, Walter Binaghi parla del femminicidio, e poi osserva:

(…) A fronte di una sessantina di “femminicidi”, quest’ultimo anno ci ha portato una serie impressionante (80!) di suicidi di imprenditori. Vittime della crisi, si mormora (ma siccome la crisi non esiste come soggetto criminale, preferirei che si dicesse ad alta voce che la maggior parte di essi sono vittime di banche che si rifiutano di concedere crediti, a fronte di anni e anni di onorati pagamenti, perchè è aumentata la percentuale di rischio).

Cosa c’entra l’imprenditore suicida con i crimini legati al genere? C’entra, e parecchio: questi imprenditori suicidi sono tutti maschi. So che molte donne storceranno il naso a fronte di questo accostamento ma essere sensibile alle ragioni del femminismo non significa accettarne supinamente anche i limiti. Quel che ho sempre invidiato alle donne negli anni Settanta è l’autocoscienza, quel che mi pareva e mi pare poco utile è lo sciovinismo.

Dunque, la domanda è: perchè questi uomini, che pure avevano al loro fianco mogli e compagne come collaboratrici e co-titolari dell’impresa, hanno ritenuto di doversi immolare come vittime sacrificali, o per dirla in altro modo essi soltanto non hanno sopportato la vergogna del fallimento, al punto da togliersi la vita? Non ci troviamo qui di fronte ad una simmetrica, e altrettanto lugubre, “debolezza” di genere?
Non è forse questa un’altra, e non meno devastante, declinazione di quello che le femministe chiamerebbero “il patriarcato morente ?(…)”.

Probabilmente sì. Ma non si tratta facili simmetrie o addirittura -non lo dico all’autore, sto genericamente prevenendo una tentazione- di poter fare un pari-e-patta: lo vedete che moriamo anche noi? E allora perché fate tutto questo chiasso?

Le donne muoiono per mano maschile, per Eccesso maschile. Quegli uomini cadono vittime della finanziarizzazione dell’economia, delle sue leggi spietate intese come Assoluto immodificabile, della Necroeconomia, come la chiama Guido Ceronetti. Ma anche quelle leggi, quell’idea di economia, sono espressione dell’Eccesso maschile, di quell’aver voluto occupare il centro della storia, di quel patriarcato che ha tenuto le donne sotto e fuori. Anche quei morti sono vittime del backlash, dei colpi di coda del patriarcato agonizzante, di quelle leggi (anti)economiche che ne costituiscono il sistema nervoso. E forse molti di loro di quell’assetto sono stati partecipi, prima di esserne vittime sacrificali.

Non basta essere nati uomini, è vero, per dover assumere la ferocia del patriarcato. Basta però essere nate donne, questo è certo, per doverla subire. La differenza è questa.

Probabilmente un numero crescente di uomini oggi sta capendo che quell’Eccesso maschile è un grande male anche per loro.

 

 

 

economics, Politica Febbraio 9, 2012

Cosa abbiamo fatto per meritarci questo?

Non so voi. Io sono sconcertata. In poche settimane dalle stalle alle stelle?

Piacevolmente sconcertata, ma incredula: allora era così facile? mi chiedo.

Magari facilissimo no, stiamo versando tutti lacrime e sangue a profusione.

Ma bastano per farci diventare la quasi-locomotiva d’Europa, dopo che ne siamo stati la zavorra, la minaccia, il buco nero?

Di che cosa è segno, questo investimento di fiducia Usa nei confronti del suo fido alleato europeo?

Che cosa significa dal punto di vista politico e monetario? Siamo il 51esimo degli States, dislocato in Europa?

Ecco i passaggi principali dell’intervista di Mario Monti a Time.

 

“In Italia è necessaria la meritocrazia”
«Spero di farlo, perché sono convinto che altrimenti le riforme strutturali sarebbero quantomeno effimere»: così Monti risposto al un giornalista del Time che gli chiedeva se il suo esecutivo intendesse modificare in qualche modo anche «la cultura e un certo modo di vivere e di lavorare degli italiani». Nell’intervista – realizzata la settimana scorsa – Monti ha osservato che «lo stile di vita dei politici» ha un impatto molto importante sugli italiani, a prescindere dal fatto che chi governa «sia perfetto o assolutamente innocente». Il presidente del Consiglio ha spiegato al giornalista americano che in Italia «tendiamo a proiettare tutto il male nella classe politica», quindi è dovere dell’attuale esecutivo «tentare di dare un senso di meritocrazia, competizione e di altre cose che riteniamo necessarie».

“Nonostante i problemi, l’Euro è una moneta stabile”
«L’euro è ancora una moneta stabile, nonostante la crisi dell’eurozona». Ne è convinto il premier, che si dice fiducioso sulle prospettive della moneta unica. In futuro, sostiene Monti, non solo non ci saranno uscite dall’euro di Paesi come Portogallo, Grecia o Irlanda, ma «la mia fiduciosa previsione è che (nell’eurozona, ndr) ci saranno 17 membri piu altri». Riguardo alle riforme da attuare a livello europeo per superare la crisi, Monti ritiene che «ora è il momento di mettere in atto un mercato comune più profondo e solido». Inoltre, all’Europa servono anche «politiche più orientate alla crescita».

“Nel parlamento italiano c’è un disarmo reciproco” 
«C’è stato un disarmo reciproco», dice il premier in riferimento alla situazione politica nella quale si è trovato ad assumere il suo incarico: «La maggioranza che ora in Parlamento sostiene il governo non è una maggioranza strutturata, non è una coalizione di partiti, è l’unione dei tre partiti maggiori, ciascuno dei quali parla con noi, ma non parla con gli altri, perchè vengono da un periodo ancora molto caldo di estrema belligeranza». Ciò nonostante, aggiunge Monti, «ora le cose stanno evolvendo».

“Sul debito pubblico i governi precedenti hanno agito contro l’interesse delle generazioni future”
«L’Italia ha accumulato un enorme debito pubblico, perch‚ i governi che si sono succeduti erano
troppo vicini alla vita dei comuni cittadini, troppo desiderosi di soddisfare le richieste di tutti e così hanno agito contro gli interessi delle generazioni future»

Donne e Uomini, esperienze, TEMPI MODERNI Gennaio 24, 2012

Imparare da Artemisia

La figura di Artemisia Gentileschi, di cui è in corso una visitatissima mostra a Milano, Palazzo Reale, dopo molti secoli è ancora intensamente inspiring. Le difficoltà della sua vita (la violenza subita, la difficoltà a trovare committenti) non la piegarono, e anzi alimentarono la sua arte, che  può essere letta come una straordinaria forma di resilienza. A partire da Artemisia l’associazione Di Nuovo insieme all’Università Milano Bicocca e al Centro Interdipartimentale per lo Studio dei Problemi di Genere ABCD, e in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura, Moda e Design del Comune di Milano e di 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, organizzano due incontri con video, dibattiti e performance sul tema

Resilienza creativa in momenti di crisi

Il primo incontro su Città e culture creative si terrà il 26 gennaio all’Università di Milano-Bicocca, 14.30-18.00,  Piazza dell’Ateneo Nuovo, U7, 3° piano, Aula Pagani.

Il secondo, Il lavoro dell’arte, forme di resistenza costituente, il 29 gennaio a Palazzo Reale. dalle 16 alle19 in Sala delle Otto Colonne a Palazzo Reale, Piazza Duomo.

Possono l’arte e la capacità inventiva diventare motori per il cambiamento sociale e il benessere collettivo? Possono la creatività, l’immaginazione e la resilienza, ovvero la capacità di reagire in modo trasformativo a situazioni traumatiche, aiutarci a ripensare il futuro?

Su questi temi e sulla centralità dell’arte e della cultura soprattutto in momenti di crisi sono invitate a confrontarsi studiose, artiste e tutti coloro che attraverso pratiche innovative e azioni trasformative si propongono di affrontare le attuali difficoltà, cercando di modificare visioni del mondo, relazioni di potere e contesti in cui si trovano a vivere e ad operare.

Ci sono anch’io, e vi aspetto.

 

 

economics, esperienze, Politica Gennaio 7, 2012

Ma l'hanno capita?

Leggo su Affari Italiani di Rutelli, Casini, Schifani e non so chi altri alle Maldive in un super-resort da svariate migliaia di euro a notte.

Non so se sia puro gossip o se corrisponda al vero, cifre comprese. Magari è un last minute a cifre molto più accessibili. Non so, non giudico, in assenza di dati certi. E del resto, ognuno i propri soldi, tanti o pochi che siano, ha diritto a spenderli come meglio crede, ci mancherebbe altro.

Mi permetto solo un’osservazione: se uno che fa la politica di professione in un momento così difficile va alle Maldive, a prezzo pieno o con sconto, dà l’idea di essere un po’ sconnesso dal resto del Paese, e in particolare da quella parte di Paese che sta facendo molta fatica a tirare avanti. Non per fare facile demagogia, che mi interessa molto poco, ma mi domando se si sia davvero capito quello che sta succedendo, in che fase storica siamo, davanti a quali sfide ci troviamo.

Perché se uno che fa politica di mestiere non ha capito questo, be’, la faccenda è seria.

economics, esperienze, lavoro, Politica, TEMPI MODERNI Dicembre 8, 2011

Ma voi ci credete?

Do un’occhiata alle ultime, Bce, tassi di sconto, le borse giù, lo spread su. Ci capisco poco o niente. Mi pare di non poterci fare niente. Vedo che andò in pensione sui 67 anni e rotti, ho fatto il pieno stamattina, sono austera e pronta a pagare di tasca mia gli spaventosi guai combinati da altri. Ma sono scettica sul fatto che servirà.

Servirà a che cosa, poi? Nella migliore delle ipotesi, mi pare, a portare il livello di m…a nel nostro paese in media con il resto d’Europa. E poi? Quando saremo felici di galleggiare a livello della Francia, in modo da poter sprofondare tutti insieme appassionatamente? Chi ci muoverà guerra -perché è una guerra-, poi: gli Stati Uniti? La Cina, con il suo abbondante cash? Vorrei essere turca, paria dell’euro, fuori dal turbine.

Che cosa ci sarà, poi? Come vivremo? Che cosa diventeranno le nostre vite? E il lavoro? E i consumi? E le case? Come diavolo andrà a finire questa storia? Qualcosa dovrà morire, questo è certo.

L’unica cosa che vorrei fare è comprare un pezzetto di terra, umida e fertile, spendere quei pochi soldi lì, in quella terra che al momento vale poco o niente. Metterci uno sgabello in mezzo, e stare lì a rimirarmela. Perché la terra è vera, la senti sotto i piedi. Ci pianti un seme, e quello cresce.

Io vedo terra, vedo tecnologie pulite, vedo energia alternativa, cose che durano, realissime. Il nostro “scheletro contadino”, il glocal della rete, la comunità che prende il posto della società. Io vedo questo.

Ma chi sta decidendo per noi, chi sta decidendo per tutti, chi cerca solo di far sopravvivere quello che è destinato a morire, di fare crescere quello che non crescerà più, che cosa vede?

Qual è la visione?

economics, Politica Dicembre 2, 2011

Dio, famiglia e bellezza. Italia 2011per Il Censis

In tempi di crisi, gli italiani riscoprono il valore della responsabilità collettiva: il 57,3% è disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Anche se il 46% di questi lo farebbe solo in casi eccezionali.

Risulta da un’indagine del Censis contenuta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011. Secondo il rapporto, il 65,4% indica la famiglia come elemento che accomuna gli italiani, mentre l’81% condanna duramente l’evasione fiscale. A fronte poi di un 46% di cittadini che si dichiara «italiano», c’è un 31,3% di «localisti» che si riconoscono nei Comuni, nelle regioni o nelle aree territoriali di appartenenza, un 15,4% di «cittadini del mondo» che si identificano nell’Europa o nel globale e un 7,3% di «solipsisti» che si riconoscono solo in se stessi.

Ancora oggi i pilastri del nostro stare insieme fanno perno sul senso della famiglia, indicata dal 65,4% come elemento che accomuna gli italiani. Seguono il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21,5%), l’amore per il bello (20%).

Cosa dovrebbe essere messo subito al centro dell’attenzione collettiva per costruire un’Italia più forte? Per più del 50% la riduzione delle diseguaglianze economiche. Moralità e onestà (55,5%) e rispetto per gli altri (53,5%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani.

Emerge poi la stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole. L’81% condanna duramente l’evasione fiscale: il 43% la reputa moralmente inaccettabile perchè le tasse vanno pagate tutte e per intero, per il 38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti.

Infine, il Censis sottolinea come il modello di sviluppo italiano abbia sempre trovato nella famiglia un punto di grande forza e la famiglia si sia sempre fatta carico dei bisogni sociali, andando a integrare se non a sostituire le prestazioni di welfare. Ma questo modello, avverte, comincia a mostrare segni di debolezza: se è vero che in proporzione al Pil la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane rimane una delle più rilevanti in Europa, in valore assoluto si è assistito a una erosione significativa di questo patrimonio tra il 2006 e il 2009, il cui ammontare è passato da 3.042 miliardi di euro a 2.722 miliardi. Inoltre, dal punto di vista della capacità di assistenza informale delle famiglie, il numero dei potenziali caregiver (persone che si prendono cura dei familiari) andrà riducendosi in modo netto: se nel 2010 c’erano 18,5 persone autosufficienti in età compresa tra 50 e 79 anni (fascia d’età nella quale rientra la gran parte dei caregiver) per ogni ultraottantenne non autosufficiente, entro il 2040 questa proporzione è destinata a dimezzarsi, scendendo a 9,2 caregiver per ogni anziano potenzialmente bisognoso di assistenza.

La crisi economica in Italia ha colpito in particolar modo i giovani. Lo sottolinea il Censis riferendo: «La crisi si è abbattuta come una scure su questo universo: tra il 2007 e il 2010 il numero degli occupati è diminuito di 980.000 unità e tra i soli italiani le perdite sono state pari a oltre 1.160.000 occupati». «Investita in pieno dalla crisi, ma non esente da responsabilità proprie, la generazione degli under 30 – si legge nel Rapporto Censis – sembra incapace di trovare dentro di sè la forza di reagire. La percentuale di giovani che decidono di restare al di fuori sia del mondo del lavoro che di quello della formazione è in Italia notevolmente più alta rispetto alla media europea: se da noi l’11,2% dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato a lavorare o studiare, la media dei 27 Paesi dell’Ue è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, risulta da noi decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano, pari al 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e al 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%)». Nonostante l’occupazione resti al palo, «non si registra l’emergere di atteggiamenti più intraprendenti». Per esempio gli italiani sono in assoluto i meno propensi, tra i giovani europei, a lavorare in un altro Paese europeo: si dichiara desideroso o disposto a farlo solo il 40,9% degli intervistati. Inoltre i giovani, che dovrebbero rappresentare il segmento più avvantaggiato da una maggiore liberalizzazione dei licenziamenti, «già oggi – rileva ancora il Censis – sono quelli su cui più grava il costo della mobilità in uscita». Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 persone con età compresa tra 35 e 44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni di età o più.

Una società «fragile, isolata ed eterodiretta», con una dialettica politica «prigioniera del primato dei poteri finanziari»: così ci vede il Censis, nel suo 45/mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. I nostri antichi punti di forza non riescono più a funzionare, dice l’istituto, che avverte: è «illusorio» pensare che i poteri finanziari disegnino sviluppo, perchè lo sviluppo «si fa con energie, mobilitazioni, convergenze collettive». È quella dunque, secondo il Censis, la direzione da seguire.

«Mentre l’occupazione ufficiale stenta a dare segnali di ripresa, quella sommersa sembra al contrario dare prova di tenuta e trarre semmai un nuovo stimolo di crescita dal difficile momento». Lo evidenzia il Censis. A partire dal 2008, a fronte di un calo generalizzato dell’occupazione regolare (-4,1%), quella informale aumenta dello 0,6%, portando il livello di irregolarità del lavoro nel 2010 alla soglia del 12,3% e lasciandosi alle spalle i positivi risultati di un decennio.
«I cittadini e le imprese si trovano a fare i conti con un sistema dei servizi che mostra evidenti segnali di criticità»: lo sottolinea il Censis nel 45/o Rapporto sulla situazione del Paese spiegando che «la politica di riduzione della spesa pubblica che ha contrassegnato gli ultimi 3 anni, e che segnerà anche il biennio 2012-13, realizzata in molti casi attraverso tagli lineari, sta lasciando il segno». In particolare il trasporto pubblico locale, già «inadeguato» è stato «drasticamente ridimensionato».

La crisi economica degli ultimi anni ha ridotto il reddito disponibile delle famiglie e ha provocato conseguentemente una «caduta della propensione al risparmio» anche «a causa dell’irrigidimento» di alcuni consumi. In questo contesto la riduzione della quota di risparmi sembra però non avere colpito gli investimenti fissi, come le abitazioni. È quanto emerge dal 45/o Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese del Censis. In 10 anni risulta inoltre raddoppiato il valore delle abitazioni.

«In un quadro economico stagnante, le esportazioni sono una delle poche variabili in crescita: +15% nel 2010 e +16% nel primo semestre del 2011»: lo riferisce il Censis nel Rapporto annuale sulla situazione del Paese sottolineando che «molti comparti del made in Italy possono fungere da puntello attraverso cui evitare un ulteriore scivolamento dell’economia nazionale». Per il Censis il commercio estero «può e deve rappresentare il volano della ripresa».

La tv resta il mezzo più diffuso del panorama mediatico italiano (lo usa il 97,4% della popolazione), ma al suo interno è avvenuto un «ampio rimescolamento» dovuto all’arrivo del segnale digitale terrestre. Lo evidenzia il 45/o Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del paese. E se l’ascolto della radio resta stabile, a confermarsi è il «periodo di grave crisi» della carta stampata. I quotidiani a pagamento perdono il 7% dei lettori nel periodo 2009/2011, cresce poco la free press, resistono i settimanali, tengono i libri, mentre non decollano gli ebook. Ed è l‘utenza del web ad aumentare: nel 2011 ha superato la fatidica soglia del 50% della popolazione arrivando al 53,1%: l’87,4% tra i giovani, il 15,1% tra gli anziani. Con una particolarità: l’affermazione progressiva di percorsi «individuali dei contenuti e l’acquisizione delle informazioni da parte dei singoli».