Ho perso tutto: vi rendete conto? Un giorno di questi il mio computer ha emesso un gemito e si è messo lampeggiare interrogativamente. Con il dovuto riguardo i medici che l’hanno visitato mi hanno comunicato la notizia infausta: hard disc morto, sfigurato, finito. Tutto quello che hai scritto, anni e anni di chiacchiere, articoli, rubriche, libri, maldestri tentativi letterari, documenti, materiali, improvvisamente ingoiato dall’iperspazio. Da qualche parte dovrei avere un back up di anni fa, ma chissà dove.
L’eventualità che a lungo mi ha terrorizzato -oddio, avrò salvato il file? quell’email l’ho conservata?- infine ha preso corpo. Il peggio del peggio è capitato. Be’, volete la verità? Quando succede non si prova nulla, se non un rincrescimento freddo, e la leggerezza della tabula rasa. Il mondo va avanti lo stesso, con o senza le proprie stupidaggini in memoria, e constatarlo è perfino confortevole. Il pianeta può fare a meno di me. Posso distrarmi tutte le volte che voglio, dunque, c’è sempre qualcuno –Dio?- che vede e provvede.
Sapete di quei monaci che per mesi e meticolosamente lavorano ai loro mandala di sabbia multicolore, e una volta realizzato il disegno perfetto –sorridendo- lo spazzano via: quello che davvero conta –l’impermanenza– è appreso tutto in quel gesto, il lavoro di mesi e mesi che lo precede è solo preparatorio.
Non sono così eroica, il tasto “delete” non l’ho schiacciato io. Ma ho la precisa sensazione che se occasionalmente qualcosa di sensato l’ho scritto, quel senso non è andato perduto, i suoi frutti li ha dati e continuerà a darli nel tempo. Quello che deve vivere vive e ha gambe per camminare a prescindere dalle nostre fragili intenzioni. Con fiducia ci si può abbandonare al corso delle cose, un po’ come da bambini per la strada ci si lasciava trascinare dal papà, la mano al sicuro nella sua grande mano.
Forse capita anche quando ce ne andiamo di qui, tutta la fatica che facciamo nella vita solo per prepararci a essere cancellati, noi e tutti quanti i nostri preziosi file. Ma se qualcosa di buono l’abbiamo combinato, si può stare certi che non smetterà di vivere.

(pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 26 settembre 2009)