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carmela rozza

Libri, Politica Aprile 16, 2015

Nel suo “memoir” Giuliano Pisapia regola i conti. E apre la campagna elettorale

Giuliano Pisapia è sempre stato un garantista, e nel suo libro “Milano città aperta” uscito proprio oggi da Rizzoli spiega dettagliatamente il perché, compresa un’esperienza personale di ingiustizia che lo ha segnato profondamente. La sua tenuta sui diritti, dalle coppie di fatto al fine vita, è insieme ad area C e all’intervento sul traffico giustamente premiato dall’Ocse l’eredità più significativa che lascia a Milano. Le pagine sul suo lavoro di avvocato e di giurista sono le più belle.

Ma scrivere un memoir in corso d’opera, a più di un anno dalla fine del mandato, mentre stai ancora giocando, non sembra molto opportuno. In genere si attende di essere davvero fuori dal recinto di gioco, o quanto meno di avere smesso la casacca, altrimenti si dà l’idea di voler continuare a giocare nel ruolo di arbitro: una specie di auto-amoveatur ut auto-promoveatur. Per esempio, molti ritengono, al ruolo di leader di quella coalizione sociale che potrebbe diventare la nostra Podemos.

Anche le pagelle su assessori e compagni di strada (da Pierfrancesco Majorino, a cui si rimprovera di avere “attaccato con rudezza la mia compagna“, a Carmela Rozza, al veterano Basilio Rizzo) non renderanno certo più facile il lavoro di giunta nel prossimo anno. Per non parlare dell’imbarazzante rancore fuori tempo massimo nei confronti dell’ex-competitor Stefano Boeri, già fatto fuori in tutti i modi possibili. Tra l’altro un bel po’ delle cose di cui il sindaco si fa giustamente un vanto, da BookCity a PianoCity al nuovo skyline di Porta Nuova, le ha fatte proprio Boeri, e sarebbe stato carino riconoscerlo*. Pisapia, insomma, è già in campagna elettorale e sembra voler indicare nome e cognome quelli che, a suo parere, devono proprio togliersi dalla testa di prendere il suo posto. 

Chi ha esercitato un potere raramente abdica senza voler continuare a segnare di sé quello che verrà in seguito: è una cosa normale, capita sempre così, specialmente agli uomini, che tendono a voler mantenere il controllo del territorio. In questo senso il libro di Pisapia, più che un commiato, si presenta come un manifesto programmatico.

Infine, se si può dire, il tono del libro appare un tantino autocelebrativo: un commosso ricordo della rivoluzione arancione alla quale, sempre se si può dire, hanno partecipato anche moltissimi milanesi, circa la metà, che non tifavano affatto per lui. Insomma, come dice una mia amica e maestra quando mi inorgoglisco di qualcosa di buono che ho fatto: “Non sei stata tu. E’ stato lo Spirito Santo”. E’ stata la città a “liberarsi”, se vogliamo ricorrere a questa retorica, erano i tempi a essere maturi. Attribuirsi tutti i meriti pare un po’ esagerato. La svolta non è avvenuta perché c’era Pisapia. Diciamo che Pisapia ha potuto esserci perché la città voleva svoltare.

Infine, qualche sfumatura autocritica non avrebbe guastato: Pisapia dice di passare molto tempo della sua giornata a girare la città. Gli sarà capitato di vedere in che stato si trova, appena fuori dalla seconda circonvallazione, e magari anche dentro: buche, sporcizia, abbandono. Cose su cui si potrebbe anche pazientare, visto il deficit di bilancio ereditato. Se non fosse che in quelle buche, in quel degrado, potrebbe piantare i suoi semi una destra aggressiva, pronta a spazzare via qualunque sfumatura di arancione.

* dimenticavo il Museo dei Bambini. Anche il Muba l’ha fatto lui, mica Boeri…

 

 

esperienze, Politica Febbraio 6, 2012

Il Celeste e la Rozza

Ieri al teatro Dal Verme di Milano, dove era in corso un’iniziativa su Expo, il governatore Roberto Formigoni è stato contestato come mai prima d’ora -qui sul Corriere.it trovate il filmato-.

Si vede dalla sua faccia: sorridente e composto come sempre, da politico di razza quale è, tuttavia non riesce a nascondere del tutto il suo stupore. Il bizzarro format dell’evento, a metà tra teatrale e politico, ha offerto il contesto ideale per la contestazione. Le proteste raggiungono il climax quando il governatore ha la strampalata idea di rendere l’onore delle armi all’ex-sindaca Moratti.

I contestatori non erano blac block, né truppe cammellate. Erano milanesi qualunque, verosimilmente simpatizzanti per il centrosinistra, che esprimevano la loro insofferenza per il capo di un’istituzione che sta passando svariati guai, e che rappresenta ciò che resta di un passato di cui la grande parte della città ha voluto disfarsi. Quei milanesi, quindi, esprimevano l’umore maggioritario di chi vuole il cambiamento anche in Regione.

Due fischi e qualche ululato non hanno mai ucciso nessuno. L’ultima volta che è capitato a me personalmente, che pre non sono una politica, al Capranica di Roma, nella tana del lupo, me li sono serenamente beccati, e vi dirò che mi sono pure divertita. Era nelle cose, che andasse così.

Mi fa perciò piuttosto ridere che l’immarcescibile capogruppa del Pd in Comune Carmela Rozza, sempre troppo ansiosa di dire la sua, sprechi una parola importante come “solidarietà”. Il dissenso fa parte dei rischi del mestiere di chi vuole fare il politico, che ai momenti di gloria si alternino fasi di disgrazia è nelle cose.

E’ dovere di ogni politico difendere il diritto all’espressione anche rumorosa del dissenso -purché, certo, non violenta- anziché stringersi solidalmente al collega contestato. Tanto più che la capogruppa del Pd il cambio di guida alla Regione dovrebbe auspicarlo. O no?

Altra domanda, se è consentito: ma chi ha votato Pd alle ultime elezioni ha votato Carmela Rozza o ha votato Pd?

 

 

AMARE GLI ALTRI, Politica, TEMPI MODERNI Gennaio 31, 2012

Un Pd diverso

Mi pareva un po’ strano. Ci ero cascata anch’io, in questo manifesto del Pd. Che in realtà è stato un affettuoso “trappolone” teso da alcuni militanti e deputati omosessuali (Anna Paola Concia, Rosaria Iardino, Aurelio Mancuso e altri) al segretario Bersani. “Vieni che ci facciamo una foto”. Foto di cui poi è stato realizzato un manifesto per il tesseramento che oggi è un po’ surreale vedere in giro per Milano, con il manicomio in corso tra giunta e consiglio comunale sulle coppie di fatto.

Per esempio scrive su Fb il piddino Mattia Abdu: “… alcuni consiglieri del PD e non solo la capogruppo continuano a subordinare il tema del registro alla venuta del Papa, per rispetto alla sensibilità dei cattolici del PD. Se questa la concezione che si ha di rispetto dei cattolici nel gruppo consiliare direi che si sta facendo esattamente il contrario e non è questo il PD che in tanti in questi anni abbiamo contribuito a costruire. Che i due provvedimenti (fondo anticrisi e registro) siano collegati è un’altra forzatura politica di chi non capisce che il PD che vince a Milano nel maggio 2011 è una cosa diversa da quel carrozzone timido e impallato che ha perso elezioni su elezioni da quando è nato …  Ma con chi diavolo volete dialogare??? Con De Corato? Moioli? Masseroli? Morelli? Salvini? Mi dispiace sono molto deluso di come vanno le cose nel gruppo, ma non perderò mai le energie per denunciare che in tanti, la maggior parte direi, abbiamo votato e stiamo in un PD diverso “.

Il silenzio dei dirigenti del partito è fragoroso. Vuoto che viene di volta in volta riempito dalle esternazioni di questo o quell’amministratore, di questo o quel militante. Un dibattitone en plen air, che induce una domanda: ma chi è il Pd? E com’è possibile che la presidente cattolica Rosy Bindi parli di diritti delle coppie omoaffettive e l’atea capogruppo Carmela Rozza dica che per ora “il nostro impegno deve andare al Forum per le famiglie”? . Che cos’è, il mondo alla rovescia?

E un’altra: che cosa diavolo c’entra la visita del Papa con il fatto di concedere qualche minima tutela alle coppie non sposate? E un’altra ancora: perché diavolo si deve continuare a discutere di un tema che è già stato dibattuto per anni e in tutte le salse, quando il registro delle coppie di fatto è un punto di programma della giunta?

E ancora: possiamo continuare a pensare ai cattolici di questo Paese come a un monoblocco di non-laici intenti a tenersi fette di salame sugli occhi, avulsi dalla realtà, illiberali, intolleranti e furenti, tutti ovviamente eterosessuali e omofobi, arcigni, giudicanti e spietati nei confronti dei peccatori non-coniugati? E come possono tollerare i cattolici di essere ritratti in questo modo grottesco, caricaturale e offensivo dal primo politicante da strapazzo, trasformista in carriera che predica male e razzola malissimo, e il cui unico scopo, altro che amor mundi, è raccattare quattro voti?

Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Gennaio 28, 2012

No, il dibattito no (Ahi, Carmela…)

A Milano, per decisione della giunta, un pezzo dei 6 milioni del “fondo anticrisi” andrà in aiuto ai nuclei familiari in difficoltà, intendendo per famiglie sia gli sposati sia i coabitanti “con vincolo affettivo”, senza precisare se questi coabitanti siano di sesso diverso o uguale. Insomma, anche le famiglie gay potranno usufruirne.

Bagarre! A parte quella dell’opposizione, come da copione, che butta giù con nonchalance una prima pagina come quella di Il Giornale di ieri, “A noi Schettino, a voi Auschwitz”, Gesù, mi ripugna perfino scriverlo, ma sulla “sacralità della famiglia” no-no, non transige, si inalberano anche alcuni consiglieri del Pd.

Per la precisione la bizzarra capogruppo Carmela Rozza, che non perde occasione per manifestare la sua notevole eterogeneità e una cultura di riferimento che si distanzia notevolmente dai quei quattro principi quattro assodati della cultura democratica: in campagna elettorale per raccattare un po’ di voti aveva definito “discarica sociale” la zona di via Padova, a suo dire “invasa” dai rom. E ora si agita sulle coppie di fatto, definendo la decisione della giunta un errore politico e chiedendo un ampio dibattito in consiglio comunale (ne ha fatte anche altre, sulla commissione antimafia, ma lasciamo stare). Domanda: gliel’ha ordinato il medico di essere del Pd? altra domanda: al gruppo consiliare Pd lo stesso medico ha forse ordinato una capogruppo pseudoleghista?

Con mia viva sorpresa, si inalbera anche la consigliera Marilisa D’Amico, anche lei non cattolica, professora di Diritto Costituzionale: pure lei parla di “fuga in avanti” della giunta e vuole il dibattito.

Ma quale dibattito? Una di quelle estenuanti e retoriche disfide verbali con coda notturna tra rappresentanti dei “cattolici” e “cultura laica”? E io che sono laica e cristiana e femminista e casalinga e blogger e yogini e scrittrice ed eterosessuale e con un sacco di amiche e amici gay come mi devo vestire? Ma in quale mondo vivono?

Io non conosco un cattolico, dicasi uno, ma nemmeno un prevosto o un sacrestano che di fronte alla necessità di dare un aiuto a qualcuno che non ce la sta facendo si domandi “ma con chi va a letto?”.

La sensazione è che qui si difendano i propri ruoli, più che gli interessi veri dei cittadini.