Browsing Tag

anna finocchiaro

Politica Maggio 8, 2013

Pd: risorgere dal resort

Visto che qualcuno ha ricominciato con la solfa di Anna Finocchiaro (Mrs Ikea-con-scorta, Mrs Non-Siamo-Mica-Bidelle, Mrs Grazie-Elsa-Fornero-per-la-tua-fantastica-riforma-del-lavoro, Mrs Vieni-qui-Schifani-che-ti-bacio- eccetera, non proprio la più amata dagli italiani),

Visto che Finocchiaro Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato non basta, e qualcuno la vuole segretaria del Pd (nel totonomi insieme a Cuperlo, Epifani, perfino Speranza), la sensazione forte è che il Pd non sia affatto guarito dalle sue patologie: insieme alla nota e rovinosa Sindrome del Popolo Eletto, lo Sfasamento Temporale Cronico. Ovvero la tendenza a registrare le evidenze con ritardo fatale, giusto il tempo che serve ad assicurarsi il fallimento; l’incapacità di registrare in tempo reale quello che sta capitando, per poi doversi arrendere di fronte a cosine tipo i sondaggi che ti vedono precipitare in zona 20 per cento e chiudersi in uno sdegnato e ringhioso arroccamento, serrando le fila, facendo la conta delle tessere, tagliando fuori i “semplici” elettori, dicendo che la colpa è tutta di Facebook e Twitter, in un loop senza fine.

La realtà sarà anche fastidiosa, ma sembra dire questo: o il governo Letta dal conclave nell’abbazia a 5 stelle, proprietà (ohiohi) figlia di Cuccia, camere con antiquariato e design comme-il-faut (se poco poco si rendessero conto di che effetto fanno queste cose sull’elettore medio, perché è anche così, e con i pranzi politici al Four Season, che si perdono voti) se ne uscirà con una serie di idee geniali e a rapida fattibilità, tali da indurre la base annichilita dalla Chimera a larghissime intese a dire: ma sì, ingoiamo il rospo e tiriamo avanti almeno un pezzettino. O risorgerà dal resort. O il calcolo costi-benefici tornerà velocemente. O l’assemblea nazionale di sabato terrà pragmaticamente il basso profilo, come indicano Pippo Civati, Fabrizio Barca, Stefano Boeri e altri, indicando ragionevolmente un reggente pro tempore e rinviando la scelta definitiva della segreteria a un congresso vero, con un dibattito vero, a cui partecipi il Pd vero e non solo le oligarchie correntizie. Insomma, o ci si terrà almeno su queste minimi, o l’esperienza democratica rischia grossissimo, come mai prima d’ora.

Detto così, en passant.

 

 

 

Politica Aprile 18, 2013

PdmenoellemenoPd e M 5000 Stelle

Ora non si potrà più dare dei disfattisti ai 5 stelle, che per il Colle al Pd hanno fatto una proposta di quelle che non si possono rifiutare –Stefano Rodotà– lasciando intravedere che subito dopo si sarebbe parlato di governo.

Nei colloqui di qualche settimana fa, nomi per la premiership dai 5 Stelle il presidente Napolitano non ne aveva voluti sentire. Come fanno i bambini, sapete, quando si tappano le orecchie e ululano. Ma stavolta ha dovuto ascoltarli, lui e tutti gli altri. E i nomi erano -sono- tutti degnissimi, da quello di Milena Gabanelli, che con grandissimo stile si è sfilata dalla partita, a quello di Rodotà, che ha accettato la sfida. Talmente degni che ieri sera davanti al teatro Capranica -e dappertutto in rete- i militanti del Pd sono andati a dire che per quello che li riguarda il candidato è Rodotà, e a ribadire che l’inciucio non lo vogliono: “Le salsicce alle feste del Pd annassero a cocersele loro” dice un manifestante, vedere qui). Per quello che riguarda il gruppo dirigente del partito, invece (tolto un centinaio di dissidenti: i renziani, Pippo Civati, Laura Puppato e altri) il candidato è Franco Marini. Cosa che ha comportato a Pierluigi Bersani la spiacevolezza di dover sgattaiolare dall’uscita secondaria del teatro, il che dovrebbe bastare a fargli capire che se la dirigenza del partito si è relativamente compattata, il partito non c’è più, e non è fatto poco rilevante.

Inciucio doveva essere, fin dal principio, e inciucio è stato. Il nome di Franco Marini, la grande “sorpresa” preannunciata poche ore prima dalla zelante Alessandra Moretti, è quello che si presta meglio a garantirlo: meglio di D’Alema, che comunque attende nell’ombra, non si sa mai, ieri circolava il suo nome anche per la presidenza del futuro governo, meglio di Giuliano “31 mila euro” Amato, meglio di Anna “Ikea” Finocchiaro. Il nome che, secondo i conti di Bersani, avrebbe ridotto il dissenso al minimo fisiologico. Non è andata così, a quanto sembra.

Berlusconi è stato abilissimo, Grillo pure, Bersani molto poco. Quel “buon senso” che tanti gli hanno sempre riconosciuto sembra smarrito, in vertiginoso calo dalle primarie a oggi, se per buon senso si intende la capacità di captare gli umori del Paese.

Salvo raffiche dei franchi tiratori, tra un’ora o due il Presidente della Repubblica potrebbe essere Marini. Con 4/5 degli elettori di sinistra che non smettono candidamente di chiedersi: ma perché non Rodotà?

Franco Marini, veterano della politica politicante, colui che ammise: “E’ vero, io e D’Alema complottammo contro Prodi” (vedi qui). Marini, “nome di garanzia per tutti”: non per Sel, però, né per i 5 Stelle, che evidentemente di garanzie non ne meritano. Non per la grande maggioranza di elettori e iscritti del Pd. E non per la grande parte dei cittadini, che -questo è certo- avrebbero voluto un presidente di svolta.

Potrebbe esserci ancora qualche sorpresa. Stiamo a vedere. Tutto sommato converrebbe anche al PdmenoellemenoPd, che rischia di vedersi sbranato alle prossime urne da un Grillo alle 5 mila stelle.

Politica Marzo 16, 2013

La zampata di Bersani

Non so se sia stata tutta farina del suo sacco, anzi si sa per certo che dietro la decisione di presentarsi a sorpresa con le splendide candidature di Laura Boldrini e di Piero Grasso, c’è il lavoro notturno e indefesso dei “giovani”, da Civati a Orfini, per dissuadere il segretario dal presentarsi alla Camera e al Senato con candidature “di apparato”, come quelle di Anna Finocchiaro e Dario Franceschini, bissando l’errore di quelle liste piene di derogati e notabili messe insieme dopo le primarie.

Ma la decisione alla fine l’ha presa Bersani e ci deve essere voluta non poca forza. E quella forza ha pagato, anche con il Movimento 5 Stelle, che non ha potuto permettersi il lusso di far cadere Piero Grasso. Dimostrando che effettivamente “uno vale uno”, e che nessun diktat -che peraltro non risulta- può fermare il buon senso. Movimento 5 Stelle che ha dato una bellissima e decisiva spinta al rinnovamento: il risultato di oggi è anche -per alcuni soprattutto- suo.

Se l’operazione potesse ripetersi anche per la presidenza del Consiglio, con alcune variabili significative, saremmo a cavallo: Bersani che rinuncia alla premiership -continuerebbe a non avere alcuna chance- per fare un’altra offerta che non si può rifiutare, proponendo un candidato/a premier di assoluta eccellenza. Meglio ancora, proponendo ai 5 Stelle: il nome -o la rosa di nomi-, della stessa tipologia di Boldrini e Grasso, fatelo voi, e noi lo valuteremo.

E’ troppo? Può essere. Ma qualcuno avrebbe mai potuto immaginare, ieri sera, una giornata come quella di oggi?

E si può sprecare, tanto ben di Dio?

p.s. domenica mattina: Hey, Pigi. E se generosamente proponessi Boldrini per la Presidenza del Consiglio, vista la straordinaria accoglienza?
(per la Camera si trova qualcun altro).

Donne e Uomini, Politica Ottobre 24, 2012

Il “giunto”, il burqa e le rottamate

 

al centro, Laura Puppato

Sì, lo so, non ne potete più, e nemmeno io. Ma siamo al rush finale, al passaggio politico decisivo, bisogna che tutte le chiacchiere che abbiamo fatto si traducano in risultati effettivi, e il momento della traduzione è questo. Perciò non si deve mollare proprio ora.

Anzitutto osservando quello che accade, in questo presunto passaggio a una nuova repubblica. E anche quello che non accade, che forse è ancora più significativo per capire che cosa effettivamente stia succedendo.

Il protagonismo politico delle donne di sicuro non è posto al centro del cambiamento. Tutt’altro. Il monosex della politica resiste e si rafforza.

Formigoni fa il suo “giunto” tecnico, tutto cravatte e grisaglia, poteva cogliere l’occasione per chiamare un po’ di donne, e deliberatemente non l’ha colta. Anzi: si è tenuto un vicepresidente che, fatta salva la presunzione di innocenza, è sotto processo -anche se a difendersi in aula non si è mai presentato- per percosse e minacce alla moglie, un reatuccio da niente.

Laura Puppato, prima e unica donna che osi pensarsi premier, candidata alle primarie del centrosinistra, è sistematicamente oscurata, lei ha parlato di “burqa mediatico”, non gode nemmeno del diritto minimo di essere nominata. Nei sondaggi demoscopici si indica il piazzamento di Bersani, Renzi e Vendola, e poi c’è quel 4 per cento di “altri” (che poi sarebbero lei) , risultato davvero ragguardevole per una di cui la gran parte del Paese ignora perfino l’esistenza, quando invece di Renzi è ritenuto notiziabile ogni minimo borborigmo. Una che sta lottando da sola, senza apparati, senza soldi, avendo perfino notizia in ritardo sulle regole del gioco, e attorno alla quale si sta coagulando una vera riscossa civica di donne e di uomini.

E poi ci sono le rottamate: Melandri che va al Maxxi, un’infinità di discussioni e anche legittime su questo cambio di poltrona -si può anche ritornare alla poltrona di casa, volendo- ma è un fatto che lasci il Parlamento. Con l’eccezione di Veltroni, l’autorottamazione del Pd riguarda prevalentemente le donne: Finocchiaro, Turco eccetera. Succede sempre così, anche nel lavoro: quando i posti scarseggiano sono le donne ad andare a casa.

Le primarie, a qualunque livello, sono una cosa tra uomini, o meglio tra “superuomini”,tra “salvatori della patria”, i dibattiti politici una cosa fra maschi, è tutto un duello, un incrociare di spade, un movimento di truppe, un ipotizzare alleanze, non si sente un contenuto nemmeno a supplicare in ginocchio (che so io: come dare lavoro ai nostri figli, come dovrebbe “crescere” il nostro paese, come sostenere l’agricoltura, tano per dirne una, che ha registrato, dati Coldiretti, un +10 per cento di occupazione, qualcuno ve l’ha detto? e così via).

Al vero cambiamento, quello che solo un massiccio ricorso al buon senso femminile potrebbe portare, non pensa nessuno. Tutti uomini, sempre più uomini, quelle poche donne cooptate, ubbidienti, impossibilitate a portare la loro differenza.

Voi capite perché non mollo (anche se, confermo, non ne posso più).

economics, lavoro, Politica Giugno 4, 2012

Lo strano Pd di Finocchiaro

 

Dunque, mentre si apprendeva che suo marito Melchiorre Fidelbo è indagato in quanto titolare della Solsamb s.r.l., a cui senza regolare gara d’appalto sarebbero stati affidati lavori per l’informatizzazione del Pta di Giarre, 1.7 milioni di euro (appalto ora revocato dalla Regione Sicilia), la capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro festeggiava  con un elogio e autoelogio l’approvazione della riforma del lavoro:

‘Penso che oggi noi abbiamo raggiunto una sintesi razionale, laica, direi costituzionale e riformista del mercato del lavoro e penso che questo sarà utile per davvero all’Italia’‘, ringraziando quindi personalmente la ministra Elsa Forneroper il coraggio e la determinazione”. Nel frattempo sui social network i militanti piddini -già disturbati, come tutti noi contribuenti, dalla spesa all’Ikea con regolamentare scorta spingicarrello- la ricoprivano di improperi.

Ora, si può anche essere perfettamente convinte di aver raggiunto un buon punto di mediazione, e che di più proprio non si poteva, senza far cadere il governo. Si può perfino e sinceramente ammirare il carattere e la tigna di Fornero. Ma che la capogruppo del Pd, a nome del suo partito, esprima un simile entusiasmo di fronte a una riforma che non può essere certo intesa come un successone per i lavoratori, dà effettivamente da pensare.

“Ofelé fa’ el tò mesté”, si dice dalle mie parti. E sul fatto che il mestiere del Pd sia quello di far festa per una riforma come questa avrei qualche dubbio. Che la si votasse, se proprio la si doveva votare, con la massima sobrietà e senza simili manifestazioni di entusiasmo e autocompiacimento. Il compito che gli elettori hanno affidato al Pd sarebbe un altro, ma forse Finocchiaro se l’e dimenticato.

Vedi una scena come questa, dai un’occhiata agli ultimissimi sondaggi che indicano il partito dell’astensione in aumento vertiginoso, guardi il cielo novembrino e il lampadario che balla e  ti viene da pensare che se tutti questi -ma proprio tutti-tutti-, se l’intera classe dirigente di questi partiti alla deriva si presentasse facendo ciao-ciao, se tutte le facce che abbiamo visto ogni giorno sulle prime tre-quattro-cinque pagine dei quotidiani di punto in bianco non si vedessero più, se facessero un’uscita collettiva e alla grande, come in un musical di Broadway, permettendo il ricambio che ostinatamente impediscono, be’, forse la mattina ti alzeresti un po’ più di buonumore.