Presso gli uffici del Giudice di Pace di Lodi, per la precisione nei locali della Cancelleria -l’aula è lesionata causa terremoto- si è tenuta oggi l’udienza del processo ad Andrea Gibelli, vicepresidente leghista della Regione Lombardia, accusato di minacce e percosse dalla ex-moglie Maria Giovanna Venturini. Il processo si è aperto in contumacia, ovvero in assenza dell’imputato.
Per la precisione, la signora Venturini si è costituita parte civile contro il vicepresidente lombardo “per avere con più azioni consecutive di un medesimo disegno criminoso minacciato di un male ingiusto” l’ex- moglie, pronunciando la frase “Giuro che te ne pentirai” e per “averla schiacciata tra la porta e il muro, ripetendo il gesto tre volte… procurandole lesioni personali”.
Gibelli, che non ha partecipato alle precedenti udienze risultando irreperibile -e quindi non raggiunto dalla notifica- questa volta è stato invece “reperito”, ma non si è comunque presentato al processo. Il Giudice Roberta Succi ne ha dichiarato lo stato di contumacia, e dopo aver rigettato alcune eccezioni procedurali presentate dal legale di Gibelli, ha dichiarato regolarmente aperta l’udienza, che è stata dedicata all’acquisizione dei documenti e alla calendarizzazione.
Fra i documenti, alcune foto che ritraggono la signora Venturini con vistose ecchimosi allo zigomo sinistro. Nel referto del pronto soccorso di Lodi, al quale la signora si è rivolta il pomeriggio del 15 ottobre 2009, si parla invece di prognosi di 15 giorni per “contusione all’avambraccio-omero sx e arcata costale dx”. Gli ematomi sul viso non sono indicati: a detta della signora sarebbero apparsi alcune ore più tardi.
Le prossime udienze sono state fissate il 6 dicembre prossimo, per l’audizione del testi (9 per entrambe le parti) e il 20 dicembre per la discussione. Il giudice ha dichiarato l’intenzione di voler chiudere il processo entro fine anno. Il legale di Andrea Gibelli ha annunciato che probabilmente chiederà che il processo si svolga a porte chiuse.
Questi i fatti. E questa invece l’opinione: fatto salvo il diritto di ogni imputato di non presentarsi al processo facendosi rappresentare dal suo legale, da un alto rappresentante delle istituzioni ci si aspetterebbe che si presentasse personalmente a difendere la propria onorabilità e quella connessa al proprio ruolo di fronte a un’accusa tanto grave. Specialmente in un momento in cui l’opinione pubblica si mostra particolarmente sensibile al tema della violenza contro le donne. Nulla dovrebbe essere trascurato per pervenire a un’assoluzione piena, nel proprio interesse e nell’interesse delle cittadine e dei cittadini che attendono di essere rassicurati.
Forse non presentarsi al processo non è una buona idea. E nemmeno quella di chiudere le porte dell’aula, che invece dovrebbero spalancarsi.