La violenza cerca di fermare la libertà femminile. Il fatto che cresca la violenza significa anche che quella libertà sta crescendo molto di più. In alto i cuori, quindi.

Farsi sbranare dalla violenza non è solo nel fatto di soccombere fisicamente e spiritualmente a chi ci violenta, ma anche nel fatto di mettere tutte le energie nella lotta alla violenza e al femminicidio, che certo è UNA delle cose che vanno fatte, ma che non deve saturare le nostre agende politiche, costringerci a ridimensionare i nostri desideri, condurci a un’autovittimizzazione e a un’autosvalorizzazione.

Abbiamo detto tante volte che della violenza sulle donne oggi dovrebbero essere gli uomini a parlare, che noi ne abbiamo già detto di tutto e di più. Ma il backlash in corso, portato anche della crisi che stiamo attraversando, ci costringe a rimettere i nostri pensieri lì. Iniziative dappertutto, convegni, progetti che nascono in grande parte dal desiderio di fare, che sono espressione della politica prima. Ma c’è anche chi balza sulla tigre del tema mediaticamente rilevante per costruirsi o consolidare la sua carriera nella politica seconda.

Io mi affido con fiducia all’esperienza di donne come Marisa Guarneri che parla qui, per dire che grande parte del lavoro va fatto ben lontano dai riflettori, nella discrezione della relazione: lei mi dice che è questa la cosa che funziona, e io mi affido a lei. Mi piace l’idea dei camper che girano i quartieri, gestiti da donne opportunamente formate ma non da donne delle istituzioni, prima possibilità di rompere l’isolamento, rappresentazione di quel terzo che può irrompere nella relazione violenta. La violenza è nascosta è capillare, anche il lavoro sulla violenza deve essere almeno in parte nascosto e certamente capillare.

Le cose da fare allora sono due: chiedere continuità di finanziamento ai centri antiviolenza e prestare lì la propria opera, se vi è il desiderio di lavorare su questo. Meno soldi spesi in convegni, progetti e kermesse: ci sono già un grande sapere, una grande pratica che vanno nutriti e utilizzati.

L’altra cosa da fare è non farsi sbranare politicamente dalla violenza e tornare a mettere le energie in altre questioni, come il lavoro e la rappresentanza. Su quest’ultima insisto molto, perché finché non vi sarà un numero cospicuo di donne a stabilire le priorità delle agende politiche non avremo mezzi sufficienti per agire su questioni che interessano tanto a tutte le donne. Come il lavoro, appunto. E come la violenza.

Quest’anno dobbiamo dedicarci molto al tema della rappresentanza. Non facciamoci distrarre troppo da altro.

p.s.   Per ragioni misteriose non riesco a caricare immagini. Pazienza, oggi solo testo e niente immagini.

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