Leggo da qualche parte che un buon clima aziendale non solo fa bene alla salute dei dipendenti, ma incrementa anche i profitti dell’azienda. Il dipendente meno stressato è più produttivo. Grande scoperta. Ci volevano degli studi. Anche le mucche felici fanno più latte. Ma la muccologia è più avanti della lavorologia.

In Italia il 27 per cento dei lavoratori, uno su quattro, soffre di stress legato alla propria attività, causa di oltre la metà delle giornate di lavoro perse in un anno. In altre parole, per così dire più foucaultiane, i corpi detenuti soffrono. Specialmente se detenuti inutilmente 8 ore, quando con le nuove tecnologie, in un paio d’ore in remoto e senza il patimento dei tempi morti, nelle loro case o dove pare a loro e non in quegli orridi open spaceIl sadismo non fa profitti. –che Dio riservi un girone dell’inferno a chi li ha inventati- potrebbero sbrigare tutto il lavoro della giornata.

In particolare, secondo lo “studio”, sembra che il nido aziendale migliori molto l’umore dei lavoratori, soprattutto quello delle lavoratrici, e corrisponda a un tot per cento di aumento della produttività. E ti credo. A) hai un nido, il che è già un miracolo; b) non ti devi sbattere alle otto del mattino nel traffico con il piccolo ancora caldo di sonno legato nel seggiolino per portarlo nel suo “deposito” diurno; c) hai il bambino lì, a pochi metri, puoi scendere ad allattarlo o a dargli il biberon, a fargli una coccola, a sentire se scotta. E’ moltissimo. Ma, dico io, è anche molto poco.

Non si tratta di portare i bambini in azienda. Semmai dovrebbe essere il contrario: portare l’azienda dove sono i bambini. Spostare il lavoro più vicino alla vita. Riorganizzarlo in modo che la vita non sia un ingombro, ma il centro di ogni logica produttiva. In modo che la forbice tra produzione e riproduzione si riduca il più possibile. Ripensare l’ordine delle priorità.

La femminilizzazione del lavoro è soprattutto questo: quantità che diventa qualità, e a vantaggio di tutti. Delle donne, dei bambini, e anche degli uomini, ormai molti, che sono stanchi di vivere in questo modo.

Il minimo vitale è sempre una pessima misura.

pubblicato su Io donna-Corriere della sera il 23 ottobre 2010

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