Quello che vedete è un frame dell’ultimo film di Moana Pozzi, girato poche settimane prima della sua morte. La malattia si intuisce nel viso appena scavato, negli zigomi appuntiti.

Si riparla di lei in questi giorni per il ventennale della scomparsa. Ho conosciuto la ragazza, incontro non dimenticabile. Magnificamente ritoccata dal bisturi di un vero maestro che aveva perfezionato alcuni particolari (viso, seno) di una naturale bellezza, Moana era un sogno incarnato, una Venere luminosa avvolta in un visone color ciliegia. La voce soave, un po’ infantile e priva di inflessioni dialettali, il tono garbato della ragazza borghese, una certa frigida e malinconica cortesia. Che cosa non ha funzionato nella vita di questa donna? è stata la prima cosa che mi sono chiesta.

Dopo l’incontro a Roma, aveva insistito perché vedessi il suo show in un locale di Milano. “Ti lascio il biglietto. Devi venire”. Invito accolto senza entusiasmo: mettetevi nei miei panni, sprofondata nella poltroncina in mezzo a tanti uomini.

Era stata felice di vedermi quando nel gran finale del porno-spettacolino aveva fatto il suo abituale giro d’onore in platea. Nuda, tintinnante di bijoux, profumatissima di Trésor. Le mani, le bocche degli uomini su di lei, dentro di lei che mi stava parlando, sconnessa dal resto, da quelle mani, dal suo corpo, occhi sorridenti: “Ciao cara! Sono proprio contenta che ce l’hai fatta!”.

Per ragioni miseriosissime quella era la vita di Moana, l’aveva proprio voluta così, e nessuno -tanto meno io- poteva farci niente.

L’unico vero sentimento che avevo colto in quella giovane signora bene educata e self-controlled, era stato un moto di terrore -gli occhi spalancati, la bocca piegata da un’amarezza abissale- quando durante l’intervista mi aveva confessato la sua paura di invecchiare: “Non riesco nemmeno a pensarci, non ce la faccio, è spaventoso, intollerabile”.

Il problema non si è posto. Oggi Moana avrebbe 53 anni.

 

 

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