Certe volte nella vita capita che ci sia troppo rumore. Il passato ti zavorra, e tu cammini a vuoto, come in certi incubi, o è il futuro a uncinarti il diaframma, e allora ti senti un quarto di bue appeso in macelleria. C’è qualcosa di brutto che ti sta capitando e si prende tutto di te, come una piovra malefica; o qualcosa di troppo bello, capita anche questo, che ti ubriaca. E allora voli, e noi non siamo creature adatte volare per il tempo maggiore di un salto, quando atterri rischi di farti male. Può essere stupendo –volare, voglio dire- e anche al dolore va riservata la giusta attenzione, più cerchi di sfuggirgli e più ne esige, tenendo i conti aperti finché non sono saldati. Ma non si può dargli tutto, né al bene né al male, né al passato né al futuro. Si deve contrattare, per non perdere il proprio baricentro, il “centro di gravità permanente” della canzone di Battiato. Io lo penso come un luogo aperto, luminoso e accogliente. Non il nucleo duro e roccioso dell’io, ma anzi, il posto dove l’io può fiduciosamente disfarsi, mettersi in libertà, fare passare di lì tutto e tutti, mille spiritelli iridescenti, perché non deve più difendersi da nulla.
Per ritrovarlo io mi chiudo nel mio “camerino interiore”, mi viene da chiamarlo così, molto comodo perché te lo puoi portare dappertutto, come una di quelle tendine monoposto, non pesa niente ed è sempre pronto per accoglierti. E’ la tua casa, nessuno te la porterà mai via, e puoi tornarci ogni volta che vuoi. Ognuno può entrarci a modo suo –una preghiera, una piccola formula rituale, ma quando hai fatto un po’ di pratica non serve più nessun artificio, quello che conta è respirare bene, cominciando dall’espirare, – e ad un certo punto eccoti lì, accomodata sul fondo brillante del tuo essere, e circondata dagli ospiti più astrusi: oggi, per esempio, è passato di lì Vittorio Gassman, chissà perché. Era di ottimo umore, con il suo sguardo da ragazzo e le sue spalle da aquila. Poi mi sono ritrovata in un bar di Venezia, sulle Fondamente Nove, un posto così nordico, con Murano e l’isola San Michele proprio di fronte. Solo le note luminose dell’essere, infine. Un po’ di pace, finalmente.

(pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 21 febbraio 2009)

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