Ieri al teatro Dal Verme di Milano, dove era in corso un’iniziativa su Expo, il governatore Roberto Formigoni è stato contestato come mai prima d’ora -qui sul Corriere.it trovate il filmato-.

Si vede dalla sua faccia: sorridente e composto come sempre, da politico di razza quale è, tuttavia non riesce a nascondere del tutto il suo stupore. Il bizzarro format dell’evento, a metà tra teatrale e politico, ha offerto il contesto ideale per la contestazione. Le proteste raggiungono il climax quando il governatore ha la strampalata idea di rendere l’onore delle armi all’ex-sindaca Moratti.

I contestatori non erano blac block, né truppe cammellate. Erano milanesi qualunque, verosimilmente simpatizzanti per il centrosinistra, che esprimevano la loro insofferenza per il capo di un’istituzione che sta passando svariati guai, e che rappresenta ciò che resta di un passato di cui la grande parte della città ha voluto disfarsi. Quei milanesi, quindi, esprimevano l’umore maggioritario di chi vuole il cambiamento anche in Regione.

Due fischi e qualche ululato non hanno mai ucciso nessuno. L’ultima volta che è capitato a me personalmente, che pre non sono una politica, al Capranica di Roma, nella tana del lupo, me li sono serenamente beccati, e vi dirò che mi sono pure divertita. Era nelle cose, che andasse così.

Mi fa perciò piuttosto ridere che l’immarcescibile capogruppa del Pd in Comune Carmela Rozza, sempre troppo ansiosa di dire la sua, sprechi una parola importante come “solidarietà”. Il dissenso fa parte dei rischi del mestiere di chi vuole fare il politico, che ai momenti di gloria si alternino fasi di disgrazia è nelle cose.

E’ dovere di ogni politico difendere il diritto all’espressione anche rumorosa del dissenso -purché, certo, non violenta- anziché stringersi solidalmente al collega contestato. Tanto più che la capogruppa del Pd il cambio di guida alla Regione dovrebbe auspicarlo. O no?

Altra domanda, se è consentito: ma chi ha votato Pd alle ultime elezioni ha votato Carmela Rozza o ha votato Pd?

 

 

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