Può essere che neanche ci fai caso. Hai tanto da fare e disfare, sei talmente presa dalla vita, che la cosa può anche lasciarti indifferente. Nel mondo-duplex della rappresentazione pubblica tu proprio non esisti. Ci sono le Gheddafi girls: 80 euro e ti sventolo il libretto verde, qualcosina in più e mi islamizzo del tutto. C’è il “vespaio” sul décolleté delle scrittrici e la corona turrita di Miss Italia. Ma di te, la metà abbondante del paese reale, dal biberon alla womenomics, ben poche tracce.
Poi, quando il gioco della politica si fa duro, scompaiono anche le onorevoli, per ricomparire in qualità di amanti o cheerleader dei maschi-alfa. C’è una crisi, quella politica, dentro la crisi più grande, quella economica. Ma il punto di vista delle signore del governo e dell’opposizione interessa poco o niente. Apprendiamo che la prostituzione è la via maestra alla partecipazione, e che il corpo è “legittimamente” usabile per fare carriera anche a Montecitorio: autorizzazione dell’on. Giorgio Stracquadanio. Le signore sono interpellate solo su questi temi edificanti. Su tutto il resto, desaparecide.
Può essere, dicevamo, che una non abbia neanche il tempo e la voglia di indignarsi. Come Lucia Castellano, straordinaria direttrice del carcere di Bollate (vedi il suo “Diritti e castighi”, Il Saggiatore), professionista talmente capace che prima di evadere un detenuto gli ha scritto un biglietto, scusandosi perché la metteva nei guai.
“In effetti” ammette “non ho fatto gran caso a questo silenzio. Se le politiche parlassero, del resto, non sono certa che direbbero cose diverse dai loro colleghi maschi. Salvo eccezioni, sono perfettamente omologate: le logiche, i termini, i giochi di potere sono gli stessi. E’ in altri campi che le donne si esprimono pienamente. Se in politica sono poche e mute è anche perché il desiderio di essere lì è molto flebile”.
Un silenzio che non preoccupa neanche Michela Murgia, premio Campiello per il bellissimo “Accabadora”, a novembre di nuovo in libreria per Einaudi con il saggio “Ave Mary” sul ruolo della Chiesa nella costruzione dell’immagine femminile: “Le donne nel governo ci sono, e non mancano all’opposizione” dice. “Ma non abbiamo garanzie del fatto che se parlassero sentiremmo qualcosa di sensato. Ed è proprio questo che mi manca, la sensatezza, la misura. Da chiunque provengano, donna o uomo. Il vocabolario della politica è sempre quello, e non conosce generi”.
Una lontananza, una presa di distanza da una politica ritenuta sempre più scadente e meno rappresentativa. Le cose che contano nella vita non capitano lì, perciò non vale la pena di aspettarsi più di tanto. Le prime pagine dei giornali, bollettini di guerra da saltarsi a pie’ pari. La società delle donne e la “politica” degli uomini: due mondi paralleli che non si incontrano mai.
“In tutte le civiltà premoderne i due sessi vivevano divisi” osserva la filosofa Luisa Muraro. “C’erano due società, quella femminile e quella maschile, che producevano un senso vivo della differenza. Con la modernità questa divisione sparisce e compare il soggetto neutro, tagliato sul modello degli uomini. Le donne perdono i loro ambiti e restano delle disadattate culturali, per quanto inconsapevoli di esserlo. Il silenzio di cui stiamo parlando dice l’enorme difficoltà di questo adattamento, più doloroso di qualunque discriminazione”.
Ma qual è il prezzo di questa estraneità difensiva? Quanto sta costando alle donne restare fuori e fare altro?
“E’ una specie di qualunquismo che di sicuro ci sta facendo male” dice la giornalista Ritanna Armeni, autrice di “Prime donne – Perché in politica non c’è spazio per il secondo sesso” (Ponte alle Grazie). “E come si vede, gli uomini approfittano a man bassa di questa distrazione. Cercano di ributtarti indietro, di riproporre vecchi stereotipi: le prostitute, le amanti, le rivali. Anche per il Pd quella che si chiamava “questione femminile” non c’è più: solo candidati maschi alle primarie, e non è un problema per nessuna. Da decenni non eravamo messe così male. Ma anche volendo” ammette “non c’è un solo appiglio per lasciarsi coinvolgere. Niente a cui aggrapparsi, in cui potersi riconoscere, a cui desiderare di appartenere”.
Anche Flavia Perina, che dirige Il Secolo d’Italia, quotidiano ex-Pdl, dice di non aver mai vissuto un momento simile: “Sono nata e cresciuta nel protagonismo politico femminile: questo è un mondo che non riconosco. Nel Pdl le donne non hanno ruolo: se il partito è il contorno del capo, loro fanno solo da contorno del contorno. A sinistra gli apparati sono terribilmente burocratizzati, e a nessuna è permesso di rompere le righe. Ma credo anche che siamo agli ultimi giorni di Pompei: la tensione si è fatta insostenibile. Chi per primo interpreterà questa domanda conquisterà il consenso delle donne”.
Lo sanno bene tutti gli addetti al marketing: il mercato delle donne è un’enorme opportunità, una tigre che attende di essere cavalcata. Ma la politica è troppo miope e mediocre per rendersene conto. Fiorella Kostoris, economista e presidente dell’associazione “Pari o dispare”, è certa che non si uscirà dal ristagno politico prima di aver sbloccato quello economico: “Come fai ad aspettarti donne politicamente meno remissive quando ci sono regioni del nostro paese in cui le ragazze hanno perfino smesso di cercare un lavoro? C’è una sola risposta da dare, ed è mettere al centro il merito. Se il sistema è meritocratico, le donne vanno avanti, e il paese insieme a loro. E’ la chiave per risolvere in un solo colpo i problemi della crescita e quelli femminili. I tempi non saranno brevi, ma sono ottimista: c’è ormai una nuova coscienza nelle imprese. E c’è un disegno di legge sulle quote che può dare un forte impulso”.
Ne è convinta anche Roberta Cocco, direttore Marketing Centrale di Microsoft, responsabile del progetto Futuro@lfemminile e mamma di tre bambini –le donne del mercato, come si vede, sono molto meno inibite delle politiche-: “Bisogna che ce lo ficchiamo in testa: il paese ha un enorme bisogno di noi, e il momento è adesso. Ci si deve liberare dalla trappola dell’automoderazione e sottrarsi all’influenza di certe rappresentazioni miserabili. Non c’è niente di cui avere paura: dobbiamo solo dettare le nostre condizioni per poterci essere a modo nostro. Per esempio ricorrendo ampiamente alle nuove tecnologie, che permettono di tenere insieme tutti i piani della vita. E cominciare a usare la parola potere, senza esorcismi e ipocrisie”.
Sul potere e su come gestirlo da donne il dibattito si avvita da qualche decennio. Ma forse anche qui vale più la pratica che la grammatica. Una comincia, a modo suo, e poi si volta indietro e vede come ha fatto.
pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 25 settembre 2010