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bambini, diritti, Politica, Senza categoria Agosto 31, 2014

La giustizia è lenta. Ma sui diritti corre più della politica

Giusto, una riforma della giustizia. Con l’alto costo dell’energia e l’orrore della burocrazia, le lungaggini giudiziarie sono uno tra i principali disincentivi agli investimenti nel nostro Paese.

Ma se  la lentezza dei tribunali ci blocca, sul fronte dei diritti civili le aule di giustizia oggi fanno da locomotiva: fecondazione eterologa, trascrizione – in alcuni comuni- dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero. E ora stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio del partner, anche per le coppie omosessuali: in una coppia in cui uno dei due abbia un figlio naturale, l’altro può adottarlo, diventandone genitore a tutti gli effetti. Il Tribunale per i Minorenni di Roma ha riconosciuto questo diritto a una coppia di donne: la compagna della madre biologica di una bimba di 5 anni, che vive insieme a entrambe, potrà adottarla e diventare a sua volta genitore della piccola.

Il Tribunale ha sentenziato sulla base dell’articolo 44 della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, n. 184, modificata dalla legge 149 del 2001, che prevede l’adozione in casi particolari nel superiore interesse del minore a mantenere anche formalmente con il genitore “sociale” il rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo. L’eventuale separazione delle due donne, quindi, o la scomparsa della madre biologica, non pregiudirebbe il rapporto tra la bambina e la madre adottiva, garantendo la potestà genitoriale e la continuità affettiva.

Mentre i Tribunali corrono, Governo e Parlamento sembrano aver messo nel cassetto il tema dei diritti, dalle coppie di fatto alla legge 194 al testamento biologico, fino alla frenata sull’eterologa. Riforme che non avrebbero necessità di investimenti, o quanto meno non prioritariamente, ma non vengono mai calendarizzate. I Tribunali -compresi quelli europei- suppliscono con le loro sentenze, venendo incontro a bisogni reali che la politica sembra non voler considerare.

Ma la strada non può essere questa: quella di una giustizia che in materia di diritti va più veloce della politica, procedendo a colpi di sentenze. Questo non è il mestiere dei tribunali. Questo sarebbe il mestiere del Parlamento e del governo.

Corrispettivamente, la latitanza del legislatore e del governo sui diritti rende imperfetto quel cammino di rinnovamento del Paese che il nostro giovane premier intende rappresentare.

Senza categoria Maggio 29, 2014

Post-Maalox: Grillo va a destra. La “rete” lo sa?

Beppe Grillo con Nigel Farage, leader di Ukip, partito anitieuropeo e nazionalista britannico

Il Maalox ha fatto effetto subito, e anziché intraprendere un’efficace autocritica, come richiesto in rete da molti attivisti del M5S, o addirittura dimettersi –tanti stanno chiedendo anche questo- due giorni dopo la mazzata elettorale Grillo ha preso un aereo per incontrare Nigel Farage, leader di Ukip, fortissimo Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, e per ipotizzare future alleanze.

L’incontro è andato benone, Farage ha detto: “Se funziona, sarebbe magnifico vedere ingrossare le file dei cittadini al nostro fianco. Se riusciamo a trovare un accordo, potremmo divertirci a causare un sacco di guai a Bruxelles“. Beppe Grillo ha ribadito: “Siamo ribelli con una causa e combatteremo con il sorriso“. L’ipotesi è quella di un gruppo unitario al Parlamento Europeo.

Normalmente un leader, prima di intraprendere iniziative di questo rilievo politico, consulta gli organismi direttivi del suo partito. Nel M5S, che si dichiara un non-partito, direttivi non ce n’è: ci sono Grillo e Casaleggio, ci sono gli eletti (parlamentari, sindaci etc.) e poi c’è “la rete”.

Se la decisione non è maturata tra gli eletti (che su Farage sono spaccati), né con una consultazione in rete, è verosimile che Grillo e Casaleggio abbiano deciso tutto quanto da soli. E non è precisamente rassicurante che il consenso di più di 5 milioni di elettori costituisca un patrimonio esclusivo di due, che possono investirlo e disinvestirlo su chiunque o su qualunque cosa ritengano, scegliendo in assoluta libertà modi, tempi e contenuti delle intese.

L’Ukip di Farage nasce da una costola del Partito Conservatore. E’ una formazione antieuropea, nazionalista, xenofoba e di destra. Magari non tanto di destra quanto il Front National di Marine Le Pen –con cui né Farage né Grillo intendono allearsi- ma l’area è quella: destra liberale.

Quindi in Europa il M5S, che ha sempre rifiutato accordi politici a livello nazionale, intende dialogare con la destra. Decisione non da poco, assunta autocraticamente, senza consultare nessuno. Dobbiamo forse aspettarci che il M5S finisca per scindersi tra un’ala destra e un’ala sinistra?

P.S. Una domanda-corollario che riguarda la lista Tsipras: creando non pochi malumori tra i militanti, Barbara Spinelli, tra i fondatori della lista e neo-eletta al Parlamento Europeo (avrebbe dovuto dimettersi per lasciare posto al primo dei non eletti, ma per ora non lo ha fatto) ha più volte ribadito la sua intenzione di dialogare con i 5 Stelle. Anche con questi 5 Stelle, amici di Farage?

 

Senza categoria Aprile 8, 2014

Matteo, ricorda la violenza sulle donne: nuove Linee Guida per l’intervento

D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza (associazione che riunisce i maggiori centri antiviolenza italiani) scrive al Presidente del Consiglio Matteo Renzi per ricordargli che la violenza maschile contro le donne è una priorità, sollecitando la nomina di “una ministra per le Pari Opportunità” con compiti di coordinamento di “tutti gli interventi e le strategie necessarie” per elaborare, associazioni e istituzioni insieme, un nuovo Piano Nazionale Antiviolenza.

E auspica che siano resi al più presto disponibili i 17 milioni stanziati dal decreto sul femminicidio per finanziare l’attività dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio per il biennio 2013/14  (per sottoscrivere la lettera- appello, scrivere a direcontrolaviolenza@women.it).

Nel frattempo D.i.Re insieme ad Anci, l‘Associazione dei Comuni italiani, ha presentato stamattina a Milano le “Linee Guida per l’intervento e la costruzione di rete tra i servizi sociali dei Comuni e i Centri antiviolenza”. Per dirla semplicemente, i Centri antiviolenza mettono a disposizione tutta la loro esperienza e la loro competenza, maturata in decenni di pratica reale con le donne, quando la questione della violenza maschile era una faccenda per poche addette e niente affatto “di moda”, per un’azione sinergica, “linguisticamente” coerente e perciò più efficace in rete con le istituzioni che agiscono sui territori. Un importante passo avanti per una strategia comune, mentre i numeri sono sempre più allarmanti: 134 casi di femminicidio nel 2013, dato in crescita rispetto agli anni precedenti (116 in media negli ultimi 9 anni). Non ci sono segnali di inevsrione di tendenza. Al momento il decreto sul femminicidio non sta dando risultati.

Le Linee Guida le trovate sul sito di D.i.Re e in quello di Anci

Qui, in soggettiva (parlare di violenza sulle donne mi costa sempre un’enorme fatica) alcune cose che non vanno dimenticate, e altre che vanno imparate:

una donna su 3 nel mondo ha subito qualche forma di violenza da parte degli uomini, e oltre il 90 per cento dei casi di violenza resta sommerso

• dal 22 al 35 per cento delle donne che si rivolgono ai pronti soccorsi per una qualsiasi ragione sono vittime di violenza

• solo il 26 per cento degli italiani considera un reato la violenza fisica, solo il 25 per cento considera un reato la violenza sessuale (Istat)

le donne più a rischio di violenza sono separate, divorziate, laureate (46 per cento), dirigenti, imprenditrici e libere professioniste (51 per cento),   colpevoli di manifestare il loro desiderio di emancipazione e di libertà

• nel 70 per cento dei casi di femminicidio del 2013 sia le vittime sia gli assassini erano italiani

non è possibile individuare un “tipo” del maltrattatore in base a criteri di età, condizioni socioeconomiche, scolarità, razza o religione, così come non esiste una tipologia della maltrattata

• la violenza del partner può manifestarsi o inasprirsi durante la gravidanza della donna: in Italia l’11.2 per cento delle donne incinte ha subito violenza

• nel momento in cui la donna decide di ribellarsi e cerca di uscire dalla trappola, la violenza aumenta di intensità: questo è un passaggio molto delicato e rischioso

• sono molti gli ostacoli alla richiesta di aiuto da parte di una donna abusata: le proprie paure, i problemi oggettivi (come le difficoltà economiche e abitative), la mancanza di una rete integrata di servizi che garantisca una protezione tempestiva, l’approccio difettoso di operatrici e operatori che in molti casi non smettono di leggere le violenze come un fatto privato

non c’è un percorso standard di uscita dalla violenza: il percorso può essere solo soggettivo, deve basarsi sull’ascolto non giudicante della donna violata e va fatto insieme a lei

• è molto importante la valutazione dei rischio di violenza: il metodo S.A.R.A (Spousal Assault Risk Assessment) si conferma una procedura utilissima

la mediazione è uno strumento da escludere nei casi di violenza: qui non si tratta, infatti, di un conflitto tra pari. Tra chi violenta e la sua vittima non c’è simmetria, e la mediazione può essere pericolosa. Violenza e conflitto non vanno confusi

• violenza contro le donne e violenza assistita (dai figli) vanno affrontate in modo integrato

le operatrici, sia volontarie sia retribuite, devono avere una formazione specifica sulla violenza. Chi si improvvisa -magari per intercettare fondi- fa gravi danni

• i servizi sociali territoriali possono avere una grande parte come catalizzatori del cambiamento sociale e culturale

• si tratta di pensare alla violenza come a un’esperienza transitoria, legata a un particolare periodo di vulnerabilità, e non come a uno stigma permanente

• c’è molto da fare sul fronte scuola, da dove si deve partire per un lavoro di prevenzione

• c’è moltissimo da fare anche per formare gli operatori: forze dell’ordine che rimandano a casa la donna che denuncia o la invitano ad allontanarsi -anziché allontanare l’abusante-, assistenti sociali che tentano la mediazione “perché ci sono dei figli”, giudici che archiviano più di metà delle denunce

è urgente un orizzonte di senso e di azione a livello nazionale: è questo il senso della lettera-appello a Matteo Renzi

 

 

 

 

lavoro, Politica, Senza categoria Marzo 26, 2014

No del M5S alla legge anti-dimissioni in bianco. Nessuno capisce perché

La principale preoccupazione del M5S -lo chiedo, perché non lo capisco- è fare buone leggi a favore delle cittadine e dei cittadini, migliorando la loro vita? o invece contrapporsi per principio a ogni proposta venga dal centrosinistra, inteso come il principale competitor politico? e specialmente ora, in vista delle elezioni europee?

Perché solo in questa seconda ipotesi si riesce a comprendere il voto contrario del M5S alla proposta di legge contro le dimissioni in bianco passata -per fortuna- ieri alla Camera: 300 sì (Pd, FI e Sel), 101 no (Ncd, M5S e Scelta Civica) e 21 astenuti (Lega).

Secondo gli ultimi dati disponibili, solo tra il 2009 e il 2010 37 mila donne sono state costrette a lasciare il loro posto di lavoro per aver deciso di diventare madri. Ma il problema riguarda anche gli uomini in caso di infortuni o malattia o più semplicemente per attività sindacale.

Il datore di lavoro costringe ricattatoriamente le-i dipendenti a firmare una lettera di dimissioni in bianco al momento dell’assunzione, da utilizzarsi al momento opportuno. Il fenomeno rappresenta oltre il 10 per cento di tutte le controversie di lavoro dei patronati Acli e il 5 per cento di quelle degli uffici vertenze della CISL.

Nel 2007 la legge 188 aveva imposto che le dimissioni fossero presentate su moduli identificati da codici numerici progressivi e validi non oltre quindici giorni dalla data emissione, per evitare la data « in bianco ». La legge fu abrogata pochi mesi dopo dal governo Berlusconi. Nel 2012 l’appello «188 donne per la legge 188» (fra cui io) riaccendeva l’attenzione sulla pratica delle dimissioni in bianco, con successivo intervento della ministra Fornero che introduceva un meccanismo complicatissimo e, come si è visto, insoddisfacente e sostanzialmente inefficace.

Secondo la proposta approvata ieri alla Camera (ora dovrà passare al Senato) la lettera di dimissioni volontarie deve essere sottoscritta dal lavoratore, pena la nullità, su appositi moduli disponibili presso le direzioni territoriali del lavoro, gli uffici comunali e i centri per l’impiego. Sarà possibile scaricare i moduli -sempre numerati e identificabili, dal sito web del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, o reperirli presso le sedi dei sindacati.

La nuova normativa si riferisce a qualsiasi contratto: dai rapporti di lavoro subordinato a quelli di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, ai contratti di collaborazione di natura occasionale, alle associazioni in partecipazione, ed al contratto di lavoro instaurato dalle cooperative con i propri soci.

Non è escluso che si potesse fare di meglio, ma la proposta di legge -che potete leggere in coda al post- costituisce certamente un passo avanti.

Speciose, a mio parere, e incomprensibili anche agli iscritti e agli elettori le obiezioni del M5S, che ha parlato di “un’altra bugia di Renzi” e, come dicevamo, ha votato contro.

Potrebbe trattarsi dell’ennesimo autogoal.

 

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

1. Fatto salvo quanto stabilito dall’articolo

2118 del codice civile, la lettera di

dimissioni volontarie, volta a dichiarare

l’intenzione di recedere dal contratto di

lavoro, è presentata dalla lavoratrice, dal

lavoratore, nonché dal prestatore d’opera

e dalla prestatrice d’opera, pena la sua

nullità, su appositi moduli predisposti e

resi disponibili gratuitamente, oltre che

con le modalità di cui al comma 5, dalle

direzioni provinciali del lavoro e dagli

uffici comunali, nonché dai centri per

l’impiego.

2. Per contratto di lavoro, ai fini del

comma 1, si intendono tutti i contratti

inerenti ai rapporti di lavoro subordinato

di cui all’articolo 2094 del codice civile,

indipendentemente dalle caratteristiche e

dalla durata, nonché i contratti di collaborazione

coordinata e continuativa,

anche a progetto, i contratti di collaborazione

di natura occasionale, i contratti

di associazione in partecipazione di cui

all’articolo 2549 del codice civile per cui

l’associato fornisca prestazioni lavorative

e in cui i redditi derivanti dalla partecipazione

agli utili siano qualificati come

redditi di lavoro autonomo, nonché i

contratti di lavoro instaurati dalle cooperative

con i propri soci.

3. I moduli di cui al comma 1, realizzati

secondo direttive definite con decreto

del Ministro del lavoro e delle

politiche sociali, di concerto con il Ministro

per la pubblica amministrazione e

la semplificazione, da emanare entro tre

mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, riportano un codice alfanumerico

progressivo di identificazione,

la data di emissione, nonché spazi, da

compilare a cura del firmatario, destinati

all’identificazione della lavoratrice o del

lavoratore, ovvero del prestatore d’opera

Atti Parlamentari — 5 — Camera dei Deputati — 254

XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI

o della prestatrice d’opera, del datore di

lavoro, della tipologia di contratto da cui

si intende recedere, della data della sua

stipulazione e di ogni altro elemento

utile. I moduli hanno validità di quindici

giorni dalla data di emissione.

4. Con il decreto di cui al comma 3

sono altresì definite le modalità per evitare

eventuali contraffazioni o falsificazioni.

5. I moduli di cui al presente articolo

sono resi disponibili anche attraverso il

sito internet del Ministero del lavoro e

delle politiche sociali, secondo modalità

definite con il decreto di cui al comma 3,

che garantiscano al contempo la certezza

dell’identità del richiedente, la riservatezza

dei dati personali nonché l’individuazione

della data di rilascio, ai fini della verifica

del rispetto del termine di validità di cui

al secondo periodo del comma 3.

6. Con apposite convenzioni a titolo

gratuito stipulate nelle forme definite con

decreto del Ministro del lavoro e delle

politiche sociali, da emanare entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, sono disciplinate le modalità

attraverso le quali è reso possibile alla

lavoratrice, al lavoratore, nonché al prestatore

d’opera e alla prestatrice d’opera,

acquisire gratuitamente i moduli di cui al

presente articolo, anche tramite le organizzazioni

sindacali dei lavoratori e i patronati.

7. Il comma 4 dell’articolo 55 del testo

unico di cui al decreto legislativo 26 marzo

2001, n. 151, e successive modificazioni, e

i commi da 17 a 23 dell’articolo 4 della

legge 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati.

8. All’attuazione della presente legge si

provvede nell’ambito delle risorse finanziarie

già previste a legislazione vigente e

comunque senza nuovi o maggiori oneri

per il bilancio dello Stato.

 

 

Senza categoria Marzo 21, 2014

Donne politiche: un passo avanti, d’autorità. Appuntamento a Roma

Le donne che amano la politica, e che quando riescono -se riescono- a entrare nelle istituzioni si ritrovano a farla con senso di inutilità, insoddisfazione, frustrazione, senza riuscire a portarci il loro meglio, indebolite perché costrette a una lingua e a un simbolico che non sono i loro, che non parlano della propria esperienza delle cose, delle relazioni e del mondo, dovrebbero porre attenzione al pensiero di alcune che lavorano per offrire strumenti e linguaggi che le rafforzino nel loro difficile percorso. Perché non basta più -ammesso che sia mai bastato- ragionare su “quante”, si tratta di fare un deciso passo avanti sul “come”.

Un’ottima occasione che segnalo a tutte -in particolare alle “politiche”, ma non solo, e anche a quegli uomini che condividano il desiderio di cambiamento- è l’incontro “Invito al passo avanti, d’autorità” organizzato a Roma il prossimo 29-30 marzo (Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19) dalla Rete delle Città Vicine, dall’Associazione “Autorità Femminile nella Politica” e da MAG Servizi Verona.

Si discuterà a partire dal libro di Annarosa Buttarelli Sovrane. L’autorità femminile al governo (saggio di cui abbiamo scritto diffusamente quicon la speranza” si scrive nell’invito “che la discussione comune dia forza, idee e pratiche alle donne che hanno passione per la politica e agli uomini che non ne possono più di essere ricacciati ogni giorno indietro da altri uomini affamati di potere, di soldi, di corruzione. Forse si è ripresentato il momento, il kairos, che offre la possibilità di una ripresa del “movimento delle amministratrici” che ci sorprese negli anni ’90 e la cui storia è narrata in Sovrane. Vogliamo provare a vedere se ci sono le condizioni, i desideri e la forza necessari per riprendere il cammino con un inedito passo avanti. Le pratiche politiche dei movimenti attuali, i fermenti, le creazioni sociali e politiche, i nuovi immaginari del cambiamento, i desideri costituenti, le indignazioni, le occupazioni, le imprese sociali… sono tutte buone pratiche che molte di noi, insieme a compagni di strada, stanno seguendo e realizzando.. Desideriamo intrecciare tutte queste esperienze e orientarle saldamente nella politica delle donne, la radicale politica della differenza sessuale che propone l’autorità femminile come pratica di governo senza la necessità di avere potere, ma non respingendo il desiderio di donne di mostrarne un uso del tutto contingente e impersonale”

Il Convegno inizia sabato 29 marzo alle ore 19.30 con un aperitivo-cena e prosegue domenica 30 dalle ore 9.30 alle 17.30. La partecipazione al Convegno prevede un contributo di 10 € per la cena e di 5 € per le spese di affitto-sala.

Per altre info: Anna Di Salvo lacittafelice@libero.it, 3332083308; Mirella Clausi mirellacla@gmail.com, 3284850943.


Senza categoria Dicembre 14, 2013

Lasciatemi essere contro l’aborto

manifestanti contro la risoluzione Estrela al Parlamento europeo

Una delle cose più dolorose di questo backlash sui diritti è che io, profondamente credente -e mi scoccia anche doverlo dire- oltre a beccarmi della nazifemminista (quello è il meno, in fondo è solo Sallusti) mi ritrovo nuovamente costretta a battagliare per la 194, schiacciata in difensiva. A difendere quel poco che resta del diritto non “di abortire”, ma di non morire “di appendicite”, come si diceva fino a non molto tempo fa, quando le donne crepavano di decotti velenosi, perforazioni e infezioni. Se andiamo avanti così fra un po’ ci risiamo, con lo spaccio di farmaci antiulcera al posto del prezzemolo.

Quando ci si deve difendere si è costretti a rinunciare alle sfumature, alle ombre, alla complessità, all’umanità, alla pietà. Devi metterti il giubbotto antiproiettile e via andare. Ma quando leggi email di ragazze che fanno la fila di notte per riuscire a conquistare (sai la conquista) un letto d’ospedale o di altre che vengono ammucchiate come bestiame nei sotterranei in attesa di un Karman, devi prendere e andare, riservando il lusso delle analisi al dopo. E questo è un male assoluto.

Vorrei poter essere contro l’aborto, scegliere la strada della compassione profonda, poter offrire un’alternativa a ogni donna che -spesso per l’irresponsabilità maschile, per essere stata abbandonata, per non avere un lavoro, per non poter disporre di alcun aiuto- si ritrova a fare quell’esperienza brutale che ti ghiaccia dentro. Ma quando ti puntano un fucile alla nuca puoi solo combattere, e in guerra non si va mai troppo per il sottile.

Vorrei poter essere festosamente pro-life perché lo sono, perché amo la vita in tutte le sue manifestazioni.

Mi ha profondamente commosso apprendere da Papa Francesco che Dio è così grande da accogliere anche le donne che hanno abortito, ben diverso da quel Dio che giudica senza appello, si pone alla testa crociate, ne fa una questione di diritti -quelli dell’embrione- contro diritti -quelli della donna-, quando si tratta invece di un tutt’uno indistinguibile e bisognoso.

La lotta serve anche per questo: perché a me e tante come me sia restituita la possibilità di non essere schiacciate nella definizione surreale di “abortista”, perché di donne “abortiste” non ne esistono in natura, il conto lo paghiamo tutto noi ed è sempre salato. Perché ci sia ridata la possibilità di rimettere le cose sulle loro gambe e di parlare di maternità, non di aborto. Soprattutto, perché ci sia restituita la possibilità di non abortire più, e come si fa l’ho detto chiaramente qui, e ogni pro-life degno di questo nome dovrebbe adottare questa agenda, altro che bocciare la risoluzione Estrela.

Chiedo anche agli uomini più pudore, più cautela, e soprattutto meno opportunismo quando parlano di aborto, perché nella migliore delle ipotesi non ci capiscono nulla, e nella peggiore ne fanno merce di scambio ideologico, come di tutto ciò che ha a che fare con il corpo femminile.

Detto questo, mi infilo la mimetica e vado. Se si deve fare, si fa.

Senza categoria Dicembre 3, 2013

Schiavi cinesi. E coccodrilli

Nello scantinato del palazzo contiguo al mio qualche anno fa c’era un laboratorio di cinesi. Facevano borse, credo, non so per quale griffe. Le macchine da cucire vibravano giorno e notte, 24 ore su 24. Verosimilmente molti dormivano lì, in “cucce” ricavate negli angoli dello scantinato, materassi sporchi ammucchiati come nel capannone di Prato distrutto dall’incendio. C’era un viavai di bambini, anche piccolissimi, ancora nei passeggini, che passavano molte ore del giorno e forse anche della notte in quello spazio malsano, seminterrato, buio, sporco, rumoroso, affollato, probabilmente fetido di colle tossiche.

Per il padrone di casa non era un problema: “Finché pagano…”. Per pagare pagavano. Anche molto, forse, in modo da garantirsi che si chiudesse un occhio su quello che capitava lì, dal lavoro in nero con paghe da fame ai bambini messi a dormire tra le macchine da cucire.

Sono andata dal sindacato di zona, Cgil. Ho raccontato quello che capitava. Il funzionario mi ha ascoltato con pazienza, anche con aria un po’ beffarda, e poi mi ha detto: “Si metta una mano sulla coscienza…”. Il fatto è che io una mano sulla coscienza me l’ero messa. Ero lì esattamente per quello.

Quindi non posso sopportare le lacrime di coccodrillo di chi piagnucola sulla strage dei cinesi a Prato e sull'”insostenibile sfruttamento”, come lo ha definito il presidente Napolitano. I palazzi dove abitiamo sono pieni di questi laboratori, cisti di schiavitù. Il viavai lo vediamo e non diciamo nulla. I sindacati fanno poco e niente. Le forze dell’ordine tollerano. Casomai una congrua mazzetta aiuta: circola parecchio cash nei giri cinesi. Ci compriamo quei vestiti a pochi euro. E anche quelli delle griffe -a molti euro- confezionati da questo lumpenproletariat a cui manca solo la catena al piede.

Ci sono anche le schiave del sesso, detenute nei centri massaggi a ogni angolo delle nostre città, nell’indifferenza generale. La Lega non si affanni per l’abolizione della legge Merlin e il ritorno alle case chiuse, come sta facendo: ci sono già, e dappertutto. Ne ho parlato tante volte, ho interpellato direttamente le assessore della nostra giunta, ma non è successo nulla.

Forse dovremo aspettare che uno di questi bordelli prenda fuoco, che le ragazze arrostiscano lì dentro. E allora cominceremo a piagnucolare.

Politica, Senza categoria, tv Novembre 30, 2013

Sorpresa Civati: voglia di sinistra (alla De Blasio)

Primo Pippo Civati in tutti i sondaggi (Corriere, La Repubblica, La Stampa, il Messaggero etc.) realizzati in diretta durante il confronto di Sky Tg24 tra i candidati alla segreteria Pd. Potete rivedervi tutto qui. Professorale Gianni Cuperlo (pesa soprattutto lo scarso entusiasmo,  mi pare, un “si deve fare” che non aiuta), sottotono Matteo Renzi (anche i fenomeni accusano stanchezza), carico Civati che, patito un metodico oscuramento, attendeva da mesi un’occasione ad alta visibilità per raccontare il suo Pd e la sua idea di Paese (dettagliati peraltro in 70 sostanziose pagine di un programma che perfino Massimo D’Alema ha giudicato il più innovativo).

Non è un caso che nel suo Pantheon, insieme alla ex-sindaca eroina di Monasterace Maria Carmela Lanzetta che Civati vorrebbe in direzione nazionale, il candidato “terzo” abbia indicato Bill “Giant” De Blasio, nuovo sindaco di New York, simbolo di una sinistra che vince restando a sinistra, con posizioni chiare e nette ispirate a una maggiore giustizia sociale, alla battaglia sui diritti, alla salvaguardia delle differenze. Una sinistra resettata, in cui accanto al tema decisivo del lavoro c’è posto anche per i diritti degli animali, con l’ambiente al centro.

Oggi sui quotidiani e ovunque nel web trovate ampli resoconti del confronto di ieri, pagelle, pagelline e molti “the best of”: ce n’è per tutti i gusti. Queste poche righe solo per ribadire che non è affatto detto che la sinistra vinca solo se va a destra, anzi -in verità il Pd ha perso pezzi su questa strada fino al “tradimento” delle larghe intese- e il vecchio Bill sta lì a dimostrarlo. Che si tratta casomai di reincardinare la sinistra su nuovi assi -ambiente, sviluppo compatibile, convivenza delle differenze, femminilizzazione, rete- per delineare un nuovo paradigma. E se non lo fa la “sinistra” o chiamiamola come vogliamo, chi lo fa? Insomma, se si vuole indicare un trend, è questo.

Ieri alla splendida XFactor Arena tra i venti-trenta-quarantenni della squadra di Civati, galvanizzati dall’ottima performance, molti compagni di strada renziani un po’ delusi, che ammettevano: “Speriamo Pippo arrivi secondo”. I sondaggi mediatici non hanno base di scientificità -anche se quelli cosiddetti scientifici prendono spesso enormi tranvate: chi si dimentica, tanto per dire, Letizia Moratti data fino all’ultimo 7 punti sopra Giuliano Pisapia?-. Un conto è votare online dalla poltrona e gratis, un altro essere così motivati da infilarsi il cappotto, raggiungere il seggio, versare 2 euro e mezzo e votare (metodi pleistocenici, ma tant’è…). L’affluenza alle primarie è la vera incognita, soprattutto per Renzi e per Civati. In particolare per quest’ultimo, ieri sera epic-winner a sorpresa, che nei prossimi sette giorni dovrà riuscire a tradurre questa ampia adesione ideale nella sostanza di un sostegno alle urne. Ma questo è anche tempo di eventi miracolosi.

Intanto in bocca al lupo a tutti. Il confronto tv di ieri sera -con qualche colpo, ma nessuno basso- alimenta la fiducia.

Tutti uomini, già. Peccato. L’unico a notarlo è stato Civati.

 

Donne e Uomini, Politica, Senza categoria Ottobre 26, 2013

#Primarie Pd: i 4 candidati e le donne

Gianni Cuperlo, Matteo Renzi, Gianni Pittella e Pippo Civati,
i quattro candidati alla segreteria del Pd

 

Se a qualcuno ancora servisse una prova del fatto che le donne, anche elettoralmente e politicamente, fanno la differenza, basterà ricordare il caso di Barack Obama: il voto femminile è stato decisivo per la sua rielezione. E potrebbe essere dirimente anche alle prossime primarie per la scelta del nuovo segretario del Partito Democratico.

Con alcune amiche che amano la politica abbiamo esaminato le mozioni in cui i 4 candidati esprimono le loro «linee politico-programmatiche» -ovvero le idee sul partito, sul Paese e la visione del futuro- mettendo a confronto i passaggi sui temi attinenti alla cittadinanza femminile.

Ecco brani “dedicati” nelle varie mozioni, che presentiamo ordine di sorteggio:

 

GIANNI CUPERLO
L’«uguaglianza e la libertà delle donne» sono la «condizione di contrasto a ogni differenza e discriminazione».

«Porteremo questi documenti nei circoli, li confronteremo con movimenti e comitati, con le associazioni della legalità e del civismo, coi mondi del lavoro, le forze economiche, sociali, professionali. E innanzitutto con i giovani e le donne».

«(…) la legge di Stabilità può essere migliorata non solo nella struttura ma anche nella dimensione. (…) Concentrarsi sul rilancio della domanda interna, aiutando i redditi più bassi (anche con un’azione mirata e selettiva della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro per i giovani e le donne».

«Occorre un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile finanziato in modo consistente, concentrando le risorse che nei prossimi anni si recupereranno dalla riduzione della spesa degli interessi sul debito pubblico, dal contrasto all’evasione fiscale e dai maggiori margini d’azione contrattati a livello europeo».

«Il sostegno alle responsabilità familiari è un’urgenza nel nostro Paese, dove ancora oggi quasi tutto il peso è caricato sulle spalle delle donne. Cruciali sono le politiche di condivisione e di sostegno al lavoro di cura attraverso i servizi sociali, nidi, i congedi parentali».

«L’obiettivo è diminuire la tassazione sul lavoro e sulle imprese (…) per favorire l’occupazione partendo dalle situazioni più deboli nel mercato del lavoro: i giovani, le donne, gli over 50 e i disoccupati di lungo periodo».

«Abbiamo giovani, studenti, ricercatori, e tra questi moltissime donne, che non temono confronti, eccellenze nei campi della creatività, della network science, in tanti settori della produzione innovativa».

«Le tragedie dell’Europa del ‘900 insegnano che non dobbiamo dimenticare che la “banalità del male” cova sotto le ceneri. Ma c’è una premessa. Perché alla fine forse tutto di lì ha inizio: il rispetto dei diritti umani delle donne, l’inviolabilità del loro corpo come antidoto alla legge dei più forti. Anche il nostro presente è segnato da quell’antico conflitto che ora mostra forme e volti inediti, il conflitto per il potere, il dominio sull’autonomia, sulla libertà delle donne. Una vera e propria strage delle innocenti che trascina i destini dei minori e dei bambini. L’uguaglianza e la libertà delle donne come condizione di contrasto a ogni differenza e discriminazione. Anche per questo è indispensabile riprendere il filo dei diritti umani per scrivere la stagione della “rivoluzione globale della dignità”.

«Sì a una legge organica contro il femminicidio, sì a una legge saggia sulla fine vita, sì ai diritti e doveri per coppie di fatto omosessuali, sì al miglioramento della legge contro l’omofobia, sì alla piena applicazione della 194, sì a un nuovo testo per la fecondazione assistita, sì alla cittadinanza, si a estensione di tutele per le donne in maternità. Sì a una battaglia contro ogni discriminazione».

«Dirigere il PD, a ogni livello, deve tornare ad appassionare. (…) È la condizione per ritrovare quella condivisione di sentimenti, valori, destino con tante e tanti che dalla politica oggi si sentono delusi. (…) Anche perché molto di buono è fuori da noi. E dobbiamo cercarlo nei comitati di quartiere, nelle associazioni e nei movimenti di base, nel lavoro volontario di milioni di persone, riannodando così i fili della sinistra diffusa, del pensiero critico e delle donne, della radicalità cattolica».

L’impostazione di Cuperlo è molto tradizionale. I diritti delle donne vengono il più delle volte nominati, come quasi sempre nei programmi politici, in abbinamento a quelli dei giovani, degli anziani, dei disoccupati, degli omosessuali ecc. Intesi cioè, ancora una volta, come diritti di una “minoranza” da tutelare, benché le donne siano la maggioranza del Paese. Immancabile il riferimento agli asili nido: un classico delle promesse preelettorali disattese. Sentito e non retorico, tuttavia, il passaggio sulla violenza e sulla “strage delle innocenti”.

 

MATTEO RENZI
«Abbiamo respinto ai seggi persone, uomini e donne che, armati della propria passione, erano usciti di casa per esprimere un voto, una scelta per noi».

«Negli ultimi mesi si sono fatti essenziali passi avanti: il Parlamento ha approvato un fondamentale provvedimento di legge volto a contrastare le violenza contro le donne e si è avviato alla Camera il percorso che condurrà a una legge contro l’omofobia e la transfobia. Passi importanti, ma non sufficienti. Le norme penali non possono essere l’unico strumento per limitare questi fenomeni inaccettabili: ciò che dobbiamo costruire è l’educazione di tutti a un rapporto più gentile tra le persone».

«Per cambiare verso per la guida del PD, proponiamo Matteo Renzi, 38 anni, sindaco di Firenze dal 2009. Matteo è molto conosciuto per i suoi slogan, ma il suo slogan migliore è la concretezza delle cose realizzate da amministratore. (…) ha dimezzato il numero degli assessori della giunta, dove le donne sono in maggioranza rispetto agli uomini».

Questi gli scarni passaggi della mozione Renzi sulle donne. Il sindaco di Firenze non sembra propenso a considerare la differenza femminile, dà per scontata l’emancipazione e tiene a mostrare di averla praticata, non nomina  le problematiche che rendono difficoltosa la vita delle donne in questo Paese: dal lavoro, al welfare alla non applicazione della legge 194.

 

GIANNI PITTELLA
«Qui ed ora dobbiamo rigenerare il partito democratico, dargli un senso per dare un senso all’Italia (…) coinvolgendo le donne e gli uomini del nostro Paese per costruire un futuro che valga la pena di essere desiderato».

«Insieme dobbiamo affermare e difendere i diritti e la libertà di essere, nel rispetto di tutti; cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, mussulmani e laici, migranti e residenti, giovani e anziani, omosessuali ed eterosessuali, donne e uomini, studenti, imprenditori, liberi professionisti e dipendenti, volontari e lavoratori».

«L’uguaglianza di opportunità tra donne e uomini, la parità tra i generi, ha confermato, guardando ai paesi del Nord Europa, che l’integrazione tra le caratteristiche femminili e maschili consente di gestire in modo migliore i processi di governance e di sviluppo».

«Considerata la grave crisi che sta imperversando, forse, vale la pena infrangere alcuni muri (…) e avere la capacità di valorizzare identità e provenienza dei territori, integrare nel sistema produttivo donne e giovani, la produzione di beni e servizi sostenibili ambientalmente e socialmente (…)».

«Bisogna realizzare un’idea libera di società, capace di superare definitivamente la violenza e la sopraffazione verso le donne e verso le minoranze. In una società costituita da donne e uomini, l’azione politica non può prescindere dall’attribuzione di potere e responsabilità alle donne nel senso di promozione delle donne nei centri decisionali della società, della politica e dell’economia attraverso misure finalizzate ad eliminare e prevenire la discriminazione o a compensarne gli svantaggi, e che garantiscano il riequilibrio della rappresentanza di genere. Ma la sfida è nel progetto culturale perchè le politiche di genere per essere realmente efficaci necessitano, per loro stessa natura, di una cultura predisposta a recepirle. Lo spazio pubblico può e deve essere contendibile da ogni desiderio legittimo, da ogni aspirazione, da ogni volontà di determinarsi e di voler partecipare ad una vicenda collettiva che è il presente ed il futuro della nostra società».

«Sono tante le donne e tanti gli uomini capaci di fare la differenza nel nostro partito, vanno cercati e valorizzati».

La chiave è sostanzialmente la stessa utilizzata dell’altro Gianni (Cuperlo) ma qui slancio si fa più ardito: le donne sono messe nel mucchio di categorie le più eterogenee, “cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, mussulmani e laici, migranti e residenti, giovani e anziani, omosessuali ed eterosessuali, donne e uomini, studenti, imprenditori, liberi professionisti e dipendenti, volontari e lavoratori». D’altro canto, rispetto alla mozione Cuperlo, si nomina con maggiore chiarezza la necessità di attribuire alle donne ruoli di comando e responsabilità.

 

GIUSEPPE CIVATI detto PIPPO
“Nelle pagine che seguiranno, la novità è a sinistra, nel pluralismo, nel riconoscimento dei diritti, nell’apertura alla cittadinanza, nella voglia di cambiare insieme perché solo insieme, con un grande progetto, possiamo farlo, nella cultura della possibilità e dell’alternativa di governo, nel superamento di quella «questione maschile» che ancora dobbiamo affrontare per cambiare punto di vista, modi e parole, nella creatività e nella curiosità, nella conoscenza e nell’apertura di senso che sole ci possono davvero salvare».

«Non abbiamo saputo arginare la crescita della disuguaglianza e dare uno sbocco politico alla crescita del sapere diffuso, nei luoghi del lavoro e della vita. (…) Eppure bastava volgere lo sguardo un po’ più in là per vedere che appena fuori dai nostri logori schemi, mentre il corpo sociale si spezzettava, nuove modalità di azione politica testardamente rinascevano (…) Nel nostro Paese questi eventi hanno assunto proporzioni tali da non poter essere ignorati: dalle opposizioni a nuove centrali nucleari e piattaforme di estrazione petrolifera nel mare Adriatico, alle rivolte degli immigrati impiegati come schiavi nei campi di pomodori pugliesi o calabresi, dalle manifestazioni per «una repubblica delle donne» ai referendum sull’acqua pubblica».

«Noi crediamo che questa sia l’ora del riscatto. Un partito serve se si fa specchio della sua migliore società, se generosamente mette insieme le storie delle donne e degli uomini migliori, senza chiedersi a quale delle mille maledette correnti appartenga».

«La questione maschile
La formula ottocentesca “questione femminile” va radicalmente rovesciata. Esiste nel nostro Paese una tenace “questione maschile” che produce iniquità, ingiustizie e violenze e che rallenta lo sviluppo del Paese, che ne dimezza le potenzialità impedendo allo sguardo femminile di applicarsi alla globalità dei problemi e di prendere parte alla formazione delle decisioni pubbliche. Alle cittadine di questo Paese è consentito unicamente esercitarsi politicamente e in modo autodifensivo su tematiche ritenute “femminili” – dalla fecondazione assistita, all’aborto, alla violenza e al femminicidio –, questioni che invece hanno direttamente a che vedere con la sessualità e i modelli maschili.

La legge 40 sulla fecondazione assistita è certamente ingiusta e va cambiata, consentendo indagini pre-impianto sugli embrioni di coppie portatrici di malattie genetiche in conformità a quanto sancito dalla Carta Europea dei diritti dell’uomo. Ma l’ingiustizia va in gran parte ricondotta a una concezione maschile della donna come mero contenitore di embrioni, nonché merce di scambio ideologico. Vanno inoltre adottate tutte le misure necessarie alla prevenzione dell’infertilità maschile e femminile, in gran parte riconducibili alla ricerca tardiva dei figli a causa di un’organizzazione maschile del lavoro che punisce le madri con dimissioni in bianco, licenziamenti, interruzioni di carriera. Una diversa organizzazione, che tenga conto del pensiero delle donne sul lavoro, e un’autentica considerazione del valore sociale della genitorialità è il miglior presidio contro l’aumento dei casi di infertilità.

La non applicazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza e lo smantellamento dei consultori corrispondono a logiche di carriera ospedaliera, con aumento vertiginoso dell’obiezione di coscienza e alla salvaguardia degli interessi della sanità privata. Per il Pd è tempo di far sentire la propria voce su questi temi per migliorare la diffusione di informazioni sulle misure di contraccezione, anche attraverso corsi di educazione e informazione sessuale nelle scuole, finalizzate a una condivisione della responsabilità procreativa da parte degli uomini; di potenziare e modernizzare la proposta dei “vecchi” consultori familiari; di garantire l’applicazione su tutto il territorio nazionale della legge 194/1978, anche stabilendo una percentuale di personale non obiettore nelle unità ginecologiche degli ospedali pubblici.

Quanto alla violenza sulle donne e all’aumento dei casi di femminicidio, ciò costituisce la prova più evidente dell’esistenza di una “questione maschile” e della persistenza di una mentalità patriarcale che nella maggiore libertà delle donne non vede un’opportunità per tutti, ma solo un’insostenibile minaccia. La violenza non può essere affrontata solo con provvedimenti di ordine pubblico e di sicurezza. Il Pd deve porsi in ascolto della decennale esperienza dei centri e delle associazioni antiviolenza, destinando adeguate risorse a queste realtà, promuovendo interventi di sensibilizzazione nelle scuole e nelle Università, cambiando e certificando i libri di testo che continuano a tramandare modelli rigidi e fuori tempo, sulla base dei quali alunni e alunne formeranno le loro rispettive identità di genere e le loro relazioni; promuovendo una formazione delle forze dell’ordine e di tutto il personale addetto; destinando parte delle risorse all’accompagnamento e alla terapia degli stalker e dei sex offender per prevenire l’escalation delle violenze fino al femminicidio.

Nonostante numerosi studi evidenzino una correlazione positiva tra occupazione femminile e Pil, (Goldman Sachs stima che la parità porterebbe a un incremento del Pil del 22 per cento) è soprattutto alle donne che il mondo del lavoro fa pagare il prezzo della crisi, ostacolandone l’ingresso, relegandole nei settori meno qualificati, mantenendo il gap salariale, obbligandole alle dimissioni in bianco e a rinunciare al lavoro per motivi familiari, costringendole al ruolo di “welfare vivente” per sopperire alla cronica e crescente carenza di servizi, sottoutilizzando le più scolarizzate (il 56% dei laureati in Italia sono donne e l’Ocse calcola che nel 2020 saranno il 70%), resistendo fortemente alla femminilizzazione dei board: ecco un’altra faccia dell’irriducibile questione maschile nel nostro Paese, direttamente correlata alle sue molte arretratezze. Controprova: il trend positivo, nonostante la crisi, delle imprese create e gestite da donne, che rispondono in modo autonomo alla chiusura del mondo del lavoro pur trovandosi a dover superare numerosi ostacoli, come il più difficile accesso al credito nonostante le donne siano mediamente più solvibili degli uomini.

Il Pd deve assumere con decisione il tema del welfare, intendendolo come un servizio alle persone e alle famiglie e non alle donne; deve promuovere per tutti, donne e uomini, forme di dis-organizzazione del lavoro – dalla flessibilizzazione alle postazioni in remoto – che rendano più prossimi lavoro e vita; deve rimuovere gli ostacoli al credito per le donne, legati a superstizioni maschiliste, e introdurre una struttura della tassazione che incoraggi il ricorso al lavoro femminile; deve estendere i congedi obbligatori anche per i padri.

Più in generale, il Pd deve assumere e fare fronte alla crisi di quella soggettività maschile, attorno alla quale la società ha fin qui costruito il modello di sviluppo politico, sociale e culturale. E deve in ogni modo favorire la partecipazione delle donne alla vita pubblica, non pretendendo di inquadrarle nella rigidità delle strutture maschili, ma intendendole come portatrici di irriducibile differenza e promotrici di quel cambio di civiltà politica di cui la nostra democrazia affaticata ha estremo bisogno. Mai più senza le donne».

«Il combinato disposto è il “fai da te” del welfare fondato sul lavoro di cura delle donne, madri, compagne, figlie o nuore o delle badanti. Vanno finanziati i fondi politiche sociali e non autosufficienza e vanno garantiti i livelli essenziali di assistenza sociali».

Si tratta con ogni evidenza della mozione più ricca e innovativa, con un salto radicale dalla vecchia “questione femminile” a una “questione maschile” a cui è dedicata un’intera sezione, e alla quale viene ascritta la responsabilità di gran parte dei problemi delle donne di questo Paese -dal lavoro al welfare, dalla maternità alle dimissioni in bianco, dalla legge 194 alla fecondazione assistita, fino alla violenza e al femminicidio-, analizzati uno a uno. Si prospettano soluzioni originali. Si nominano la “crisi della soggettività maschile” e la “differenza femminile”: sensibilità e precisione evidentemente frutto di ascolto e attenzione continuativi.

Politica, Senza categoria Settembre 15, 2013

Essere Matteo Renzi (a Milano)

Lo dico anzitutto ai renziani: guarite! Non dovete chiamarvi con il nome di un altro, ma con la forza delle vostre idee”.

Lo dice Matteo Renzi, mica io, davanti alla folla entusiasta ed eccitata del fine Festa Pd di Milano, al Carroponte di Sesto san Giovanni, capannone sotto pioggia scrosciante d’inizio autunno, abbronzature che scoloriscono, signora a lato palco con canotta paillettata.

Introduce Francesco Laforgia (ok che le correnti non usano più: ma non era bersaniano?), conduce Beppe Severgnini. Renzi in classica camicia bianca, lievemente inquartato, mentalmente tonico. Parola chiave della serata -ripetuta più volte-: comunità.

Riscaldamento sportivo, Inter, Fiorentina etc. (qualche insofferenza tra le signore piddine: “… e alùra!”), quindi si comincia.

Ecco una cronaca.

 

ENTERTAINMENT

“Il fatto che io sia candidato alla segreteria del Pd dice come siamo messi male”.

“Se non ce la fa Renzi, il prossimo è il Mago Otelma”.

“Alzi la mano chi ha votato Grillo? E il Pdl? E la Lega?”.

“Piove governo largo! E il tacchino si bagna”.

“Non si va sul tetto a difendere la Costituzione. La Costituzione si difende al piano di sotto” (applauso).

“Non sono andato ad Arcore per un bunga-bunga. Non ho le physique”.

“Se c’è qualcuno che pensa di salire sul carro perché gli conviene, sappia che siamo abituati a farli scendere”.

“Dove vanno a finire tutti quei 2 euro delle primarie?”.

“Con Letta abbiamo 6 figli in due. Non condivisi. Almeno credo”.

 

POLITICA

“Un anno fa cominciava la campagna per le primarie. Le abbiamo perse. Ma questa non dev’essere una rivincita. Quell’esperienza è chiusa”.

“Non si possono certo fare i salti di gioia per le larghe intese. Ma se il governo fa le cose sono il primo a sostenerlo. La vera cosa da fare è la legge elettorale”.

“Gianni Cuperlo è una persona seria. Stimo Civati, stimo Pittella. Dobbiamo essere capaci di parlare di idee, fin dalle prossime settimane”.

“Se non riesci a prendere l’elettorato deluso del centrodestra non ce la fai. Non è autotradimento”.

“Quando dicono che comunicazione è una parolaccia, stanno facendo vincere gli altri. Voglio un Pd che sappia comunicare bene”. (applauso maior).

“Il Pd non deve chiudersi, il Pd deve abitare la frontiera”.

“Berlusconi non farà saltare il governo, non gli conviene. Se si va a elezioni lo asfaltiamo. Spero che cada entro la settimana”.

“Sto cercando di fare vincere la sinistra, non di tradirla” (applauso)

 

SOUL

“Il successo per la mia vita personale non è rilevante. Non è decisivo per la verità della mia persona. L’ho imparato dagli scout”.

“Odio perdere, è più forte di me. Ma in chi ci aveva creduto, ho visto il più grande attestato di bellezza”.

“Noi siamo qui non per fare meglio di loro, ma per dare il meglio di noi stessi”.

“Il vero rischio è convincersi di essere insostituibili. Si tratta piuttosto di rispondere a una vocazione, mantenendo la certezza di non essere decisivi”.

“Se non riesco a far scattare il meccanismo che non si sta parlando di me ma di noi, le elezioni le perdiamo”.

 

 CENERE

“Sulla cena con i finanzieri ho fatto un grande errore di comunicazione. Anche se sarebbe interessante discutere di finanza, che non è il male”.

(urlo dal pubblico: “Va tassata!”. Risposta: “D’accordo con il principio”).

 

Note a margine:

una certa delusione tra il pubblico per la mancanza di contenuti. “Va be’, ma l’ha di’ gnent”, commenta una signora (“va bene, ma non ha detto niente…”). La felicità di poter ridere: la gente ne ha un gran bisogno. (“Ti tira su il morale”, dice uno). Orgoglio: finalmente abbiamo anche noi qualcuno che ci invidiano tutti, anche i berlusconiani.

Questi i fatti, separatissimi dalle mie opinioni.