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Donne e Uomini, leadershit, Politica, questione maschile Ottobre 8, 2012

1000 femministe a Paestum: seconda giornata

 

(… contando quelle non registrate, un migliaio c’erano tutte)

Prima del reportage sulla seconda giornata, vorrei notare questo:

tenendo l’organizzazione all’essenziale, niente di “frontale”, tavolo di presidenza vuoto, il microfono che girava liberamente in platea, solo alcune che hanno coordinato tecnicamente i gruppi… tutto è filato liscio, un orologio perfetto che non si è mai inceppato, si è anche riuscite a raccogliere la notevolissima somma che serviva a spostarsi nell’auditorium più grande, data l’affluenza ben superiore al previsto. Un metodo che è già politica e insegna molto sulla capacità delle donne di autogovernarsi -e quindi di governare- riducendo a zero le sovrastrutture. La cosa andrebbe considerata con la massima attenzione.

Ed ecco quello che è stato detto domenica, sempre con le medesime avvertenze: è giocoforza una soggettiva, non riporto tutti gli interventi -e mi scuso con le “omesse”- ma solo quelli di cui ho potuto prendere nota, non sempre ci sono i nomi completi, degli ultimi minuti non posso dire nulla perché dovevo ripartire. Ma dato il generale silenzio dei media (al momento mi risulta solo un servizio del Tg3, oltre ad alcune interviste filmate autoprodotte che trovate in particolare nella pagina Facebook della Libreria delle Donne di Milano, oltre a quelle relizzate dalla Rete delle Reti) penso che il resoconto che segue sia al momento il più completo.

Anna Di Salvo, Catania: “Voglio nominare la felicità che è essere donne. Si deve essere signore anche nei luoghi della sofferenza”.

Maria Grazia Campari, Milano: “Sul 50/50 ognuna avrà le sue opinioni, ciò che conta è sostenere quelle che desiderano entrare nelle istituzioni con una rete politica di relazioni tra donne, che decida quali siano le priorità per un lavoro di civilizzazione. Non si deve censurare un desiderio che esiste”.

Bia Sarasini, Roma: “Nel mio gruppo abbiamo lavorato molto sui concetti di precariato e precarietà. Qualcuna ha sostenuto che siamo tutte “femministe” storiche e che le differenze intergenerazionali sono insignificanti. Si può affermare lo stesso per la precarietà-precariato, che non sono solo una condizione delle giovani. Abbiamo parlato anche del reddito di cittadinanza”.

Anna, Firenze-Roma: “Si è parlato troppo poco di lavoro. Proviamo a costruire la rete a sostegno di quelle che vogliono entrare in politica, come proposto da Campari”.

Una donna di Mantova: “Oggi viene riconosciuta dottore della Chiesa Ildegarda di Bingen, badessa e grande politica. Lei ci ha insegnato che esistono anche pratiche politiche invisibili”.

Letizia Paolozzi, Roma: “Prima di cominciare circolavano fantasmi di contrapposizione tra giovani e meno giovani, tra la teoria e il fare, tra lo stare tra donne e lo stare nel mondo. Queste contrapposizioni sono cadute, stiamo dando prova di un metodo politico e della nostra capacità di governare. Siamo un esempio di relazioni tra donne, di una politica che non ha bisogno di mediazioni e che si basa sulle relazioni”.

Lidia, Ancona: “Vorrei che uscissimo di qui con un impegno per il futuro. Quanto alle donne che entrano nelle istituzioni: non credo che la cosa possa essere affidata unicamente al desiderio individuale. Il tema è collettivo. Preferirei parlare di responsabilità, piuttosto che di desiderio, che potrebbe essere scambiato per carrierismo. Non mi piace la separazione tra noi e le donne delle istituzioni”.

Caterina, Torino: “Ho paura che le parole di noi “grandi” soffochino quelle delle più giovani”.

Giulia. Torino: “Sento molte urgenze, non si dovrebbe perdere tempo. C’è la questione della 194, la legge 40, le dimissioni in bianco. Il pensiero delle donne deve arrivare da tutte le parti, non restare confinato nei nostri luoghi. Non c’è solo il 50/50, sono possibili altri dispositivi, come la doppia preferenza di genere”.

Loredana, Verona: “Abbiamo visto qui che le nostre pratiche sono irreversibili, che il tempo non le ha consumate, che sono il contrario di ogni usa-e-getta”.

Maria Benvenuti, Milano: “Fatta salva la continua invenzione di nuove pratiche politiche, voglio appoggiare il desiderio di quelle che entrano nelle istituzioni, sento questa urgenza. Spero di guadagnare questo da Paestum, un nuovo legame tra femminismo e istituzioni”.

Lia Cigarini, Milano: “Non si tratta di dare vita a un’organizzazione, ma di di dire e praticare pubblicamente quello che sappiamo nei luoghi in cui ci troviamo, con la consapevolezza che quello che si dice e si agisce è un valore universale e non è solo delle donne, non va autoconfinato nel “tra-donne””:

Marina, Roma: “Siamo in guerra. Da troppo tempo siamo sotto attacco e non reagiamo: la 194, i consultori, Miss Italia, la legge 40, la scuola. Spero che individuiamo obiettivi concreti e forme di lotta”.

Alessandra Bocchetti, Roma (è l’unico intervento che mi è stato inviato per iscritto, posso quindi trasmetterlo integralmente): “Comincio con un paradosso. Mi sembra che sia chiaro a tutte che, oggi, un governo senza donne sia impresentabile. Nessun Presidente del Consiglio si presenterebbe più con una squadra di soli uomini. Magari si inventerebbero ministeri di poco conto, come è successo, ma le donne ci devono stare.  La situazione attuale non è neanche questa, perché ora tre donne occupano ministeri di grande importanza. Dunque, che cosa ha reso impresentabile un governo senza donne? E’ facile rispondere: è stata la forza delle donne. Questo può sembrare strano a chi si immagina tanto lontano dalla politica istituzionale, ma siamo state proprio noi a mettere le donne al governo, la nostra forza. E qui però tra noi e loro registro un vuoto, un vuoto che qui chiameremmo un “vuoto di relazione” Questo vuoto però è un’occasione perché permette di porci una questione essenziale: come governare chi ci governa? Perché in democrazia non dovrebbe governare solo chi occupa posti di potere. Per questo penso che dovremmo preoccuparci non solo di trovare donne brave e consapevoli da mandare nei palazzi, certo dobbiamo fare anche questo e con convinzione, ma dovremmo soprattutto lavorare alla creazione di un’opinione pubblica femminile vincolante, forte, determinata, che preoccupi chi ci governa, che faccia sentire l’obbligo di render conto delle scelte. Per questo oggi è assolutamente necessario lavorare all’amicizia tra le donne piuttosto che all’inimicizia. Per quanto riguarda il 50 e 50, vi dico subito che questa formula sbrigativa e spartitoria non dà conto del grande progetto che vuole significare. Non si tratta di spartirci la torta, un tanto a me un tanto a te, non è una questione di giustizia né di equità, non è questione di rappresentanza, gli uomini con incarichi di responsabilità non rappresentano “gli uomini”, perché dare alle donne il grande peso di rappresentare “le donne”? Piuttosto dovremmo parlare non di “rappresentanza” ma  di “presenza” Dobbiamo essere presenti e responsabili alle scelte di governo del paese dove abitiamo. Il 50 e 50 non sono quote, tanto meno rosa. La democrazia paritaria, meglio chiamarla così, non dovrebbe essere ispirata dal sentimento della giustizia, né dal desiderio del potere, ma da un’idea totalmente nuova alla politica, l’idea di ”un insieme”, di “fare insieme” uomini e donne, significa portare la differenza, l’idea della differenza a governare. La democrazia paritaria non dovrebbe essere alla ricerca di posti da occupare, ma essere alla ricerca di un equilibrio da realizzare. La nostra società, oggi, ha un grande bisogno di equilibrio. Equilibrio che si realizza non solo con la presenza di donne nei luoghi delle scelte, ma anche con la presenza di un’opinione pubblica forte delle donne. Un’ultima cosa, ho sentito ieri nel nostro gruppo parlare tanto di libertà e di morte del patriarcato. Vi voglio dire cosa ne penso. La libertà delle donne è venuta al mondo quando una donna si è potuta rivolgere questa domanda: ma chi ha fatto le parti? Chi ha stabilito che una parte dell’umanità sia serva dell’altra parte? Neanche un Dio potrebbe essere tanto malvagio da condannare così una parte delle sue creature. E il patriarcato è stato ferito a morte quando una donna ha potuto rivolgere ad un uomo questa frase : tu sarai padre se lo voglio io e quando lo voglio io. Non si perdona facilmente tanto affronto. Lo dico soprattutto alle giovani perché si dovranno ancora difendere. Questa è la libertà che noi della vecchia generazione consegniamo alle giovani donne, con l’avvertenza di tenere ben presente che la società e la cultura a cui apparteniamo è ancora impreparata alla nostra libertà. Un’ultima cosa. Non si tratta di salvare il mondo, ma di viverci meglio. Primum vivere”.

 

Questo è quanto. Prossimamente vi dirò che cosa, a mio parere, si può trarre dalla straordinaria esperienza di Paestum.

 

 

Donne e Uomini, leadershit, Politica Settembre 22, 2012

Boeri, Civati, Gozi, Puppato: una squadra alle primarie

Lo auspicavo l’altro giorno qui. La mossa, perciò, mi pare molto sensata.
Invece delle polarizzazioni personalistiche e fuori tempo massimo, anziché il Grande Capo Inutile,  al posto del leader unico e maximo in cima alla vecchia piramide gerarchica, quell’Uno che trattiene e cumula per sé ostacolando il flusso di energie, il modello (femminile) della rete che pulsa, co-crea, redistribuisce e fa fluire, velocizzando i processi e moltiplicando le opportunità.
Leader e gerarchie non servono più a far funzionare le organizzazioni. Semmai sono il problema delle organizzazioni. La squadra, ecco quello che funziona. Vale anche per le prossime primarie del centrosinistra.
Laura Puppato, già scesa in campo come candidata, Stefano Boeri, Pippo Civati e Sandro Gozi da oggi fanno ufficialmente squadra.
“La nostra convinzione” dicono in un comunicato fresco fresco “è che le primarie debbano essere una competizione di idee per governare l’Italia e non una gara di personalismi e sterili contrapposizioni. Lo richiede prima di tutto la situazione gravissima che sta vivendo il nostro Paese. Ma perché queste primarie siano un confronto vero, e’ necessario che le loro regole siano discusse in modo trasparente e condiviso da tutti i concorrenti. Per questo chiediamo che venga istituito un tavolo di elaborazione dello statuto delle primarie, aperto a tutti i candidati. E affinché le primarie diventino un laboratorio di idee per il governo del Paese e’ necessario che in primo piano siano le politiche e i progetti per l’Italia e non i tatticismi di schieramenti precostituiti. Per questo, all’Assemblea nazionale del Partito Democratico del prossimo 6 ottobre daremo un segnale di unità e chiarezza”.
Mi pare un’ottima notizia.

 

23 settembre, ore 20 e something. Aggiungo qui una precisazione in risposta alle osservazioni del vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto, il quale, dopo aver letto la notizia sul mio blog, scrive:

Non riesco purtroppo a essere così ottimista. Il comunicato stampa che i miei amici e compagni di strada hanno licenziato prevede solo una legittima richiesta di regole trasparenti sulle primarie. Dopodiché i candidati da tre che erano ieri sono diventati quattro, dopo la discesa in campo di Sandro Gozi di questa mattina.

Nel frattempo le persone che hanno guardato in questi anni al campo del rinnovamento si trovano davanti non un candidato forte ma una squadra. Il che, in termini più crudi, vuol dire quattro candidati che si tolgono voti a vicenda. Anzi, cinque.

Se questa è una buona notizia, cara Marina, vuol dire che il vecchio Mao aveva proprio ragione: “Grande è la confusione sotto il cielo…

 

Sarà perché vedo la cosa da esterna, ma interpreto facilmente questo passo come ricerca di unità e chiarezza sulla base di idee e di programmi oggettivamente convergenti, e non come aggiunta di confusione a confusione. E’ evidente che l’esito dell’operazione dovrà essere, una volta chiarite le regole delle primarie, il sostegno unitario della squadra -che io mi auguro possa ampliarsi- a un unico candidato, o a un’unica candidata. Si va in questa direzione, non in quella della polverizzazione.

Partendo dalle idee, però -che sono ottime- e non dalle personalità. Processo che mi interessa molto. E che può chiamare a partecipare un sacco di gente, caro Ivan, che non sa più dove sbattere la testa.

 

 

leadershit, Politica Settembre 19, 2012

Nani da Primarie

 

Il collega del “Giornale di Vicenza” chiede a Laura Puppato, sparigliatrice delle primarie del centrosinistra, se non si senta “un nano da giardino al confronto con Bersani e Renzi… Nel frattempo alla corsa si è aggiunto anche Pippo Civati e ha dato la disponibilità Stefano Boeri“.

“Sono sempre stata un’adoratrice dei nani da giardino” risponde Puppato. “Fanno squadra e salvano il reame e Biancaneve dalla regina cattiva…  È il momento del lavoro e della serietà nell’impegno politico. La gente non ne può più, basta sirene”.

Anche a me piacciono i nanetti, se posso dire. Anche perché è tutto da dimostrare che gli altri siano giganti, e che questo pseudo-gigantismo paghi.

Queste primarie, di fatto, stanno diventando un pre-congresso del Pd, e ha ragione Nichi Vendola a chiedersi “che cosa c faccio qui?”. Tabacci, invece, appare molto sicuro di sé e del suo probabilissimo e fondamentale 0.5, 1 o 2 per cento: perfino Valdo Spini farà meglio. Non si capisce ancora nulla: se saranno primarie aperte o no, se saranno a doppio turno o no, chi sarà titolato al voto, e così via. Il buio è ancora pesto. La sola cosa visibile è il solito centrosinistra sbrindellato in correnti, fazioni e componenti. E un Pd già al congresso, con l’idea che se non ti candidi scompari.

Un po’ di ordine andrà certamente fatto: se non si riesce -o non si vuole- a fare la legge elettorale, almeno una leggina sulle primarie si dovrebbe portare a casa. Magari tenendo bene a fuoco l’oggetto, che poi sarebbe la candidatura alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero la guida del Paese.

Ma mi piace quello che dice Puppato sulla squadra. E come lei, non sarei così sicura che la visibilità mediatica stavolta sia il viatico decisivo: i successi del Movimento 5 Stelle, televisivamente invisibile, sono lì a dimostrarlo. Conteranno molto di più il legame reale con i territori, il tam-tam fra persone, amplificato dalla rete, la forza delle buone e concrete idee per il Paese. E’ quella che James Surowiecki ha definito “la saggezza della folla”, ovvero di tutti noi». (“The Wisdom of Crowds: Why the Many Are Smarter Than the Few and How Collective Wisdom Shapes Business”).

L’idea del leader salvifico solo al comando è in crisi da tempo, nelle aziende come in politica. Il mio amico Andrea Vitullo parla di “leadershit”: è proprio l’idea di leader -non solo i leader in corso-che va rottamata. Il rapporto Censis 2010 aveva avvisato per tempo: l’idea del leader salvifico in cima alla piramide è entrata in crisi soprattutto fra i giovani e le donne, perché rimanda a una figura dominante maschile e paterna.

Squadra, buone idee, concretezza, rete, e un forte desiderio: così si può fare molto. Anche da alacri nanetti.

Si tratta di saper dare forma a questa innovazione.

leadershit, Politica Aprile 13, 2012

Gli Onnipotenti

Com’è che questi continuano a parlare delle loro ruberie al telefono? mi sono chiesta, leggendo l’ennesima tornata di intercettazioni sulla Lega. Che le comunicazioni vengano intercettate lo si sa: mentre la crisi ci stava già mordendo i garretti, abbiamo passato un’annata buona di lavori parlamentari del tutto inconcludenti soltanto su questo.

Dico a un’amica: ma se io e te rubiamo, non è che ne parliamo al telefono. Ci vediamo da qualche parte per spartirci il bottino. Com’è che questi invece ne conversano amabilmente, come se niente fosse?

Delirio di onnipotenza.

Noi possiamo tutto, anche rubare, e farla franca, perfino se ci intercettano, perché noi siamo passati dall’altra parte, non siamo cittadini normali, siamo semidei, chi vuoi che ci tocchi? Per noi le leggi non valgono, per noi non ci sono sanzioni né punizioni, i magistrati semmai ce li compriamo, siamo ben messi anche con la ‘nrangheta, noi non ci dimetteremo mai e poi mai, che cosa possono farci questi cialtroni? E’ già tanto se dobbiamo sottoporci al loro voto. Ci ringrazino, e ci lascino lavorare.

Uno stato maniacale permanente, un delirio senza soluzione di continuità: Noi Possiamo Tutto. E fosse per i soldi, fosse per le ruberie, sarebbe il meno. Il più è che noi affidiamo i destini del Paese e le nostre vite a gente che ha perso totalmente il lume, ebbra di potere o di potericchi, completamente avulsa e sconnessa dalla realtà, assolutamente determinata a non fare più parte della cittadinanza ordinaria, disposta a qualunque cosa pur di difendere i propri privilegi.

E totalmente indisponibile a fare i conti con quella popolarità al 2 per cento che sta lì a dire una cosa sola: dovete andarvene tutti. Dovete mollare. Dovete sparire. Il rinnovamento deve essere radicale. Non vi vogliamo più nemmeno dipinti. Avete chiuso. Avete finito. Andatevene a casa.

Non ci credono. Non gli importa. Quel 2 per cento non li riguarda. Sono convinti che la faranno nuovamente franca. Si abbracciano, dopo essersi presi a scudisciate, ricondotti all’unità dal rischio di perdere tutto. Qualunque cosa, anche a letto con il nemico, consociativamente, contro il popolo furibondo e disilluso. E voi esultate, di fronte alla ritrovata unità! Altro che nuova legge elettorale, altro che preferenze. Decideranno loro, per essere sempre loro. Per un’altra legislatura. Poi staranno a vedere. E mica sto parlando solo della Lega.

Altro che Casta. E’ molto peggio.

Donne e Uomini, leadershit, Politica Marzo 29, 2012

No-preferenze, no-party

Se leggete attentamente i  giornali sulla riforma del Porcellum, vedrete che sulla questione delle preferenze per lo più si glissa.

Da quello che si capisce della bozza Bersani-Alfano-Casini, le eventuali alternative civiche -e c’è un gran fermento in questo senso-, ma anche i partiti più piccoli sarebbero spazzati via dal nuovo dispositivo; l’indicazione di un candidato premier non costituirebbe un vincolo per altre possibili alleanze. Di primarie non si parla. Ma  la parola “preferenza”  non viene nemmeno pronunciata.

Su questa bozza perfino Rosy Bindi è molto critica, e dice in modo netto che “agli elettori va restituita la scelta dei parlamentari senza espropriarli del potere di optare per la coalizione“.

L’arroganza della nomenclatura politica è veramente impressionante. Sono convinti di spuntarla anche questa volta. Fanno finta di non vedere i sondaggi sulla loro impopolarità, e di non sapere che sulla questione delle preferenze la sensibilità è ormai molto diffusa. Che decidere “chi” è un diritto a cui non si intende rinunciare. Ed è proprio sul “chi” -chi vogliono loro- che i partiti si arroccano autoconservativamente.

Una soluzione, stanti così le cose, potrebbe essere una grande coalizione di liste civiche, costruite democraticamente con primarie sulle candidature, piene di donne e di giovani e in legame autentico con il territorio, che indichi il/la su* candidat* premier e metta in difficoltà questo strapotere. (intanto sta nascendo un “quarto polo”: bella l’idea dei beni comuni, ma al solito pensata da soli uomini, non proprio nuovissimi sulla scena politica)

Ma forse c’è ancora tempo perché sulla riforma si prenda un diverso indirizzo.

Interessante, per esempio, la proposta di Paolo Flores D’Arcais: un maggioritario a doppio turno con primarie vincolanti.

 

Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit, Libri, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Marzo 6, 2012

Forza ragazze! (Colpo di bacino)

Questa meravigliosa bambina l’ho amata a prima vista. L’ho incontrata googlando, e ho detto all’editore: “Voglio lei. Nessun’altra che lei”. Quella mossa apotropaica del bacino, che dice forza femminile. La caparbietà del broncio. Una vera dura, una tosta. Una che sa quello che vuole.

Non è stato facile averla. E’ una piccola americana, fotografata dal suo papà. L’ho supplicato con una lettera struggente, e lui ha ceduto. Me la guardo e me la riguardo. Quella piccola mi dà coraggio. E’ empowering. E dice precisamente quello che avevo da dire. Che questo è un gran momento per le donne di questo Paese. E che non va sprecato nemmeno un attimo. Senza di noi non andranno da nessuna parte. Senza di noi non combineranno niente di buono. Si tratta di saperlo, e di dare quello stesso colpo di reni.

In questo libro parlo di donne e di uomini, di rappresentanza, di potere, di economia e di crescita, di fatica e di bellezza. L’auspicio è di poter accompagnare, per quello che so e che posso, una svolta storica per il nostro Paese: quella che vedrà finalmente anche noi donne, accanto a uomini di buona volontà, dire la nostra sulla nuova agenda politica, stabilire le priorità, riportare la vita, i bisogni, le relazioni al primo posto. Primum vivere.

Quest’anno è cruciale, non dobbiamo distrarci!

Con l’augurio che possiate leggere quello che ho scritto e pensato-e discuterne con me, donne e uomini: si parla anche di loro- vi anticipo qui parte dell’introduzione.

Buona lettura.

 

“… Questa che stiamo attraversando non è una semplice «crisi», non c’è backlash che tenga. Questa è proprio l’apocalisse, nel suo senso preciso di «rivelazione». E ciò che viene rivelato ci dà ragione. Le cose non possono più andare in questo modo. L’economia non può più essere questa. La politica non può più essere questa. Il lavoro, la vita non possono più essere questi. Vale per le donne e anche per gli uomini.
La narrazione del patriarcato non sta funzionando più. Doesn’t work. Non si trova una sola donna, ma non ci sono più nemmeno troppi uomini disposti a credere che il mondo gira soltanto se uno dei due sessi si mette al centro, nella parte dell’Assoluto, tenendo l’altro fuori e sotto il tallone. Questa, semmai, è la malattia da cui il mondo chiede di guarire. Dovrebbe ormai essere chiaro che «the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity», come canta Sinéad O’Connor. Fraternità nella differenza, ecco il tempo che ci aspetta.
Questo libro lo scrivo per convincervi a confidare insieme a me, a non sentire il freddo, a non lasciarvi impressionare dai backlash e dai colpi di coda. Siamo nel bel mezzo di un rivolgimento grandioso, a paragone del quale quelle che la storia ha chiamato rivoluzioni sono solo timide increspature del mare. Servono pazienza e nervi saldi. Non sarà un giro di valzer. Ma potrebbe essere molto divertente. Un privilegio, poter vivere questo momento. Capire bene quello che sta capitando tra le donne e gli uomini, che è la grande parte di quello che sta capitando, significa dargli una grossa mano a capitare: il più del lavoro è qui. Poi ci sono alcune cose che vanno semplicemente fatte, senza dargli tutta questa importanza.
Mi è sempre piaciuto molto il modo spiccio in cui lo dice la mistica beghina Hadewijch di Anversa,rimbrottando una discepola esagitata: «Non trascurare opera alcuna, ma non fare nulla in particolare». Quello che deve capitare capiterà: il lavoro più grande è stare in questa fiducia, che per Hadewijch era fede in Dio o Amore. È prendere confidenza con i grandi orizzonti che ci si aprono davanti, abituare losguardo, adattare il passo. Poi, certo, ci sono due o tre cosette da sistemare.
Bene: è venuto il momento di sistemarle. Non possiamo aspettare ancora.
Una delle cose da sistemare riguarda la rappresentanza politica. Ci sono troppi uomini, lì. Un eccesso che sta creando molti problemi. Ci sono troppi uomini deboli, narcisie attaccati al potere nei luoghi in cui si decide – o non si decide – su tante cose della vita di tutti.
Bisogna mandarne via un bel po’: una delle opere da «non trascurare» è questa. E a quanto pare il modo più semplice per mandare via un bel po’ di uomini è che un numero corrispettivo di donne vada al loro posto.
Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine.
Poi ci sarà ben altro, da fare. Ma nessuna paura. Ne abbiamo passate di peggio”.

Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit Marzo 2, 2012

Lavorerai con dolore

La crisi ha messo tra parentesi tutte le riflessioni sul lavoro fatte specialmente da donne, che entrando in quel mondo delle fabbriche e delle aziende si sono ritrovate scaraventate in modelli organizzativi per loro assurdi (non dimenticare che l’esperienza del lavoro è soprattutto femminile, chi lavora nel mondo sono soprattutto le donne, è il lavoro salariato ad essere più maschile: i soldi se li tengono loro).

Quindi, o così, o pomì. Non farti venire strane idee di flessibilizzazione -alla tua maniera-, di postazioni in remoto, di orari elastici, o addirittura di leadershit, di non-funzionalità della gerarchia, eccetera eccetera. Se vuoi un lavoro, lavora e taci. Come se il dolore, la detenzione dei corpi, la frustrazione, la fatica inutile, le regole mutuate dai modelli militari garantissero maggiore fecondità e maggiore produttività. Siamo l’unica specie vivente a pensarla così.

E’ anche più doloroso, essendo che a parlare di riforma del lavoro sono tre donne, ma di questo pensiero femminile del lavoro, che farebbe una rivoluzione, che produrrebbe effetti a cascata sulla vita di tutt*, nemmeno l’ombra.

Eppure un cambiamento di quei modelli produrrebbe effetti straordinari, dal welfare all’inquinamento ambientale alle relazioni umane.

E invece niente. Mala tempora currunt.

Ma non perdere la fiducia. Bisogna mandare tante donne lì dove si decide, dove si stabiliscono le priorità e le agende.

Si deve rompere il monopolio maschile. Tenersi concentrate sull’obiettivo.

esperienze, leadershit, media, TEMPI MODERNI Febbraio 25, 2012

Facebook: un*, nessun*, centomila

amici di facebook

Una cosina leggera, in apparenza -ma solo in apparenza- facile facile. per il we.

L’altro giorno ho speso del tempo prezioso a dibattere su una pagina Facebook con alcun* altr* che sostenevano una posizione avversa alla mia.

Poi ho scoperto che quest* alcun* altr* erano sempre la stessa persona, che si firmava con svariati nick ed era corrispettivamente titolare di svariate pagine Fb.

Domanda: è corretto? Io uso sempre il mio nome, mi ci metto tutta, quando sbaglio e quando ho ragione. La prendo come un’assemblea in presenza, dove non è consentito che la stessa persona intervenga più volte con nomi diversi, dando ragione a se stessa. A meno che non si tratti di un penoso caso di personalità multiple.

Seconda domanda: il fatto che si dibatta alla pari su Fb -anche senza barare, come nel caso che dicevo- significa che siamo tutt* uguali? che valiamo tutt* allo stesso modo? e questo appiattimento che cosa comporta?

Svolgimento.

esperienze, leadershit, Politica Gennaio 3, 2012

Arcobaleni dappertutto

Credo che il 2012 sarà per tutta l’Italia quello che il 2011 è stato per Milano: un anno intensamente politico, al quale spero parteciperemo tutti. Partirà una storica campagna elettorale, vedremo arrivare molti nodi al pettine. Arcobaleni dappertutto. Forse un po’ dei nostri due che arriverà fino a Roma

Tenetevi leggeri, pronti a volteggiare, a offrire il vostro contributo creativo, scaldate i motori, fuori dal cassetto progetti e desideri. Dovrà cambiare anche la politica, nasceranno un po’ ovunque quelli che la teologa Antonietta Potente chiama “piccoli laboratori creativi. Laboratori di idee, di affetto, di creatività... un punto importante nel passaggio da una democrazia rappresentativa a una democrazia partecipativa”.

La rete avrà una parte decisiva, non solo medium, soprattutto modello politico.

Insomma, io ho molta fiducia. Guardo dalla finestra questo gennaio sfolgorante. La luce appena nata, piena di promesse.

esperienze, leadershit, Politica Novembre 12, 2011

Chi fa da sé

Non è strano che un premier tecnico voglia scegliere da sé la sua squadra, senza tenere conto più di tanto delle indicazioni dei partiti, in particolare se si considerano i partiti come istituzioni scadenti e inefficaci, e le cose che sono capitate –e non capitate- in questo paese a opera dei partiti autorizzano il giudizio negativo. Ma il fai-da-te è sempre più praticato anche in condizioni di “normalità” politica, e non si limita alle squadre tecniche. Per esempio molti sindaci si fanno vanto di tenersi le mani libere, riducendo al minimo contrattazioni e mediazioni con i partiti. Anzi, questo fai-da-te diventa un elemento distintivo e appealing per i cittadini, sempre più attratti dall’antipolitica.

A me pare questo: che se per l’emergenza, in via eccezionale, per un governo con un’agenda ben definita e a tempo –quanto tempo? quando si andrà al voto? -questo fai-da-te può essere accettato, l’idea del buon padre di famiglia che occupa ordinariamente il posto della politica e dei partiti, decidendo tutto da sé o con i suoi famigli stretti, non è affatto rassicurante, è regressiva, è pericolosa. 

I partiti sono quello che sono: malconci, inadeguati, spesso corrotti. Ma se la scelta è tra i partiti e il leader unico, mi terrei i partiti, grazie. Almeno finché non ci saremo inventati qualcosa di meglio per rappresentare gli auspici collettivi. Se i partiti sono da rottamare, l’idea del leader lo è anche di più.

L’uomo solo al comando può essere anche un grand’uomo, un’ottima persona, ma quell’ingorgo di potere costituisce sempre un pericolo, blocca le energie e il cambiamento, infantilizza e deresponsabilizza i cittadini. Una situazione che può essere riservata all’emergenza. Purché l’emergenza non duri un minuto di più di quel che deve durare.