Credo che sia l’onda lunga del primo femminismo, quello dell’autocoscienza e del self help. Non si fa che sentire di gruppi, associazioni e club di donne che nascono in ogni luogo, aggregandosi sui temi più svariati: il lavoro, la menopausa, la beneficenza, le noiosissime pari opportunità. Di tutto. Vedersi fra donne in modo separato e con qualche cosa da fare è diventata una pratica di massa. Tre, quattro, dieci o più signore che provano a fare insieme, e si sentono finalmente politiche. E hanno ragione: sono di sicuro molto più politiche loro di gran parte della politica. Questa è società femminile, e non può che essere un bene, per le donne e per tutti.
In questi gruppi però si manifesta anche una diffusa tendenza alla recriminazione, al lamento, alla contemplazione delle proprie miserie. Donne che poi, dico, presa una a una sono abituali spostatrici di montagne. Ma una volta messe insieme, ecco che si risentono oppresse, cedono all’oscuro richiamo del vittimismo. E piangono.
Di certo pesa il fatto che per millenni le donne si sono radunate “politicamente” quasi soltanto in caso di disgrazia. Che hanno stretto legami tra loro quasi solo per darsi una mano e per sostenersi nei guai: la famosa solidarietà femminile, sapete? All’altro estremo, quello dell’“empowerment”, le emancipate che provano a mettere in piedi improbabili lobby, sul modello di quelle maschili, trascurando di essere donne. Proprio per questo l’operazione non gli riesce. E non smettono di farsi ferocemente guerra.
Se mai dovessi fondare un’associazione o un club di donne, le regole sarebbero molto chiare: 1. Asciugati gli occhi e soffiati il naso prima di entrare 2. Scordati di venirci in tuta da ginnastica 3. Parcheggia fuori il rimorchio dei tuoi problemi 4. Porta il meglio di te: la tua fiducia, le tue buone idee, il tuo garbo, e un po’ di sense of humour, se ne hai 5. Non provarci nemmeno, con il derelittismo.
Nei posti di donne deve andare in scena quella che qualcuna ha voluto chiamare “signoria” femminile: un training protetto, per poter poi esportare quell’autorità fuori di lì. Comportati da signora del mondo, e finirai per esserlo.
(pubblicato su “Io Donna” – “Corriere della Sera” il 19.07.08)

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