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violenza sessista

Donne e Uomini, Politica Maggio 1, 2012

Scampato femminicidio n. 55

valentina pitzalis di carbonia: nell'aprile 2011 il marito ha cercato di ucciderla con il fuoco

 

Ieri a Monza un uomo, lasciato dalla moglie per la sua violenza, ha puntato la pistola contro la donna per convincerla a tornare con lui. Poi l’ha puntata contro se stesso. Ma quando ha visto sua figlia quindicenne che piangeva, ha infilato la porta e se n’è andato senza sparare. I carabinieri l’hanno arrestato mentre vagava in stato confusionale.

Qui si vede bene quello che è: patriarcato in agonia. Il dispositivo del dominio che diventa inefficace a causa della libertà femminile. Che è come ritrovarsi senza baricentro, senza identità, senza scheletro. I maschi più fragili, i più poveri di spirito non sanno affrontare il passaggio di civiltà. Ma è anche la prova che il passaggio di civiltà sta avvenendo, che la civiltà del dominio di un sesso sull’altro sta finendo, ed è su questo grande orizzonte occorre tenere con fiducia gli occhi mentre si fa conta dei femminicidi, terribile colpo di coda del patriarcato morente.

Quello di Monza poteva essere il femminicidio n. 55, e non è stato. Mi piace pensare, anche se so benissimo che non è così, che quell’arma si è abbassata anche per ciò che è avvenuto, per la grande risposta da parte di donne e uomini di buona volontà all’appello di Se non ora quando, diffuso da noi blogger unite e ripreso da mezzo web.

Prendiamo quell’arma che si abbassa come un guadagno simbolico, come un segno di ciò che può e deve avvenire sempre più spesso. Come la comprensione da parte degli uomini che la strada dev’essere un’altra, quella del poter essere uomini rinunciando al dispositivo del dominio, assumendo la libertà femminile, avendo fiducia nel fatto che camminando fianco a fianco -l’embrione di quella che l’antropologa Riane Esler nel suo bellissimo saggio “Il Calice e la Spada” chiama nuova Civiltà Gilanica– c’è meno infelicità per tutti.

Le donne hanno già fatto tutto ciò che c’era da fare perché questo capitasse. Ora tocca agli uomini. Lo diciamo ormai da tanto tempo. Il più di quello che deve capitare sul fronte della violenza sessista, come tante volte abbiamo detto, oggi capiterà nella testa e nel cuore degli uomini. Teniamolo sempre ben presente, quando penseremo a nuove iniziative a progetti contro il femminicidio: oggi si tratta essenzialmente di un fra-uomini.

L’iniziativa di Se non ora quando segna una vigorosa ripresa di protagonismo politico da parte di questa complessa organizzazione, definendone meglio l’identità di rete in grado di catalizzare e valorizzare ciò che di vero e di meglio capita tra le donne, con un ottimo senso del tempo e dell’opportunità (kairòs).

Anche se qualche problema si è visto, e vale la pena di tenerlo presente: a fronte di un’adesione massiccia, immediata e di slancio, alcune hanno ritenuto di dover chiosare, puntualizzare, analizzare, eccepire, o addirittura tristemente affondare il comitato centrale Comencini&Co (che) approfitta della vicenda di Vanessa e dell’onda emozionale che questo suscita per infilare qualche rigo sul 13 febbraio (tutto oramai viene diviso in Avanti13feb e Dopo13Feb), giusto per attribuirsi la nascita delle lotte contro la violenza sulle donne”. 

Tutto, naturalmente, può essere discusso, e tutto può venire meglio. Ed è certo che sul tema del femminicidio siamo stramobilitate in molte e da molti anni -anche in questo blog ne abbiamo parlato tantissimo- in particolare quelle, come Marisa Guarneri a Milano, Elvira Reale a Napoli e decine di altre, oscurate dai media e praticamente senza aiuti, che stanno in prima linea nel sostegno alle donne maltrattate. Ma, mi dico, se nemmeno su una questione “blindata” come la violenza e il femminicidio le ansie di protagonismo si placano per convergere senza esitazioni in una strategia condivisa, che cosa capiterà su temi che predispongono naturalmente al conflitto, come quello della rappresentanza?

Come molt* sanno, anche sulla rappresentanza c’è molto lavoro in atto: almeno su un fatto, il 50/50 –che ora piace pure a Hollande!- siamo tutte d’accordo. Ma prova ad azzardare un’ipotesi sul “chi”, e si scatena l’inferno dei veti incrociati. Appena una mostra di avere le caratteristiche auspicabili -desiderio, capacità politiche, quel minimo di visibilità- per una candidatura, parte la sparatoria e la guerriglia. Ma queste 50 da contrapporre ai 50 da quelche parte andranno pur trovate, io credo. A meno che, quando sarà il momento, non le importiamo dall’estero.

E ora, per aver detto questo, vado a infilarmi il giubbotto antiproiettile.

Buon Primo Maggio.

p.s. Nella foto, Valentina Pitzalis, di Carbonia. Nell’aprile del 2011 il marito l’ha cosparsa di kerosene e ha appiccato il fuoco, incapace di accettare la separazione. Valentina è molto forte, e lotta per ricominciare a vivere. Ha bisogno di cure costose e di amicizia. Contattatela sulla sua pagina Facebook.

Donne e Uomini, Politica Aprile 25, 2012

Violenza veniale (numero 11)

andrea gibelli con renzo "trota" bossi

Dunque, l’altra mattina partecipo a un dibattito su La 7, con me in studio da Milano Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia, il numero due di Formigoni per intenderci.

Dire che l’uomo sia stato affabile non potrei. A un certo punto, per esempio, dichiaro di comprendere le ragioni e l’enorme delusione del popolo leghista, che per ragioni geografiche è anche il mio popolo, anche se un voto alla Lega non lo darei neanche col fucile alla nuca. E lui: “Meno male”. Durante la pausa pubblicità entra un suo assistente. Mi guardano e ridacchiano. Io non faccio un plissé. Ci vuole ben altro. A un certo punto mi trovo costretta a dirgli: “Crede davvero di farmi paura?”. Insomma, non un gran feeling.

Il giorno dopo una redattrice della trasmissione mi informa di un fatto che né io né lei conoscevamo. In effetti mi pare sia stato pubblicato solo dal Fatto quotidiano, non credo di aver visto la notizia altrove: in poche parole, Andrea Gibelli sarebbe accusato dalla moglie di minacce e percosse, ma non avrebbe partecipato a una recente udienza in quanto “irreperibile”. A quanto riferisce la collega Antonella Mascali (vedi l’articolo), l’irreperibilità sarebbe un espediente per allungare i tempi del processo e arrivare alla prescrizione del reato.

Se questo fosse vero:  non so come sia possibile per una persona con alto incarico istituzionale rendersi “irreperibile”. Quelli di La 7 lo hanno trovato, immagino che ogni tanto un giro in Regione lo faccia, e forse se il messo del tribunale va a suonargli il campanello alle 3 di notte prima o poi lo reperisce.

Secondo: se io fossi accusata ingiustamente di un reato così turpe non vedrei l’ora di andare a difendermi, non ci dormirei la notte, NON vorrei che il reato fosse prescritto, pretenderei l’assoluzione piena. Secondo voi è sbagliato aspettarsi che il vicepresidente della Regione Lombardia voglia difendere fino in fondo la propria onorabilità?

Ma la vera notizia è che fra tutti i reati -legati a soldi, affari, eccetera- di cui sono accusati molti rappresentanti in regione Lombardia (una decina) di questo eventuale undicesimo reato -fatta ovviamente salva la presunzione di innocenza- non si occupi quasi nessuno. Non ne parlano i giornali, non si sente alla tv. Come se l’accusa di avere malmenato e minacciato la propria moglie avesse a che fare con una giustizia “minore”. Un peccato veniale, cose che capitano nelle migliori famiglie.

Ricordo che molti anni fa lavoravo in una piccola impresa di sinistra. A un certo punto si prospettò che a dirigere l’impresa venisse un tale piuttosto chiacchierato per il suo machismo. Anzi, per una certa propensione alla violenza sessista. Alcune reagirono vivacemente. Ma i nostri colleghi, i nostri fratelli, i nostri compagni di lavoro e di avventure ci guardarono sbigottiti, come se non capissero. Come se, a fronte delle capacità professionali di quel signore, quel “tratto caratteriale” fosse quasi irrilevante. “E che cosa c’entra?” mi disse uno. “Quello che conta è che sia bravo”.

Lo ricordo ancora con spavento.

Donne e Uomini Marzo 28, 2012

Un Calcio al femminicidio

L’amica Iaia Caputo, tornata recentemente in libreria con il suo “Il silenzio degli uomini”, fa una proposta che ho pensato in simultanea.

La rilancio qui: perché non chiedere alla lega Calcio, agli “eroi” dell’epica maschile per eccellenza, di scendere in campo per tutto il prossimo campionato con un grande striscione che reciti: “Basta violenza sulle donne”? Lo hanno fatto per sostenere una giusta campagna contro il razzismo, e il femmicidio italiano quanto l’odio etnico o religioso o politico è tempo che diventi una questione che riguarda tutti, ma proprio tutti. Più che mai gli uomini.

Si potrebbe fare anche di più: chiedere a questi “eroi” di farsi testimonial in una campagna, rivolta in particolare ai giovani tifosi, di stigmatizzazione e disprezzo nei confronti di chi è così vigliacco e “senza p…e”, come direbbero loro. Sarebbe di enorme aiuto (l’amica Annamaria Testa potrebbe darci una mano inventando slogan efficaci).

Che se la smazzassero un po’ gli uomini la violenza che tanti del loro genere si portano dentro, e sempre più spesso tirano fuori. E non costringessero più noi a mettere tante energie non solo nel difenderci, ma anche nell’argomentare, analizzare, discutere, proporre.

Delle nostre energie e del nostro tempo abbiamo bisogno per ben altro.

Condividiamo questa proposta e rilanciamola alla Lega calcio, alle associazioni sportive, alla “Gazza”, lettissima dai ragazzi.

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Marzo 27, 2012

La trappola della violenza

Grande ripresa di dibattito sul tema della violenza sessista e del femminicidio -oggi un ampio editoriale di Adriano Sofri su Repubblica-.

Giusto, perché il fenomeno è in crescita esponenziale. Come per contagio. Come se ogni caso riportato dalle cronache fosse fonte di ispirazione per altri maledetti assassini, tanto che si ha perfino paura a parlarne.

La novità è che finalmente il femminicidio -punta dell’iceberg della questione maschile– è assunta da uomini che ne discutono pubblicamente. La fase dei pionieri che si avventuravano autocoscienzialmente in questo territorio è finalmente finita. Dobbiamo essere grate a uomini come Stefano Ciccone, Marco Deriu, Alberto Leiss e altri per avere rotto il muro di silenzio.

Ne parliamo moltissimo anche noi donne, con ripresa di iniziativa: domani, per esempio, a Milano, Libreria delle Donne, via Pietro Calvi 29, ore 18.30, Marisa Guarneri e Manuela Ulivi della Casa delle donne Maltrattate discuteranno di Pratica politica e accoglienza.

Cosa buona, con un grosso rischio. Che questo tema, sentitissimo e urgentissimo -alla violenza palese corrisponde un enorme sommerso che le cronache non registrano ma che distrugge la vita di moltissime donne- si “mangi” tutte le nostre energie, in un momento in cui dovremo riservarne molte ad altre questioni. Prima fra tutte, quella di non permettere più che il nostro Paese continui a essere governato solo da uomini, che queste quote consuetudinarie e non scritte, tra l’85 e il 100 per cento a favore di un solo sesso, continuino a sbarrarci la strada (c’è anche un altro rischio, più sottile: che parlare di noi stesse come vittime di violenza sia dis-empowering, ci indebolisca e ci induca a ridurre le pretese, accontentandoci di un minimo vitale).

Non mancano decisi segnali di cambiamento: ho visto che la lista Marco Doria, candidato sindaco del centrosinistra a Genova, conta 23 donne su 32 candidati. Per questo mi complimento con lui e lo abbraccio. Ma se per le amministrative qualche breccia si apre, sulle politiche del 2013 c’è molto da lavorare perché nulla sarà regalato, e ci sarà da interloquire con la vecchia politica misogina.

Nessuno dei temi all’attenzione delle donne, dalla violenza all’organizzazione della vita e del lavoro, si avvierà a soluzione finché le agende politiche saranno decise da una stragrande maggioranza di uomini. Ai quali fa anche comodo che ci leviamo di torno e torniamo a parlare di violenza e mentre loro, tanto per dirne una, sembrano aver perfino chiuso la pratica della legge elettorale da riformare.

Attenzione alle trappole, amiche.

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, esperienze Marzo 25, 2012

Maschi violenti adoranti

Madonna della Violenza

Ieri, sul “Fatto quotidiano” Massimo Fini racconta di aver partecipato a una puntata di Agorà,  tema: violenza sulle donne. E dice di aver citato D.H. Lawrence, che in “La verga di Aronne” scrive:

“Quasi tutti gli uomini, nel momento stesso in cui impongono i loro egoistici diritti di maschi padroni, tacitamente accettano il fatto della superiorità della donna come apportatrice di vita. Tacitamente credono nel culto di ciò che è femminile. E per quanto possano reagire contro questa credenza, detestando le loro donne, ricorrendo alle prostitute, all’alcol e a qualsiasi altra cosa, in ribellione contro questo grande dogma ignominioso della sacra superiorità della donna, pure non fanno ancor sempre che profanare il dio della loro vera fede. Profanando la donna essi continuano, per quanto negativamente, a concederle il loro culto“.

Alla citazione di Lawrence, Fini ha aggiunto questo suo parere: che “oggi l’uomo, privato della possibilità di esercitare il suo ruolo virile (non può più provarsi in guerra, sostituito dalle macchine, non c’è più il servizio militare né il nazionalismo passionale, la forza fisica , con la tecnologia, non conta più nulla) sente in modo particolarmente acuto questa sua inadeguatezza nei confronti della donna… e questo può far scattare, per contraccolpo, un surplus di aggressività“.

Mi pare che di materia su cui dibattere qui ce n’è.