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Politica Aprile 4, 2013

Tentazione Renzi (piacione come pochi)

A un certo punto la prospettiva di vincere facile sbaraglia tutte le riserve, o forse è semplicemente la possibilità di mettere finalmente in piedi un governo in quattro e quattr’otto, con una maggioranza senza se e senza ma. Sta di fatto che nel Pd -parlo degli iscritti e degli elettori, non delle truppe parlamentari- la tentazione Renzi cresce in modo palpabile. Ma cresce anche fuori dal Pd: tra gli elettori di centrodestra, che nel renzismo vedono una possibile evoluzione del vecchio berlusconismo -e un’emancipazione dall’ormai troppo vecchio Berlusconi-, e tra molti di quelli che hanno provato a votare il M5S per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Insomma, un piacione come pochi.

Ieri Renzi, a cui va riconosciuto un gran senso del timing, è partito con decisione all’attacco: basta manfrine, il Paese sta soffrendo, o ci si allea con il Pdl o si va subito al voto. E per dimostrare che fa sul serio, scatena i suoi senatori, che depositano una proposta di legge per abrogare interamente il rimborso elettorale ai partiti.

Bersani, intanto, incassato il rifiuto definitivo dei 5Stelle, sta giocando la sua partita definitiva, quella del Quirinale. Al governissimo continua a dire no, ma sul tema del Colle il dialogo con il Pdl è aperto. E da ieri, l’abbraccio tra Bersani e Berlusconi si è fatto anche più stretto: Renzi potrebbe fare molto male a tutti e due (anzi, a tutti e tre: pure ai 5 Stelle).

Dal punto di vista estetico, la scena è suggestiva, un seducente trompe-l’oeil, il bel giovane contro tutti quei vecchi. Uno che fa sembrare vecchio pure Grillo. Una chiave passepartout, che apre tutte le porte e scardina gli schieramenti.

C’è da queste parti qualcuno che non ha votato Renzi alle primarie e che oggi invece lo sosterrebbe? E ha voglia di raccontarci perché ha cambiato idea?

 

 

 

Politica Febbraio 2, 2013

Le primarie sono finite

Ieri l’abbraccio tra i Pd brothers Bersani e Renzi  in casa dello sconfitto, a Firenze.

Matteo Renzi si sta comportando benissimo nel dopo-partita, dando il meglio di sé e senza recriminare: è giovane, guarda più in là, il mondo è suo. Anche il tour della lealtà che farà a sostegno di Bersani nelle regioni in bilico, qui in Ohio, in Veneto, in Campania, eccetera, è un ottimo investimento sul futuro.

Ma le primarie sono finite, quell’abbraccio ha un che di malinconico, e non può rilanciare gli entusiasmi. I sondaggi registrano il colpo accusato per il caso Monte dei Paschi, vicenda che ci accompagnerà fino al gong del 24 febbraio. Sono in arrivo le killer application di Monti e Berlusconi, e Beppe Grillo (in crescita: qualcuno lo dà terzo partito al 18 per cento) farà il botto finale con un comizio a Roma, San Giovanni, piazza storicamente comunista, e poi diessina e infine democratica: evento dal forte carico simbolico. Se il trend è questo, l’ago della bilancia, altro che Monti, sarà il Movimento 5 Stelle, e con questa possibilità è bene cominciare a fare i conti.

Tutto fa ritenere che il Pd debba duramente impegnarsi per contenere le perdite. Le liste sono quelle che sono, “società civile” ce n’è poca, troppe scelte cosmetiche, troppi parenti e amici, c’è voluta una mobilitazione perché i garanti estromettessero alcune candidature dubbie, i “vecchi” sono rientrati quasi tutti (e  per parte di quelli lasciati fuori si prospetta un incarico in un futuro eventuale governo Bersani) e spesso sono presuntuosamente gaffeur (Finocchiaro e le bidelle). I “giovani” si stanno vedendo poco, e non suscitano grandi entusiasmi: Fassina non è certo Renzi, la sua aria sofferente e insofferente non aiuta. I “civici” in tv non passano, e in questa campagna la tv continua a pesare molto. Il programma politico non è autoevidente, manca una narrazione precisa e convinta che renderebbe tutto molto più chiaro. O meglio: forse c’è, ma non si vede.

Un andamento che sta deludendo anche molti bersaniani alle primarie: il senso è quello di un passo incerto, claudicante, e di un tono bipolare (tra certezza della vittoria e terrore, maniacale senso di superiorità e autostima sottozero). Di un Bersani almeno in parte impedito dal gioco delle correnti.

Mancano appena tre settimane, e il potenziale rovinoso della vicenda Mps (in arrivo gli avvisi di garanzia) può essere contenuto solo, omeopaticamente, dando il senso di una restituzione del maltolto:

impegno per una drastica riduzione dei costi della politica condotta con mano ferma: rinuncia al finanziamento pubblico, abolizione delle province e di tutti gli enti inutili, dimezzamento del numero dei parlamentari, riduzione di stipendi, indennità ed emolumenti, tetto alle spese -i 124 milioni per tenere in piedi la Camera nel 2012 sono intollerabili- e così via, sapendo bene che con ciò non si diminuisce il debito, ma certamente si aumenta la fiducia

• adozione di una legge anti-evasione rigorosissima, eventualmente sul modello americano: le buone leggi ci sono già, basta importarle. Piano per una riduzione graduale delle aliquote in corrispondenza dei maggiori incassi

nuova legge elettorale (anche perché secondo la gran parte degli osservatori la legislatura non durerà , e il tema del voto si riporrà a breve)

Il tutto nei primi 100 giorni.

Si potrebbero fare tante altre cose, ma queste tre, a me pare, sono decisive.

Questa è la killer app che consiglierei.

Donne e Uomini, Politica Gennaio 3, 2013

Insomma, amiche: ce l’abbiamo fatta

Per celebrare con la necessaria solennità il momento, uso le parole di Alessandra Bocchetti, una delle mothers of us all, al convegno di Paestum: ” Comincio con un paradosso. Mi sembra che sia chiaro a tutte che, oggi, un governo senza donne sia impresentabile. Nessun Presidente del Consiglio si presenterebbe più con una squadra di soli uomini… Dunque, che cosa ha reso impresentabile un governo senza donne? E’ facile rispondere: è stata la forza delle donne“.

La realtà sta perfino superando l’ottimismo di Alessandra. E ha dimostrato con chiarezza un fatto: quando si permette che siano i cittadini a scegliere riducendo le mediazioni, donne e uomini indicano le donne in percentuale uguale e in qualche caso superiore alla quota di uomini. Perché ne conoscono e riconoscono capacità, competenza, onestà e senso di responsabilità.

Dopo l’exploit delle Parlamentarie grilline, con il 55 per cento di candidate, l’indicazione esce fortissima dalle primarie per i parlamentari del Partito Democratico, anche grazie all'”invito” costituito dalla doppia preferenza di genere, che tuttavia ha semplicemente dato corso a un progetto già maturo. Come nota Roberta Agostini, responsabile delle donne del Pd, se “la doppia preferenza di genere è stato lo strumento fondamentale per rendere realizzabile la voglia di cambiamento e il desiderio di esserci e di partecipare delle donne”, non sarebbe bastata la semplice applicazione di questa azione positiva  a garantire che “quasi dappertutto, dal sud al nord d’Italia, le donne venissero premiate dal voto popolare, conquistando i primi posti nella competizione“. Ben più dello strumento, quello che ha contato è stata la volontà politica generale. 

Un sondaggio che ormai più di un anno fa avevo fatto realizzare per “Io donna” evidenziava già un Paese prontissimo al “doppio sguardo”.

Gli altri schieramenti non potranno sottovalutare il segnale: è in corso una vera e furibonda caccia alla candidata -con curriculum pregevole: perché il bello è che insieme alle donne arriva anche il merito– soprattutto da parte di quelle forze che hanno da far dimenticare non solo la propria misoginia politica, ma un uso congiuntamente sprezzante delle donne e delle istituzioni, calpestate con la medesima determinazione. Andazzo protrattosi per quasi un ventennio, causa di un arretramento morale, politico, culturale e sociale della cui misura ci si rende perfettamente conto ogni volta che si varcano i confini nazionali, e che a noi cittadine italiane ha guadagnato un vergognoso 80° posto nel Global Gender Gap Report.

L’esito di questa tumultuosa femminilizzazione della politica -tutto corre veloce, di questi tempi, come al fondo di un imbuto- potrebbe finalmente essere quella rivoluzione del doppio sguardo che aspettavamo da tanto tempo, premessa indispensabile per la ricostruzione del Paese. Come sottotitolavo il mio ultimo libro “Un gioco da ragazze“, ora vedremo “come le donne rifaranno l’Italia“: avendolo scritto nel 2011, in pieno bunga-bunga, la profezia non era affatto facile. Ma la fiducia ha avuto la meglio.

Questa rivoluzione, in verità, altro non è che il risultato del grande, decennale, tenace, microfisico e a tratti disperato lavoro di molte, moltissime donne di questo Paese, dentro e fuori dai partiti, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nei giornali -per quello che ci è stato consentito-: ho ancora in mente, ormai mille anni fa, i computi disperati dei decimi di percentuale con Valeria Ajovalasit di Arcidonna, e poi la Carta delle Donne del Pci, i timidi passi avanti e quelli indietro, la pratica dell’estraneità, il senso opprimente di una realtà che sembrava non dovesse cambiare mai, fino all’esplosione del 13 febbraio e alla lotta per il 50/50 alle amministrative. Se n’è andato un bel pezzo delle nostre vite, in questa battaglia. Ma come dice Bocchetti, quello che ha reso “impresentabile” un governo senza le donne è stata “la forza delle donne”, la straordinaria capacità di resilienza di cui siamo dotate, in grado ogni volta di riguadagnare terreno dopo essere state scaraventate indietro.

E’ il momento di dirlo: è andata. Ci siamo. Di indugiare almeno un poco in questa soddisfazione. Di voltarsi indietro, come ci capita tante volte nella vita, per dirci con stupore: “Non so come sono riuscita a farlo, ma l’ho fatto”. Di rivolgere un pensiero grato a quelle che hanno aperto la strada. Di caricarci di tutta l’energia che servirà a fare il lavoro vero e grande: cambiare la politica per cambiare il Paese.

La mia fiducia oggi è centuplicata.

leadershit, Politica, questione maschile, TEMPI MODERNI Dicembre 31, 2012

Il Monti inCasinato

 

Il “nuovo” al centro: Pierferdinando Casini, 30 anni in Parlamento

Sarà anche colpa del mio sguardo, sarà che sono una donna, con un punto di vista necessariamente eterodosso, ma io in questo “nuovo” centromontismo tutto questo “nuovo” non lo vedo.

Sarà che mi faccio distrarre dalle facce di Casini (che le liste, dice “me le faccio io” e che nel 2013 festeggerà i suoi 30 anni da deputato) di Fini e di Frattini, che proprio nuovissime non si possono dire. Che do troppa importanza al sostanziale monosex della formazione, anche questo indizio di una certa vetustà: trattasi del solito maschio medio sui 60, che blocca il Paese. Sarà che mi lascio suggestionare dall’operoso aspersorio di monsignor Bagnasco, che si affretta a benedire la neo-proposta, e da quell’agenda doverosa, priva di grandi guizzi visionari, da un lato, e delle indispensabili istruzioni per l’uso dall’altro… ma io grandi differenze tra il progetto montiano e il sogno neo-democristiano non riesco a vederle.

Vedo un Monti già diverso, questo sì, che “salendo in politica” si è inCasinato e ha già perso molto smalto.

E vedo benissimo le differenze tra il Paese che fu governato per un tempo infinito dalla Democrazia Cristiana e il Paese di oggi, che di una nuova Dc non ha affatto bisogno, che trova nel protagonismo dei giovani e delle donne -la coppia “cougar” esclusa dal Grande Capo Augh- il perno della svolta indispensabile.

Insomma, detto alla buona: se io fossi Bersani, se fossi Vendola, se fossi il centrosinistra, dopo il temerario passaggio dei vari gradi di primarie, che restano un fatto indiscutibile da opporre a chi le liste “me le faccio io”, per segnare la differenza da questo neocentrismo punterei alla grande sul tema sensibilissimo dei diritti: perché in cambio della sua benedizione, la Chiesa avrà già posto delle ferree condizioni, avviluppando questo supposto “nuovo” in lacci e lacciuoli premoderni

Diritti, donne, giovani: con i montiani mi misurerei a viso aperto su questo. Confidando in un Paese che ha molta voglia di diventare adulto, e di vecchi patriarchi non ha più bisogno.

Donne e Uomini, Politica Dicembre 18, 2012

Carne da Porcellum

Fibrillazione, in queste ore, in particolare dalla parti del csx, sul tema primarie-liste elettorali. Tutto il nostro faticoso e pluriennale lavoro di donne sta producendo dei risultati -magari insufficienti, eventualmente discutibili-, ma (traggo da un mio libro del 2006, “La scomparsa delle donne”) da rognoso punto di programma, preferibilmente piazzate tra gli anziani e i diversamente abili, da “altra carne al fuoco” (cit. Piero Fassino d’antan), da “scassaminchia” (qui è un indimenticabile Pippo Gianni, Udc), da tema da affrontare all’ultimo minuto con imbarazzo e fastidio (“caxxo, e le donne?”), grazie soltanto alle nostre strenue lotte siamo salite nella graduatoria delle compatibilità di cui tenere conto, ed è tutto un 50/50, o almeno un 40/60, perché di presentarsi come gli ultimi misogini anche i nostri politici non se la sentono più. Bene.

La certezza l’abbiamo: il prossimo Parlamento sarà discretamente bisessuato, ancorché in percentuali variabili tra i partiti, raggiungendo con buona probabilità le medie europee (quelle africane del Rwanda, con il suo 58 per cento, del Botswana e di altri stati ce le sogniamo). Speriamo ugualmente bisessuato il governo. Finalmente il doppio sguardo -che non va solo assicurato come opportunità, ma anche praticato: il vero lavoro comincia lì-. Finalmente tante cittadine di questo Paese che non tabuizzano più il loro desiderio di partecipare alla gestione del Condominio, e forse anche il fuoco-amica (donna-spara-a donna) comincia a diminuire d’intensità.

Alle amiche che vogliono candidarsi mi sentirei di raccomandare una cosa: di non mettersi lì a fare da semplice riempilista, mera carne da Porcellum. Non significa, questo, pretendere a tutti i costi la garanzia di essere elette. Non tutte e non tutti potranno essere eletti, questo è certo. Quello che intendo è pretendere un GUADAGNO dalla propria candidatura, evitando di candidarsi in modo abnegativo e sacrificale.

Mi spiego meglio: per alcune la semplice candidatura ha senso, fa fare loro un passo avanti, definisce meglio la propria collocazione nel partito, è un gesto di testimonianza e di sostegno attivo. Per esempio: nel lontano 1986 io mi sono candidata nelle nascenti Liste Verdi, ma allora non avevo alcuna intenzione di andare a Roma. La “scampai” per un soffio, con le mie 800 preferenze. Ma non mi sono mai pentita di quel gesto di partecipazione. Anzi: lì c’è stato un guadagno per me (consapevolezza, senso di appartenenza, etc.).

Per altre, invece, il passo avanti richiede necessariamente l’elezione: si tratta allora di valutare attentamente se ve ne siano le condizioni, e di non buttarsi allo sbaraglio.

Un altro esempio: alle recenti primarie per la premiership del csx Laura Puppato aveva oggettivamente poche chance di farcela. Sento spesso dire che Laura ha perso: non è affatto così. Non è questione di percentuali. Da perfetta sconosciuta quale era a livello nazionale -era invece conosciutissima e sostenutissima nel suo Veneto-, in tre settimane Puppato ha conquistato una grande visibilità, il coraggio che ha avuto di buttarsi da sola è stato molto apprezzato, e oggi è in condizioni di stare in una partita in cui nessuno l’avrebbe mai cooptata, presumibilmente con un ruolo rilevante nel futuro governo. La sua storia offre un modello interessantissimo per tutte.

Quindi, amiche di ogni schieramento politico: si tratta semplicemente di fare bene i conti, di valutare l’occasione, ciascuna nel proprio contesto, ognuna per la propria vita.

Ripeto: non è necessariamente questione di essere certe della propria elezione. Si tratta di essere certe del fatto che da quella mossa, candidarsi, verrà anche un bene per se stesse.

 

 

Donne e Uomini, giovani, Politica Dicembre 3, 2012

Fate una carezza ai giovani renziani

Ho votato alle primarie, e non ho votato Matteo Renzi. Sono contenta del risultato netto di Bersani. Ora inizia la corsa verso #Palazzo Pigi. Ma intorno a me c’è molta delusione, che ascolto con la massima attenzione.

I ventenni che frequentano la mia casa erano tutti fervidamente per Matteo Renzi. Per molti di loro è stata la prima vera battaglia politica. Oggi si sentono nuovamente respinti ai margini, frustrati nel loro legittimo desiderio di protagonismo, politicamente insignificanti. Matteo Renzi significava per loro poterci finalmente essere, e contare.

Qualche giorno fa ho tenuto una conferenza all’Università di Madrid. Lì non è affatto strano che un/una trentenne sia responsabile di dipartimento. Ci sono giovani e donne dappertutto. La Spagna è affaticata da una crisi economica furiosa, le cose vanno peggio che da noi. Ma in questi anni il rinnovamento e il ricambio è stato forte. Vai lì e ti rendi conto fino in fondo di quanto ci sono costati 17 anni di berlusconismo, nel caso ci fosse qualche dubbio. Dal punto di vista dei diritti -compreso quello di contare politicamente anche se non sei un maschio ultrasessantenne- ci hanno doppiato e superato.

Il nostro maschilismo e la nostra gerontocrazia fanno un tutt’uno. Capisco bene la delusione dei giovani e giovanissimi renziani di fronte alla prospettiva di rivedere “le solite facce”, di continuare con la solita vita, che NON è una bella vita. Perché è una vita orba di futuro, e priva di parola.

Nel suo discorso di ieri, che mi è piaciuto, Pierluigi Bersani ha messo al centro il lavoro e il ricambio generazionale. Non aspetterei un solo istante, se fossi in lui, per dare prova di questo secondo intento. Comincerei da subito, con una serie articolata e capillare di iniziative per chiamare i giovani a partecipare attivamente alla costruzione del programma di governo. Abbiamo bisogno di loro, della freschezza del loro punto di vista, senza il quale il Paese non può andare avanti. La loro energia e la nostra responsabilità, l’una non può fare a meno dell’altra, contro il becerismo della rottamazione, il più grave errore di Matteo Renzi.

Ricambio non significa solo mandare a casa un po’ di gente e fare primarie per le candidature, favorendo il turnover. Vuole dire uno scambio fitto a ogni livello, e da subito (vale anche per il centrodestra).

Facciamoci venire presto delle idee.

p.s. Su Renzi “comunicatore” vi suggerisco la lettura di questa ottima analisi di Giovanna Cosenza.

leadershit, Politica Novembre 23, 2012

Contro il “voto utile” (non è tempo di nasi turati)

Chi domenica voterà alle primarie del csx (ci si può preregistrare qui) lo sa:

c’è una forte pressione per il cosìddetto “voto utile”, concentrato sui duellanti Bersani e Renzi. Anche chi si riconosce maggiormente negli altri competitor, Puppato, Tabacci e Vendola, viene invitato a “non disperdere il voto” e a schierarsi di qua o di là.

Spiego perché questo supposto “buon senso” non mi convince affatto:

1. CENTRO E PERIFERIA   Questo iper-realismo diminuisce la ricchezza del voto e ostacola il cambiamento, che arriva sempre dalla “periferia”.

2.  VOTO “CONTRO”   Una quota considerevole di consensi per l’uno o l’altro dei principali competitor è un voto “contro”: voto Renzi non perché mi convinca, ma per fare fuori Bersani; voto Bersani non perché lo considero il più adatto alla premiership, ma perché devo arginare Renzi. I conti interni al partito rischiano di prevalere, ma il senso vero delle primarie è la scelta del possibile premier. Votare contro, o secondo queste logiche, fa scivolare in secondo piano il bene del Paese, che dovrebbe invece rimanere la stella polare.

3. THE WINNER IS…   Il vero vincitore del dibattitone su Sky -parere unanime- è stato il confortevole senso di squadra, l’idea di un team che tiene insieme le differenze in vista di un progetto unitario. Chi ha seguito in tv -io ero in studio- è andato a letto contento per avere visto non risse ma un costruttivo confronto di idee. Corrispettivamente, la vera vincitrice delle primarie deve essere la squadra. Ma quanto più il voto sarà polarizzato, tanto meno squadra avremo e tanto più “uomo solo al comando”, soluzione da sfuggire come la peste. L’offerta di “uomini soli” e di poche idee al comando dovrebbe bastarci e avanzare.

Il modo in cui ognuno di noi può contribuire al bene comune è portare autenticamente se stess*.Solo così il voto non è inutile.

Non è questo il tempo dei nasi turati.

p.s. Aggiungo un’altra considerazione, credo abbastanza “utile”. Parlando di governabilità, e osservando un Movimento 5 Stelle che tallona il Pd, potrebbe essere necessaria una o qualche figura del csx in grado di dialogare, almeno programmaticamente, con gli eletti di Grillo. Molto difficile che questa figura sia Bersani. Figuriamoci Renzi. Qualche possibilità, forse, per Vendola. Molte di più per Puppato.

 

Donne e Uomini, Politica Novembre 21, 2012

Renzi, l’aborto e il cimitero dei non-nati

 

Nella campagna presidenziale americana il tema dell’aborto è stato dirimente. Per il 39 per cento delle elettrici, la questione numero uno. L’elettorato femminile è stato decisivo per la riconferma di Barack Obama, la cui vittoria ha a che vedere anche con questo.

Sull’aborto, invece, l’Italia preelettorale si scalda poco. Causa aumento esponenziale dell’obiezione di coscienza, la legge 194 è sostanzialmente inapplicata in larga parte del  territorio: le ragioni per discuterne non mancherebbero. Ma il tema è praticamente inesistente nelle agende dei candidati alle primarie del centrosinistra. Nessuno ne parla volentieri. Neppure Matteo Renzi, che pure da sindaco ha deliberato su temi contingui.

Interpellato sulla 194, Renzi dichiara di essere a favore “senza rimettere però in discussione l’obiezione di coscienza, che è anch’essa una libera scelta”. Riconosce che la legge è stata efficace, riducendo il numero degli aborti.

D’altro canto nel marzo scorso la giunta Renzi ha deliberato la realizzazione di un nuovo spazio nel cimitero fiorentino di Trespiano destinato al ricevimento di “di prodotti abortivi e di prodotti del concepimento” (quindi non di bambini nati morti, la cui sepoltura è già consentita da un decreto Presidenziale), consentendo anche “l’installazione di coprifossa, monumentini e altri ricordi”. Un vero e proprio “cimiterino degli Angeli” -non esattamente “obamiano”- simile a quello istituito a Roma dal sindaco Alemanno.

Firenze è la prima città amministrata dal centrosinistra a deliberare la creazione di un camposanto dei non-nati. Come ha osservato la consigliera di perUnaltracittà, Ornella De Zordo “questa norma  contrasta nettamente con la legge 194… e finisce inevitabilmente per colpevolizzare chi già affronta una scelta dolorosissima e abortendo compie una scelta legittima ma molto sofferta”.

Non meno nette le reazioni di parte del Pd (provvedimento “agghiacciante”, secondo la senatrice Magda Negri) e del movimento delle donne fiorentino, mentre la delibera è stata accolta dal plauso del Movimento per la Vita, del Pdl (”Un passo importantissimo verso il pieno riconoscimento del valore della vita”, così  il consigliere pidiellino Francesco Torselli) e dei gruppi di ultradestra Casaggi’ e Giovane Italia, che hanno “festeggiato” con un flash mob contro i consultori cittadini.

Matteo Renzi ha liquidato come “ideologiche” le proteste, ma ha anche ritenuto di rinviare il dibattito in consiglio comunale, calendarizzato proprio in coincidenza con l’inizio del gran tour in camper, chiudendo la delibera in un cassetto. Meglio non parlarne “adesso”, onde evitare contrapposizioni e polemiche. Tanto chi doveva cogliere il segnale –la destra, i cattolici oltranzisti– l’ha colto. Ma la norma resta, pronta a essere attuata.

Il tema è sensibile. Sensibilissimo e qualificante. Lo è per un candidato premier italiano non meno di quanto lo sia per un candidato Presidente americano. Non vi è ragione di sottrarlo all’attenzione degli elettori, e in particolare delle elettrici di primarie e secondarie, che hanno il diritto di poter scegliere consapevolmente, disponendo di tutte le informazioni sui candidati, in perfetta trasparenza e senza omissis.

(in collaborazione con Cinzia Romano)

(reblogged da Lorella Zanardo, Il corpo delle donne)

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Novembre 7, 2012

Il coraggio politico delle donne

A quanto pare le donne sono state decisive per la vittoria di Barack Obama. E a quanto pare il tema dell’aborto è stato dirimente: il 39 per cento delle donne americane lo indicava come il tema numero uno, seguito (19 per cento) dal lavoro.

Lesson number one: imparare che insieme siamo una forza enorme, e non sottovalutare i temi biopolitici. La delibera di sapore pro-life che istituisce il camposanto “per i prodotti abortivi e per i prodotti del concepimento”, tenuta accuratamente chiusa in un cassetto, potrebbe costare cara al sindaco Renzi, candidato alle primarie del centrosinistra.

L’altra cosa che voglio dire è che serve un notevole coraggio al una donna per candidarsi in un posto ad alto tasso di responsabilità politica. C’è sempre il senso di uno strappo, di una forzatura contro un ambiente sfavorevole. L’altra sera, in una splendida e affollatissima serata milanese (centinaia di partecipanti, tra cui il sindaco Pisapia, la vicesindaca Maria Grazia Guida, Giulia Maria Crespi, Giorgio Galli, Francesca Zajzick, Carmen Leccardi, Bianca Beccalli, Lorella Zanardo, Marisa Guarneri, Adele Teodoro, Alessandra Kustermann e moltissime/i e altre/i) Laura Puppato, anche lei candidata alle primarie nazionali del centrosinistra, ha raccontato come il suo partito, il Pd, abbia perso nel 2010 una grande occasione non candidandola alla presidenza della Regione Veneto. Lei avrebbe vinto, mentre il candidato indicato ha perso, consegnando la vittoria alla Lega. Stavolta non ha aspettato nessuno, ha deciso e si è lanciata. Lo stesso ha fatto ieri Alessandra Kustermann: stanca di “aspettare Godot” ha rotto gli indugi, ufficializzando la sua candidatura alla presidenza della regione Lombardia, che, ha detto “è malata e va curata”.

Lesson numer two: anche se hai il partito dalla tua, anche se l’ostilità che ti circonda non è poi assoluta, devi essere tu a forzare i tempi ed entrare “a gamba tesa”. E quelle che lo fanno danno ampia dimostrazione di coraggio preliminare.

E poi c’è una lesson number three: il primo scoglio è poter nominare il tuo desiderio di assumere una responsabilità politica. Autorizzarlo, rompendo un tabù interiore fortissimo. Quasi sempre questo avviene nella relazione con un’altra donna che fa da specchio e “autorizza”, che svolge un ruolo maieutico e fa venire al mondo il desiderio, in un complesso legame che ristabilisce il filo spezzato della genealogia femminile.

Nel caso di Laura Puppato, l’ha raccontato lei stessa, l’altra è stata la mia collega Concita De Gregorio. Nel caso di Kustermann non so. Glielo chiederò. Ma sono quasi sicura che anche lei ne ha avuta una.

 

 

Politica Novembre 1, 2012

Fare fuori Bersani

Tragico esempio della campagna per Bersani

I partiti sono luoghi ad alto tasso di vendetta. Nel senso che la resa dei conti interna è una delle logiche prevalenti. Non so se ciò faccia bene ai partiti, tenderei però a escludere che in questo modo si tenga come una priorità il bene del Paese

Quello che sta accadendo in queste primarie del centrosinistra offre un ottimo esempio.

Le elezioni primarie dovrebbero servire a scegliere responsabilmente all’interno del proprio schieramento una persona dotata delle caratteristiche -onestà, competenza, esperienza, saggezza, credibilità, lungimiranza, coraggio, visione e così via- che la rendono la più adatta a proporsi a guidare il Paese, e a guidarlo in una fase piuttosto complicata. Non sono un congresso, non servono a scegliere il segretario del partito, e non sono un reality con le nomination.

Eppure è chiaro che tra tutti quelli che nel Partito Democratico si stanno adoperando per una vittoria del sindaco Matteo Renzi, solo una parte lo sta facendo perché crede che Renzi sarebbe un buon premier. Per una parte cospicua dei fan di Renzi l’obiettivo vero non è indicare un premier credibile, ma fare fuori Bersani. E non perché si sia convinti che Bersani non sarebbe in grado di fare il premier, ma perché è venuto il momento di una resa dei conti con il “vecchio” partito.

Un ragionamento bizzarro che sento fare spesso, tra le file di iscritti, militanti e simpatizzanti è il seguente: a me Renzi non piace, non mi sento rappresentato dai suoi valori, è un narciso, è apprezzato dalla destra, non dispiace ai poteri forti, sui diritti è ambiguo, sui temi delle donne pure, il suo show è imbarazzante, il suo spin doctor Giorgio Gori pure, sembra un Berluschino, la sua ambizione è fuori misura, è stato alla Ruota della Fortuna, il suo linguaggio violento, quando dice “signori” pare un banditore d’asta, non rappresenta il meglio della cultura democratica (compilation di pareri) e però lo voto lo stesso per fare fuori Bersani.

L’attuale classe dirigente di quel partito ha molte colpe, ha tardato a capire, non si è adeguatamente rinnovata, il ricambio è stato timidissimo, è protagonista di parecchio malgoverno -penso per esempio alla Liguria, che conosco bene-, non ha fatto la legge sul conflitto d’interessi, etc. etc., tutte cose su cui è difficile non convenire. Ma per fare fuori Bersani e tutti gli altri c’è un congresso, in programma se non erro per il 2013.

Il Paese non c’entra con le beghe interne al Pd, ed è ingiusto che gliele si voglia fare pagare. Al Paese non interessa che si faccia fuori Bersani -non più di quanto sia interessato a vedere fatto fuori pure Renzi, che fa politica anche lui fin da quando era un ragazzino-. Al Paese interessa che da tutta questa infilata di primarie e secondarie in ogni schieramento esca un premier con una squadra di governo davvero capace di condurlo a una rinascita materiale e morale, secondo principi di equità e giustizia.

La stella polare deve essere questa. Non è un derby. Qui non sta giocando nessuno.