Mettiamo il caso che la minore Ruby Rubacuori non sia andata a letto con il premier Berlusconi. Mettiamo il caso, anche se è difficile crederlo, che lui non le abbia mai neanche pizzicato quel magnifico sedere.

Mettiamo il caso, insomma, che non sia stato commesso alcun reato: è su un’ipotesi di reato –anzi, due: ci sarabbe anche la concussione- che la magistratura si è mossa. Deve trattarsi di un reato, e non di un comportamento privato, per quanto esagerato, imbarazzante, bulimico, addicted, e anche preoccupante, visto che a certe maniacalità potrebbero accompagnarsene altre, non auspicabili in un capo di governo.

Nel caso non si accertasse alcun reato, nessun dubbio: la magistratura dovrebbe farsi i fatti suoi. Ci manca che un giudice pretenda di amministrare le mucose di chicchessia, prescrivendo come, quando, quanto e con chi (sempre che il “chi” sia maggiorenne e consenziente, e il “dove” un luogo privato).

Quanto al privato, appunto: noi femministe l’abbiamo sempre detto, che è politico. Qui è confermato ad abundantiam. Troppa grazia. Con Berlusconi la confusione tra i piani, privato e pubblico, interessi personali e del paese, casting e liste elettorali, tv e vita -il bunga-bunga come una specie di Drive-in esclusiva, una cochonata tutta per sè- ha raggiunto livelli senza precedenti.

Se il privato del premier viene violato dallo sguardo pubblico, è vero anche il contrario: che dal suo privato lo spazio pubblico è stato invaso. Il suo immaginario lo ha colonizzato, amplificato a dismisura dalle tv, il suo io ipertrofico vi si è insediato, la sua propensione a un perenne festante godimento lo ha infiltrato. E, non per essere prosaici, le sue igieniste dentali e svariate belle gnocche vi si sono adeguatamente piazzate, accomodate in posti di rilievo nelle istituzioni rappresentative, a spese di tutti.

Che poi il pubblico pretenda di farsi i fatti suoi, be’, è il minimo contrappasso. E che magari una parte di esso auspichi addirittura che si dia una calmata, e che adotti un comportamento più sobrio, più consono al ruolo e all’età, non può essere ritenuto pretesa insensata, anche senza stare a scomodare l’etica pubblica e la Costituzione.