Care amiche (e pure amici),

a breve in alcune città si andrà al voto amministrativo, e il voto politico non è lontano. Tanto vale che ne parliamo adesso. Avendo occasionalmente messo il naso in queste faccende, vi avviso che non c’è ragione di ritenere che la democrazia dimezzata, specialità per cui siamo famosi nel mondo, andrà in pari. Anche stavolta, con gli argomenti più speciosi, si pretenderà che a rappresentare e governare donne e uomini siano solo uomini.

L’ho visto da vicino. Nella costruzione del consenso terranno conto di tutto, i cattolici e i gay, i commercianti e i ciclisti, i cacciatori e le gattare. Le liste elettorali medieranno tra spinte e controspinte, navigando a vista nel gioco delle correnti. E solo alla fine, obtorto collo -la “questione” si tiene per ultima, come uno spinosissimo punto di programma- qualcuno lo dirà: e le donne?

La politica monosex non ci ha impedito di andare avanti. Ora lo sta facendo. E’ diventato un problema, per tutti e per tutte. Non risolveremo certo tutti i nostri guai, portando lì il doppio sguardo di donne e uomini, ma la politica sarà di sicuro più utile e meno nociva.

Il momento è adesso. Le donne che stanno già dentro i partiti vigilino e lottino. Non formule fumose, ma posti: nelle liste, al governo, negli snodi chiave dell’amministrazione. Quelle che hanno voglia di entrare in politica ci entrino, e quelle che vogliono candidarsi si candidino, sulla base del loro desiderio e delle loro competenze. Nessuna automoderazione. Sono autorizzate a farlo.

C’è anche una minima, neanche così minima, che è questa: non votare più liste dalle quali non si evinca con chiarezza che il mondo è fatto di donne e di uomini. Ma le liste non bastano: deve essere chiaro quanti e quali posti. Non votare e invitare viralmente altre e altri a non votare. E chiarire le proprie intenzioni da subito, in modo che si diano una regolata.

Condividere, prego (così sono costretti a “condividere” anche loro).