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AMARE GLI ALTRI Luglio 5, 2008

AMO I RAGAZZI

Io amo i ragazzi. E non per parità, alla Germaine Greer, una che è partita nobilmente dall’”Eunuco femmina” per approdare alla matura foemina falloide, che rivendica il diritto di spasimare sui ragazzini, proprio come i vecchi maschi sbavano sulle ragazzine. Io amo i ragazzi tutti interi, li amo maschi e femmine, e amo ben più dei loro omeri torniti e dei loro sterni incavati. E non sopporto più che si parli invidiosamente male di loro, delle bande, del bullying, delle veline, delle bravate e delle canne. Vorrei finalmente vedere le loro sparute truppe partire lancia in resta contro l’immenso esercito di noi “giovanili” baby boomers, con tutto quello che diciamo di loro, le offese che gli arrechiamo, per vendicare il proprio onore e prendersi lo spazio che gli usurpiamo.
Mentre scrivo ne ho qui sette, dico sette, che stanno studiando per la maturità. Terenzio, Dante, Svevo, l’odore di latte acido che si è fatto più aspro, la linea netta della mascella che riesce ancora ad arrotondarsi in un broncio. E il mondo, di fronte alla mia impresa eroica –portarmene sette qui nella casa al mare, sette letti, sette posti in tavola, una valanga di biscotti e merendine per la colazione del mattino, caffè di conforto, pesto fatto in casa e ciotoloni di riso in insalata- si divide a metà, tra chi mi compiange e chi mi invidia. Anch’io mi invidio, e mentre carico lavatrici e stendo lenzuola, con l’ausilio di una collaboratrice carissima che mi permette di continuare a scrivere, guardo i ragazzi e mi dico che la mia vita non è andata poi così male se mi sono conquistata il privilegio di essere qui, in questa casa che vede un paio di isole, un fiume, le Alpi Apuane e un campanile dalla cupola moresca, con sette ragazzi (e un cane) da nutrire e sostenere e portare al mare all’ora di pranzo per un bagno ristoratore. Perché ci sarà anche la maturità ma, Dio mio, è pur sempre giugno e il sole –tra le nuvole- è allo zenith.
Li guardo e azzardo previsioni per ciascuno: quello manager, caparbio e ambizioso com’è; l’altro uno scorbutico dottore; questo chissà, ma un gran padre di sicuro. Nessuno, ma proprio nessuno nasce senza un talento, anche se non tutti incontrano adulti non invidiosi, che gli insegnino a farlo fruttare. Io amo i ragazzi, e al diavolo tutto il resto.

(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera” il 5 luglio 2008

Archivio Maggio 29, 2008

SBALLO CHIMICO

Man mano che ringiovanisco, come diceva la mia cara nonna, vado convincendomi di quello che va sostenendo un mio amico dottore di talento e di buona volontà, e con pochi pregiudizi: che l’età matura andrebbe sostenuta con qualche tipo di aiuto psicotropo. Un po’ di sballo chimico, meglio sotto controllo medico, per fronteggiare un’età in cui le prospettive fatalmente si riducono: non troppi anni da vivere, e oltretutto senza amore, a basso tasso calorico, con l’artrosi o qualche altra rognetta di salute. Senza Eros, per farla breve. L’esercizio della saggezza –sempre meno richiesto, peraltro- dovrebbe poter essere nutrito da una riserva di dissennatezza. Del resto quasi non conosco anziana e rispettabile signora che non si “cali” per dormire o per alzarsi la mattina. E allora perché non anche per divertirsi un po’, anziché limitarsi alla mera sussistenza?
Mi preoccupa invece molto che siano i giovani a vivere immersi in un’universo addicted, in cui la sostanza, di qualunque tipo, è diventata centrale. Nella socialità o anche peggio, in solitudine. Dentro e fuori di loro, nell’altissimo potenziale ormonale e in tutte le altre delizie endogene che titillano i loro neuroni, e nell’epifania del mondo, nuovo e luccicante come una mattina di primavera dopo un temporale, dovrebbero reperire energie sufficienti a saltare i fossi per il lungo, come dice invece mia mamma, e a scatenarsi nelle loro formidabili scorrerie di creature moleste e incontinenti.
Non è moralistico, quindi, il mio dispiacere. Mi domando se anche per loro il mondo ormai sia la poltiglia grigiastra che i nostri occhi adulti vedono, e come mai. E chi ce ne indicherà i colori smaglianti se non lo fanno loro, come faceva il mio bambino che seduto nel suo passeggino mi faceva notare con gorgoglii di felicità lo splendore di una carta svolazzante nel vento di marzo, e la magnificenza di un portoncino –aveva questa mania dei portoni- smaltato di verde. Mi chiedo anche come mai, se il mondo gli piace così poco, non si ribellino, non inchiodino noi adulti alle nostre responsabilità, si accontentino dei colori fasulli di qualche milligrammo di MDMA.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)