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Donne e Uomini, Politica, tv Febbraio 17, 2012

La farfalla di Belen (rieccoci in mutande)

La farfalla di Belen (“parpaja topola”, come la chiamerebbe Dario Fo).

Sembra incredibile, ma eccoci ancora qui tra Miss Patata, il (ex) presidente culomane dell’Ordine dei giornalisti, i siliconi strizzati nei corpetti in prima serata, il brivido della senza-slip.

Pronta a scommettere che di qui alle prossime elezioni sarà un’escalation. Perché mentre sono lì -tutti maschi- a congegnare la nuova legge elettorale, e perfino a escogitare rimpastini, quote e quotine per tenerci buone, non smettono di provare a infiacchirci rimettendoci in mutande.

Il Paese degli uomini che decidono cercherà nuovamente di indebolirci, rappresentandoci nei modi che sappiamo: carne fresca, minoranza, vittime, incapaci, impolitiche, materia prima indifferenziata. Gli stereotipi servono proprio a questo, a infiacchire l’autoconsapevolezza, a indurre smarrimento e spaesamento.

Ci offriranno il solito specchio diminutivo. Dovremo dircelo l’un l’altra, ogni mattina, che siamo forti e capaci.

Saremo assalite tutte le paure che sappiamo: di non saperne abbastanza, di non farcela, di non essere politiche.

E allora occhio, e pronte alla guerra. La farfalla di Belen è politica.

 

ambiente, esperienze, Politica, tv Gennaio 15, 2012

Pisapia e la periferia

via padova, milano

Molto efficace il sindaco di Milano Giuliano Pisapia intervistato ieri sera da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”.

Ottimo che sobriamente ma fermamente Pisapia abbia ribadito la sua intenzione di istituire registri delle coppie di fatto, sperando che all’indubbio valore simbolico della scelta -raddoppiato dal fatto che questa decisione per una città come Milano significa l’apertura di una breccia definitiva- si affianchino alcune decisioni di valore pratico, come la possibilità di accedere alle graduatorie per le case Aler. Ottimo che l’abbia annunciato parlando dell’imminente visita del Papa, come a dire che a Milano c’è posto per tutti: questo principio di accoglienza, che è il cuore della laicità, è anche un tratto identitario irrinunciabile della nostra città, che è sempre stata questo, nei secoli dei secoli.

Ottima, infine, la fermezza sull’area C e la limitazione del traffico. Non c’è più alcuna ragione di attendere, domani si debutta, fra 6 mesi si farà un bilancio, secondo la volontà inequivocabilmente espressa dalla maggioranza dei milanesi in un referendum.

Pisapia parlava a una platea nazionale, non solo cittadina, e la sua pacata determinazione sarà senz’altro stata apprezzata dagli “extramilanesi”.

Avrei invece da dire sull’uso del termine “periferie”, che io abolirei tout court dal lessico politico. Il sindaco ha detto che gli assessori “vanno nelle periferie”, che “internet gratuito non sarà solo per i giovani, ma anche per gli anziani e in periferia” (dove peraltro abitano i giovani, non potendosi certo permettere il centro storico), che i provvedimenti sul traffico renderanno “la città più vivibile anche in periferia”.

Io sono convinta che le cose cambiano fuori solo quando fai spazio al nuovo dentro di te, e le parole contano moltissimo. Rinominare la città i termini diversi da “centro” e “periferia”, ovvero in una prospettiva policentrica, in cui cioè ogni quartiere ha la sua vocazione, il suo genius loci, il suo cuore pulsante, il suo proprio centro, la sua bellezza, è un passaggio decisivo per cominciare a vedere e a costruire la città nuova. Se lo fa il primo cittadino impareranno a farlo e ne beneficeranno anche tutti gli altri cittadini, uscendo da una logica “centripeta”, non sentendosi più esclusi dal centro storico ma attratti dal centro dei loro quartieri, imparando ad amarli di più e rendendoli più belli. Se dai corso alla visione, quella diventa vera.

Valga l’esempio a via Padova, diventata suo malgrado il simbolo di tutte le “periferie” -a tre fermate di metrò dal Quadrilatero della moda!- e che con la sua vitalità, i suoi traffici, i suoi suoni e i suoi odori sembra un porto di mare. Ti pare che ci sia una banchina con pescherecci e cargo attraccati, lì dietro! (e invece c’è solo il naviglio Martesana).

esperienze, media, Politica, Senza categoria, tv Dicembre 14, 2011

Non dire B. Neanche se sei B.

Servizio Pubblico di Michele Santoro non sta andando come si sperava. Dal 12 per cento del debutto è sceso intorno al 5 per cento di share. Il sogno del terzo polo tv non si infrange, ma fa una certa fatica. Qualcosa andrà rivisto, a partire dallo zoccolo duro di un milione e something di telespettatori, audience comunque ragguardevole.

Gira voce di altri importanti organi di informazione che stanno registrando cali preoccupanti e repentini. La caduta del Cav. non fa male solo ai suoi amici, ma pure ai suoi nemici.

Venute meno le ragioni dell’antiberl. -non lo dico per intero, non si sa mai…-, crolla anche l’appeal di lo ha cavalcato per anni, per fede o per business. Comici che non sanno più su cosa performare -perfino Benigni da Fiorello è stato moscio-, giornali che non sanno più di che parlare, manifestanti che non sanno più contro chi manifestare, oppositori professionisti che non sanno più a chi opporsi.

Le avvisaglie c’erano già da qualche mese: già la scorsa estate un sondaggio Demetra verificava che la parola B. si piazzava bene tra quelle da archiviare, insieme a partiti, Padania,  stato, individuo e veline. Guardate le prime pagine dei giornali, che nominano il Cav. giusto lo stretto indispensabile.

Forse anche B. oggi non userebbe il brand B.

Si dovrebbe imparare a parlare “per”, e non solo “contro”. Parlare “contro” è una forma di resa al nemico. E quando cade lui, incespichi pure tu.

Riflettere attentamente su questo.

 

Politica, TEMPI MODERNI, tv Novembre 3, 2011

Il Guru-Gori e il Pd dei Famosi

Mentre attendiamo notizie dalla Costa Azzurra, consideriamo un po’ questa bizzarra vicenda di Giorgio Gori. Che dopo avere diretto Canale 5 e Italia 1, e dopo aver fondato la casa di produzione Magnolia, quella di X Factor, de L’Isola dei Famosi e de L’Eredità, e dopo essere diventato famoso ai più per gli sms galeotti con Simona Ventura -ahimé, il mondo non ci ricorda sempre per le nostre più mirabolanti imprese-, all’improvviso molla tutto, si dimette da tutto e spiega: “La situazione che stiamo vivendo fa sì che non sia più tempo, a mio avviso, per chi può farlo, di perseguire solo i propri privati interessi”. Tornando così, a quanto pare, ai vecchi amori di gioventù: la politica e la sinistra, oggi a fianco di Matteo Renzi. Gori ha partecipato alla convention della Leopolda, verosimilmente ha suggerito il format dell’evento, ha messo a disposizione anche il computer con cui sono stati redatte e diffuse le 100 proposte. Insomma, è scatenato. E a quanto pare non intende passare neanche un minuto in camera di decompressione tra l’Isola, il Big Bang e le prossime elezioni politiche.

Per carità, uno può dire: ma se abbiamo gente che in quattro e quattr’otto è passata da valletta a ministra potrà un grande e brillante manager, per quanto fortemente ingaggiato con l’impresa berlusconiana, cambiare improvvisamente rotta e tornare su quella che a quanto pare ritiene la retta via?

Certo che sì, a mio giudizio. Ma forse ci vorrebbe un po’ più di umiltà. Non pretendere da subito i riflettori e la prima fila, purificarsi un po’ nell’ombra, lavorare nel backstage senza clamore. E preferibilmente non candidarsi subito alle imminenti -speriamo- politiche, nel caso ne avesse l’idea, o alle primarie del Pd (non si sa mai, di questi tempi). Certo, chi comanda non perde facilmente l’abitudine a farlo, anche cambiando esercito e campo di battaglia. E forse per la sinistra questa conversione può fare gioco e aumentare lo share.

Ma un po’ di cenere sul capo, giusto un pochino, non ha mai ucciso nessuno. Rendendo credibili anche le più impressionanti inversioni a U.

p.s. per una cosa, sì, mi sento fortemente solidale al Guru-Gori: a suo tempo fu cacciato da Vittorio Feltri. Ebbene, è capitato anche a me. Andiamone fieri, Grande Fratello.


 

Donne e Uomini, tv Luglio 13, 2011

Minzolini a spillo

http://youtu.be/HlXm7GUiz7o

Avete  osservato anche la tinta del giornalista -che cambi il colorist!-?

E invece sulla due giorni di Siena il Tg1 di Minzolini ha fatto silenzio totale.

Hanno espresso tutto il loro “disagio” in una lettera aperta indirizzata al direttore generale della Rai Lorenza Lei le giornaliste del Tg1 Maria Luisa Busi, Alessandra Mancuso, Tiziana Ferrario, Maria Grazia Mazzola, Elisa Anzaldo, Simona Sala, Giovanna Rossiello, Donatella Scarnati, Cinzia Fiorato, Emanuela Talani, Lucia Duraccio, Karina Laterza, Felicita Pistilli.

“Siamo alcune giornaliste del Tg1 – si legge nella lettera -, professioniste che, con vari ruoli e storie diverse tra loro, da anni lavorano per informare i cittadini, tutti, nello spirito del servizio pubblico, nel rispetto del pluralismo e della completezza dell’informazione. Siamo anche cittadine e utenti e dobbiamo esprimere il nostro disagio nell’avere assistito al silenzio della prima testata di fronte al movimento delle donne radunate a Siena, oltre 2000, un evento trasversale, con 200 comitati, registe, attrici, scrittrici, operaie, rappresentanti sindacali, deputate di vario colore politico, che tutte insieme hanno rivendicato il proprio diritto a costruire un paese più equo, anche per donne”. 

“Dignità del lavoro, maternità, progressioni di carriera, precariato, immagine pubblica: questi i temi che abbiamo visto rappresentati nelle maggiori testate, tranne la principale, il Tg1. Nella due giorni del movimento di Siena, non abbiamo visto andare in onda neanche un servizio che informasse sull’evento, in compenso però nell’edizione di domenica 10 luglio delle 13.30 abbiamo assistito alla corsa delle donne sui tacchi a spillo”.

“La scelta del silenzio della prima testata penalizza il diritto di tutte le donne che pagano il canone a essere informate sugli eventi che le coinvolgono – scrivono ancora le giornaliste – e ci conferma nel convincimento che urge un rinnovamento di mentalità per un’informazione più vicina alla gente, ai problemi delle donne, dei giovani e dei soggetti più deboli e penalizzati”.

L’audience del Tg1 continua a calare, chissà perché, e domani ne discuteranno nel Cda Rai.

Donne e Uomini, Politica, tv Maggio 24, 2011

MOSCHEE-BOMBONIERA


Basta! Non è più tollerabile che metà dei dibattiti tv su Milano al ballottaggio siano sulla moschea e sui campi rom! Qualunque cosa si pensi a riguardo, sono temi che occupano l’1 per mille dei pensieri dei milanesi. I milanesi, di destra e di sinistra, cattolici e laici, moderati ed estremisti, donne e uomini, vecchi e giovani, condividono tutti ben altre preoccupazioni. E’ su ben altri temi che gli imprenditori della paura devono fare il loro  sporco lavoro.

Ieri sera ho preso parte a un dibattito a Telelombardia, con Piero Fassino, Roberto Formigoni, Matteo Salvini, e Rosi Bindi ed Emma Bonino in videocollegamento. Matteo Salvini, leghista simpatico e con l’orecchino che aspira al posto di vicesindaco, è arrivato al punto di dire che mentre Pisapia vuole costruire una moschea “enorme”, Letizia Moratti pensa a “moschee-bomboniera”!

Vi prego tutti, la vita dei cittadini è una cosa seria! Che diano almeno l’impressione di occuparsene. I milanesi non hanno paura della moschea, grande o piccola che sia, come non ne hanno paura i parigini e i romani: Giovanni Paolo II si diede personalmente da fare perché il comune di Roma trovasse un terreno adatto a costruire la moschea disegnata da Paolo Portoghesi. I milanesi hanno paura di continuare ad ammalarsi perché non si trova una soluzione ai problemi ambientali e di traffico, hanno paura che i loro figli debbano andarsene perché qui non trovano lavoro né una casa a costi sostenibili, che debbano rinunciare a farsi la loro famiglia, hanno paura di dover continuare a vivere nella solitudine, in una città incocainata, afflitta da passioni tristi, vecchia e inospitale, da cui il sabato chi può scappa per dare ossigeno ad anima e corpo. Hanno paura di vivere in una città culturalmente insignificante, dove non si può neanche passeggiare in pace, dove l’unico gesto che ti è consentito è mettere mano al portafogli per comprare, dove i dané -e la mancanza di dané- sono tutto.

Basta! E basta con i dibattiti fra soli uomini. Lasciate che il buon senso femminile irrompa!

Politica, Senza categoria, tv Maggio 11, 2011

KILLER APPLICATION n.1

Ecco la prima delle killer application del Pdl. Niente di nuovo, peraltro, oltre che calunnioso, come dice Pisapia.

Dal Corriere della Sera online:

Si è chiuso nel gelo, dopo il fair play che aveva caratterizzato la prima parte dell’ora, il confronto televisivo fra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti. Il candidato del centrosinistra ha ignorato la mano tesa del sindaco, davanti agli occhi attoniti di Emilio Carelli, direttore di Sky Tg 24. Il motivo è stata la frase conclusiva della Moratti: «Porterò avanti nei prossimi cinque anni – ha detto il sindaco – una politica moderata. La mia esperienza di manager, la mia famiglia confermano ampiamente che sono una persona moderata, a differenza di Pisapia che dalla Corte di Assise è stato giudicato responsabile di un furto di veicolo che sarebbe servito per un sequestro e un pestaggio. Poi il reato è stato amnistiato». Pisapia ha reagito con grande fastidio, alzandosi in piedi e tuonando: «Queste sono cose che non accetto – ha detto – è una calunnia di cui risponderà, è una cosa vergognosa».

Moratti-Pisapia, niente stretta di mano
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«QUERELA? VEDREMO DOPO IL VOTO» – Pisapia, intervistato all’uscita dagli studi di Sky, ha escluso per il momento di querelare Letizia Moratti per diffamazione. «Adesso mi interessa parlare di Milano – ha detto Pisapia -, di dire la verità sulle fandonie dette anche oggi sul mio conto. Continuerò la campagna elettorale con molta serenità e determinazione – ha quindi aggiunto sfoggiando il sorriso -. Sulle azioni giudiziarie ci penseremo dopo questa lunga e bellissima campagna elettorale, bellissima perché si può parlare dello sviluppo e del futuro di Milano». Pisapia ha assicurato che metterà fin d’ora a disposizione di tutti la sentenza che lo ha assolto dalle accuse contestategli.

«MILANO NON MERITA SINDACO BUGIARDO» – «Milano non merita un sindaco che usa questi metodi che non sono degni di una città come Milano», è stato il commento di Pisapia dopo il confronto. «La Moratti ha detto il falso sapendo di dire il falso e di diffamarmi: così non si fa la campagna elettorale. I milanesi capiranno che chi è bugiardo continuerà ad esserlo come è stato in questi anni». «Letizia Moratti ha fatto una cosa vergognosa – ha tuonato Pisapia – strumentalizzando il fatto di essere l’ultima ad avere diritto di parola: ha fatto dichiarazioni assolutamente false sul mio conto, sono stato vittima di un errore giudiziario, riconosciuto da una sentenza che mi ha assolto per non aver commesso il fatto, quando ancora c’era addirittura la formula dell’insufficienza di prove».

La Moratti tende la mano dopo il confronto tv, ma Pisapia non la stringe (Photoviews)
La Moratti tende la mano dopo il confronto tv, ma Pisapia non la stringe (Photoviews)

ORDINANZE E SICUREZZA – Il confronto tv era partito dal tema della sicurezza. «Per migliorare la sicurezza a Milano servono cinquecento vigili di quartiere, ce ne sono meno di cinquanta – ha detto il candidato del centrosinistra -. Quello che non serve, perché è controproducente, sono le ordinanze coprifuoco del sindaco Moratti che hanno spento i luoghi di aggregazione». Immediata la replica della Moratti: «I dati reali della prefettura dicono che i reati sono calati del 48% in tre anni. Il candidato Pisapia non sa che le ordinanze di cui parla sono già terminate per quanto riguarda i luoghi di aggregazione e permangono soltanto per gli immobili, dove permettono di garantire la sicurezza». Il confronto tv tra i due principali candidati sindaco milanesi andrà in onda alle 16, e poi in varie repliche, su Sky Tg24.

LA MOSCHEA E L’EXPO – Altro tema caldo, la moschea milanese. Per Pisapia una moschea a Milano è «importante, anche in vista dell’Expo 2015. Non si può pensare di avere in città milioni di visitatori senza che ci sia per loro la possibilità di avere un proprio luogo di culto dove pregare, come peraltro sancisce la Costituzione». E sempre su Expo: «Non sono stati mesi, ma anni di polemiche», ha detto Pisapia, ricordando che dopo la vittoria di tre anni fa «grazie al sindaco ma grazie soprattutto al governo Prodi e a Emma Bonino che oggi mi sostengono» si sono susseguiti «litigi», «doppi stipendi» e decisioni senza interpellare il Consiglio Comunale. «Forse Pisapia è stato distratto e non si è accorto che abbiamo lavorato in questi anni», è stata la replica della Moratti, che ha citato «infrastrutture ben precise come Brebemi, Tem e Pedemontana» ottenute «anche grazie ad Expo» così come la M4 e M5, insistendo: «Forse Pisapia non ha visto neppure l’inaugurazione del centro congressi più grande d’Europa, forse non si è accorto del rilancio di Malpensa», che per Moratti è «tutto figlio di Expo».

PGT E LOBBY – «Il sindaco è sempre stata dalla parte dei poteri forti», ha detto Pisapia in un altro passaggio del faccia a faccia. «Di lobby da cui lei dipende ne ha parlato anche sua cognata in un’intervista e il Pgt è chiaramente un regalo agli immobiliaristi», ha poi aggiunto il candidato sindaco, dopo la richiesta di spiegazioni da parte di Moratti che ha definito «ingiusta» la dichiarazione. “Io – ha replicato il sindaco – sono una persona indipendente, che si è messa al servizio della città e che non ha legami con nessuno se non con i cittadini e con la propria coscienza».

MORATTI TACE SU BERLUSCONI – La Moratti si è invece rifiutata di replicare alla domansa sulla commissione di inchiesta proposta dal premier Silvio Berlusconi per i Pm milanesi. «E’ una vergogna solo che si sia richiesta, perché la divisione dei poteri è un punto fermo della democrazia», ha detto Pisapia, sottolineando che il tema della giustizia è sì un tema «nazionale», ma che anche a livello locale «si può fare molto». «Innanzitutto – ha detto – si può creare un clima soprattutto sulle controversie civili che possa portare a un livello di mediazione». «Io mi occupo dei problemi dei milanesi. Voglio stare sul mio programma, che è un programma preciso e concreto sulle questioni che i cittadini pongono», è stata invece la replica della Moratti. Il sindaco, come ha notato lo stesso moderatore Emilio Carelli, non ha voluto rispondere alla domanda, utilizzando il tempo a disposizione per sottolineare di aver visto nel programma di Pisapia «tante cose che noi abbiamo già fatto», dai custodi sociali al microcredito.

«ABBONAMENTI GRATIS AGLI ANZIANI» – Pisapia, oltre a rilanciare la promessa del wi-fi gratuito, ha anche annunciato abbonamenti Atm gratis per gli anziani. «Nei primi sei mesi di mandato – ha detto Pisapia – porterò il wi-fi gratuito in tutta Milano, non solo per i giovani ma anche per gli anziani. Credo che proprio per gli anziani dobbiamo pensare a un provvedimento per loro: penso al biglietto Atm gratis per chi ha più di 65 anni».

«ERRORE GIUDIZIARIO» – Della vicenda del presunto furto d’auto Pisapia aveva parlato diverse volte, anche recentemente, come riportato dal Corriere, dopo una visita a San Vittore. «Vittima di un errore giudiziario (in termini tecnici, di una ingiusta detenzione) ho conosciuto tanti detenuti presunti innocenti e ho verificato che, effettivamente, come ricorda spesso Don Ciotti, il carcere in Italia è diventata una vera e propria discarica sociale», ha scritto sul suo blog. «So bene cosa significa stare dietro quelle sbarre. Ci sono passato anch’io. Nulla che già non si sappia. Sono passati oltre trent’anni: arrestato, innocente, per banda armata e concorso morale nel furto di un’autovettura. Prosciolto dalla prima accusa (banda armata) con formula piena nella fase istruttoria (allora vi era ancora la formula dell’insufficienza di prove); giudicato e assolto anche per l’accusa di concorso morale in furto, reato coperto da amnistia dal quale però i giudici mi hanno assolto nel merito, cosa possibile solo in quanto risultava “evidente” la mia innocenza. Un errore giudiziario, riconosciuto da una sentenza passata in giudicato, che comunque ho pagato con quasi quattro mesi e mezzo di carcere».

Donne e Uomini, tv Maggio 11, 2011

IL CORPO DI ANTONIO RICCI

Ieri sera ho condotto una conversazione con Lorella Zanardo alla Libreria delle Donne di Milano: un bilancio dell’esperienza del Corpo delle Donne, due anni di intenso lavoro su un docufilm che è stato visto da quasi 4 milioni di persone nel mondo, è oggetto di analisi, di studi e perfino di progetti artistici, ed è in qualche modo scappato dalle mani dei suoi autori, Lorella per prima, travolgendone la vita. Lorella ci ha spiegato che ormai il suo lavoro, che si svolge soprattutto nelle scuole, è un’analisi del linguaggio televisivo tout court, un’educazione alla lettura delle immagini.

Poco prima delle 23 ci salutiamo, io faccio una corsa alla Stazione Centrale per dare un’occhiata al grande concerto per Pisapia, e lì mi raggiunge una telefonata angosciata di Lorella. Il resoconto di quello che è capitato lo fa lei stessa questa notte sul suo blog:

“... esco, tolgo la catena alla bici, sono le 11 di sera, in giro non c’è nessuno. Le porte dell’auto parcheggiata davanti a me si spalancano di colpo, alzo la testa e 3 persone e una luce fortissima mi vengono incontro. E’ la troupe di Strisica la Notizia.
Chiedo alla ragazza che mi investe con una serie di domande come si chiama, lei esita, poi veloce  mi risponde “Elena”,  ha 26 anni, dice che è contenta di avere fatto la velina, che nessuno l’ha obbligata e che io la offendo con il nostro documentario, dice così o qualcosa di simile.

Io sono sulla bici, e mi invade una tristezza infinita: Striscia usa quella violenza che io condanno. Prima il plagio del documentario, ora questo agguato notturno, da ore mi aspettavano fuori dalla porta della Libreria. Dico ad Elena ciò  che chi mi segue sa bene, e che sa anche lei presumibilmente, e gli autori: il nostro documentario è una critica all’uso del corpo delle donne nelle immagini tv, non alle donne che fanno tv. Di Striscia passano poche immagini nel nostro video. La reazione di Striscia è spropositata: noi con un doc fatto in casa e loro con i milioni di euro a disposizione e 7 milioni di persone tutte le sere.

Elena non mi lascia parlare, so che si usa così in tv. La guardo, voglio entrare in relazione ma lei non può, si vede che usa il metodo televisivo, parla veloce, accusa e non da tempo per la replica. Nemmeno per un attimo provo fastidio verso di lei, per i mandanti sì, per la loro codardia. perchè non sono venuti loro? Uomini senza coraggio, così come si usa ora.

Io non mi occuperò di questa diatriba miserabile, ho altro da fare. Però credo che chi mi legge potrebbe reagire. Se 3 milioni e mezzo hanno visto il documentario Il Corpo delle Donne e se continuate a chiederci di proiettarlo e se a migliaia dite che vi è servito, ora è il momento di dire voi cosa pensate. Anche quelle giornaliste, quei gruppi di donne che il video lo hanno visto, che lo hanno lodato, apprezzato ma che spesso tacciono. La protervia di questi autori corrisponde al clima di prevaricazione e di impunità che si respira oggi.

E comunque sì, ha ragione mio figlio tredicenne. Siamo stati veramente efficaci, con zero euro investiti, a dare così fastidio a quei milionari di Striscia, Mediaset.

Sono veramente sbigottita per l’accanimento di Antonio Ricci, signore maturo e d’esperienza, protagonista della tv degli ultimi trent’anni, ma che evidentemente non tollera il libero esercizio della critica. Se l’è presa con Lorella, con “Newsweek”, con “El Paìs”, ha realizzato un apocrifo del docufilm utilizzando il volto e i testi di Zanardo. Per la quale, tra l’altro -posso assicurarlo- Striscia è davvero l’ultima delle preoccupazioni, come del resto per noi tutti. Usa mezzi potenti contro una donna che fa lavoro volontario, manda i suoi ragazzi e le sue ragazze a tendere agguati notturni -Lorella si è molto spaventata, prima di capire che era una troupe di Striscia-, insiste con una protervia e un’aggressività degna di miglior causa a indicarla come una nemica assoluta, la sbeffeggia, la ridicolizza, cerca di spaventarla.

Direi che può bastare. Siamo qui, Lorella, io e tutte, disponibilissime a un chiarimento definitivo, se Ricci lo riterrà opportuno, con lui, le Veline, gli autori, e anche con il Gabibbo, dove e quando vorrà. Che la smetta con le molestie, non è un ragazzino né uno stalker, e accetti di confrontarsi civilmente.

Donne e Uomini, esperienze, tv Aprile 9, 2011

MONTALBANO MASCHIO-SICILIA FEMMINA

Finita anche questa nuova serie di “Montalbano”. Peccato. Ce la rivedremo in replica. Ogni episodio è un piccolo preziosissimo classico, da guardare e riguardare. Una Sicilia barocca e assorta, quella terrazza sul mare, Salvo e tutti gli uomini della squadra a cui siamo affezionati come parenti, la dolcezza della lingua, il tripudio del cibo, la luce che stordisce. Qualcosa che sta lentamente sprofondando, dentro e fuori di noi.

Montalbano che risolto il caso nuota in quel mare fondo, come per ripulirsi del sangue e delle ammazzatine. Un fluido amniotico purificante per rimettersi al mondo. Le donne sono solo comprimarie nella serie, il punto di vista è fieramente maschile. Ma compongono uno sfondo che pulsa, una placenta vitale. La comare che frigge arancini e teste d’agnello, la creatura fatale che porta vita e morte, lo splendore dei corpi nudi delle vittime, che Montalbano pietosamente e cavallerescamente copre con la sua giacca in attesa della Scientifica. Le prostitute, certe conturbanti cucine dietro le persiane socchiuse della controra, il ferro battuto dei letti coperti di pizzi e broccati, le case che profumano di cera. Il mare, la madre di tutto. La terra secca e l’esplosione delle agavi. Montalbano è maschio, ma la Sicilia è femmina.

Livia, l’eterna fidanzata, l’emancipata lontana da cui Salvo non riesce a staccarsi, ma a cui non riesce nemmeno ad attaccarsi del tutto, una voce metallica al telefono, un appuntamento sempre mancato, un’idea limite che non lo convince, lasciandolo sulla soglia di oscure tentazioni, solo di fronte all’enigma della femminilità misteriosa e mitologica delle donne della sua terra, dee cadute in schiavitù e mai del tutto possedute.

Il fascino della serie, io credo, sta proprio qui, nell’essere l’estrema istantanea di qualcosa che va sparendo, portandosi via un senso prezioso delle cose, una chiave per decifrare il segreto di un paese, il nostro, che non potrà mai essere normale, sghembo e proteso com’è tra Nord e Sud, tra Occidente e Oriente, tra Islam e Cristianità. Tanto difficile da tenere insieme con la colla asettica della modernità, bagnato da quel brodo tiepido che ha dato origine a ogni civiltà.

Stanno scomparendo anche quelle donne che si intravedono appena, come dietro le trine di una tenda, dissolte dalla luce piena della parità e dell’omologazione. E non sapremo mai come sarebbe andata, se non fosse andata così.

AMARE GLI ALTRI, tv Marzo 10, 2011

SORELLA TV

La televisione ha fatto molto per noi. Negli anni Sessanta ci ha perfino alfabetizzato. Ci andavano i migliori, una volta. quelli che avevano studiato, quelli che avevano molto da dire e da dare. Ci ha fatto conoscere i classici, il grande teatro, il grande cinema. La musica. Lo swing. L’America, con i suoi grandiosi show del sabato sera, modello d’oltreoceano. Il gioco, i quiz, la bellezza, la politica. Piazzata sulla mensola in alto, nei bar. E poi l’apparecchio a casa, preziossimo, con il centrino sopra, i vicini che non l’avevano ancora che alle nove venivano a guardarla. Sistemata via via più in basso, sempre meno totem e sempre più focolare. Il b/n, quegli stranissimi filtri di plastica che davano l’illusione del colore (tutto virato sul rosso-verde) e poi la tv color sistema Pal (ricordo male?). La tv ha accompagnato il boom, lo sviluppo del paese, lo ha promosso e raccontato.

A un certo punto, una trentina d’anni fa, le cose hanno preso una piega diversa. E’ nata la tv commerciale. La pubblicità ha cominciato a dettare direttamente programmazione e palinsesti. Il servizio pubblico ha assunto il modello. Fare soldi è diventato il challenge universale. I risultati sono quelli che vediamo.

Oggi c’è il web. La tv deve riprogrammarsi tenendone conto. Ma credo che abbia ancora molto da dare. E credo che il suo futuro abbia molto a che vedere con la riassunzione del suo antico compito pedagogico e della responsabilità nei confronti del pubblico. Il che potrà capitare solo se tutti (operatori e telespettatori) faranno la loro parte. E grande parte di questa parte (scusate il bisticcio) oggi è destruens, e sta nella capacità di dire no: non collaborerò alla realizzazione di quel programma, lotterò per quella produzione edificante, non guarderò quella robaccia e contribuirò a diminuirne l’audience. Scelte individuali che possono molto, moltissimo.

Il discorso più grande è questo: sottrarre ciascuno quello che possiamo alla misura simbolica unica dei soldi. Mostrare che possono esserci anche altre misure, non scambiabili con soldi. Una persona a me molto cara l’altro giorno mi ha detto, in modo semiserio: se il problema di tutto sono i soldi, allora aboliamoli. Abolirli del tutto non possiamo (ci provò già Pol Pot, e non andò benissimo) ma abolirli un pezzettino sì. Sottrarre a questa misura almeno parte delle nostre scelte e della nostra vita è un obiettivo praticabilissimo. Già qui e fin d’ora.