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ambiente, Politica Dicembre 24, 2013

Milano sogna sempre l’acqua

Milano, quartiere di Gorla. Ponte Vecchio sul Naviglio Martesana

E’ stato anche grazie all’acqua, a quel naviglietto che arriva dall’Adda, che un quartiere milanese come Gorla, tanto per fare un esempio, negli anni Sessanta non è deflagrato sotto l’urto di un’immigrazione massiccia e improvvisa, migliaia di nuovi milanesi che arrivavano da Sud per lavorare nelle grandi e piccole fabbriche, palazzi come funghi, due camere e cucina impilati l’uno sull’altro, uno choc culturale e meteorologico per chi lasciava il sole per chiudersi nei reparti con le luci al neon (rivedersi “Rocco” e poi “Romanzo popolare”). E’ stato anche grazie al Martesana, detto “la” Martesana, a quelle acque un po’ fetide e così amate, al Ponte Vecchio e al Ponte Nuovo da cui sporgersi a contemplare i mulinelli e la prole delle anatre, che l’identità del quartiere ha tenuto, l’integrazione è stata sostanzialmente felice, cementata dai motti di spirito (“Oehi, Africa!”) e dalla certezza del pane.

I Navigli, il Grande, il Pavese e anche il Piccolo o Martesana che scorre da NordEst, sono sempre stati importanti per l’identità di Milano, memoria di tutta quell’acqua su cui galleggia la nostra città-chiatta circonfusa di vapori, brume e afa (“te dormet all’umid?” è un modo di dire qui, per stigmatizzare chi non corre al ritmo giusto, cioè al folle passo di pianura). La copertura di una lunga tratta della fossa interna negli anni 1929-30 ha ubbidito a un’anti-sogno modernizzante, e anche a ragioni igienico-sanitarie: ragioni che tuttavia si sono riproposte nell’intossicazione prodotta dai fiumi di metallo incolonnato e sgasante. Il rimedio è stato peggio del problema.

Area C ha segnato un’inversione di rotta, primo indizio di una visione che ha bisogno dell’acqua, ovvero di un ritorno di Milano a se stessa, per esplicitarsi.

Perché Milano sogna sempre l’acqua, in bianco e nero e a colori. Per questo sostengo con convinzione e commozione l’idea di una riapertura di grande parte dei navigli interrati (rii terà, li chiamerebbero a Venezia), come simbolo e driver di un cambiamento di rotta che la maggior parte dei milanesi ha già mostrato di approvare, cuore pulsante di una visione che fa un po’ di fatica a delinearsi.

Mancando, tanto per cambiare, i fondi necessari, indicati nella somma tutto sommato abbordabile di 200 milioni, mi pare ottima l’idea di bond-navigli lanciata dall’amico carissimo Ivan Berni su “La Repubblica”. Tanto più che grossomodo la metà di quella somma sarebbe recuperabile rinunciando al contestatissimo progetto della Via d’Acqua di Expo, 90 milioni per un’impresa faraonica e non necessaria.

La bozza di progetto è stata realizzata dall’equipe del Politecnico guidata da Antonello Boatti.

Sognamo l’acqua, questo Natale! E auguri a tutti.

Aggiornamento 29 dicembre: la Sovraintendenza “boccia” la via d’acqua, troppo invasiva.

 

ambiente, economics, Politica Novembre 20, 2013

Bombe d’acqua e montagne di soldi

 

Non leggo mai la cronaca delle catastrofi: ho abbastanza immaginazione per visualizzare la paura, lo strazio, la valanga del dolore umano. Preferisco, in casi come la Sardegna, Genova, le Cinque Terre, la cronaca politica: capire, cioè, se vi siano responsabilità umane, riconducibili unicamente al profitto, in quello che è accaduto, in modo da evitare che accada ancora.

E accadrà ancora. Non si risana in pochi mesi un dissesto idrogeologico procurato in anni e anni di incuria e di speculazioni cementizie. Insieme al cambiamento climatico che ci ha regalato questa bella novità delle bombe d’acqua autunnali e sul quale a questo punto possiamo fare ben poco, la concausa delle catastrofi sono i soldi: disboscare per fare soldi, privando la terra del suo scheletro naturale e rendendola friabile; riservare il denaro pubblico a vistose grandi opere per guadagnare consenso, e quindi soldi, anziché investirlo nella cura umile e indispensabile del territorio, che non si vede e quindi non porta voti e soldi; glassare la terra di cemento, che è impermeabile e agevola lo scorrimento delle bombe d’acqua: speculazioni edilizie, sempre per fare soldi; concedere la possibilità di costruire sempre più vicino agli argini dei fiumi, per rendere quei terreni edificabili e quindi aumentarne il valore commerciale e fare soldi.

Si potrebbe continuare all’infinito, parlando di coste snaturate da porti e porticcioli, e declinando le modalità delle catastrofi annunciate sulla specificità dei territori. Ma la chiave resta quella: fare soldi, occupazione principale della politica di destra e di sinistra negli ultimi decenni.

Il collega Ferruccio Sansa, che è ligure e conosce in particolare il disastro di quella splendida e delicatissima regione dove le montagne si tuffano in mare, e a cui solo il paziente lavoro dei contadini, con i terrazzamenti e i muretti a secco, ha dato la forza di non rovinare in acqua, su “Il Fatto” di oggi parla di “3500 morti in 50 anni. Senza contare i costi: l’alluvione di Genova 2011 ha provocato oltre un miliardo di danni. Mettere in sicurezza il territorio sarebbe costato un quinto. Invece si punta sulle grandi opere: con i 10 miliardi della Mestre-Orte (destra-sinistra-Napolitano) si risanerebbero intere regioni“. 

Faccio un esempio specifico di cui mi sono occupata da vicino: quello della splendida piana di Marinella di Sarzana, ai confini tra Liguria e Toscana -una delle due sole piane della Liguria: l’altra è al capo opposto, ad Albenga-. Località già devastata negli ultimi anni dalle piene anomale del fiume Magra: bombe d’acqua, anche qui, agli estremi della Lunigiana ferita a morte, che sono riuscite addirittura a spezzare in due un ponte, ricostruito soltanto la scorsa estate. Un incredibile masterplan nel 2007 pianificava l’edificazione di un ecomostro senza precedenti: due megadarsene per oltre mille posti barca -molto redditizi- escavate nella piana, core business circondato da un luna park di alberghi, ville, villette, centri commerciali, maxi parcheggi, strutture sportive, addirittura una metropolitana leggera per raggiungere le spiagge, e via devastando (vedere qui). Il problemino da niente, che non ha mai trovato soluzione e ha stoppato l’opera faraonica, è la cosiddetta “risalita del cuneo salino”: in poche parole il rischio che il mare, invadendo le megadarsene, andasse a inquinare le falde acquifere da cui si abbeverano Massa e La Spezia, assetando due intere province.

Ora l’impresa prometeica si è rimessa in moto: firmato un protocollo d’intesa per una ripartenza a razzo tra comuni, Regione Liguria, e Marinella S.p.a., proprietaria del 66 per cento delle aree e composta da Monte dei Paschi e da una serie di coop (tutta roba “rossa” e Pd).

Gli ambientalisti della zona sono in stato di allerta permanente nell’attesa di conoscere i dettagli del progetto -“Marinella come Miami, recitava uno strillo locale- che prende le mosse da quel pazzesco masteplan, e che dovrebbero essere resi noti a dicembre. Intanto propongono in una lettera aperta una valorizzazione del territorio ispirata a criteri di salvaguardia ambientale, paesaggistica e slow.

Stiamo a vedere come va.

ambiente, economics, Politica Ottobre 25, 2013

“Nobel” per l’alimentazione alle multinazionali Ogm. Vandana Shiva: “Operazione di pr”

La Word Food Prize Foundation ha deciso quest’anno di insignire del “Nobel per l’alimentazione” Robert Fraley, biotecnologo della Monsanto Company, il gigante degli Ogm. Motivazione del premio, “aver contribuito a migliorare e accrescere la disponibilità di cibo nel mondo”.

81 membri della Fondazione si sono ribellati e dissociati, accusando la Word Food Prize Foundation di aver tradito le sue finalità sociali e sostenendo che questa decisione “dà forza a un modello di agricoltura che riduce i contadini in estrema povertà… L’impatto più drammatico si è avuto in India, dove tra il 1995 e il 2012 si sono suicidati 270 mila piccoli agricoltori, strozzati dai debiti per l’obbligo di acquistare semi e pesticidi dalle multinazionali dell’agricoltura”

Insieme a Fraley, è stata premiata Mary-Dell Chilton della società biotech Syngenta, produttrice di pesticidi che intossicano ambiente e colture.

Chiedo a Vandana Shiva di commentare questa incredibile decisione:

Sia Monsanto sia Syngenta” dice Vandana “sono veri giganti della chimica, che partono dalla chimica di guerra. Syngenta nasce dalla fusione di Ciba Geigy, Sandoz, Astra and Zeneca. Oggi è il principale produttore di chimica per l’agricoltura, e sta trasformando la produzione di sementi grazie all’ingegneria genetica e i brevetti. Syngenta è inoltre proprietaria dei brevetti del cosiddetto riso Golden Rice, 7000 volte meno capace di fornire vitamina A rispetto alle alternative “biodiverse”. Il Golden Rice è diventato il cavallo di Troia per favorire la penetrazione degli OGM, data anche la forte resistenza incontrata da altri tipi di piante geneticamente modificate, come quelle resistenti al Round Up e quelle che esprimono la tossina BT. Novartis, che nasce dalla fusione di Ciba Geigy e Sandoz, è una delle più grandi industrie farmaceutiche del mondo. Ha intentato causa all’India per poter brevettare un farmaco generico anticancro già esistente. Il tribunale e l’ufficio brevetti hanno chiarito: un farmaco già esistente non può essere rivendicato come un’invenzione brevettabile… Insomma: queste multinazionali prima provocano il cancro con i pesticidi, poi pretendono di curarlo brevettando e vendendo farmaci antitumorali!”

Perché allora la Word Food Prize Foundation ha preso questa contestatissima decisione?

E’ un segno di disperazione. Un tentativo di riscattare l’immagine di Monsanto e Syngenta. Si tratta semplicemente di un’operazione di pubbliche relazioni”.

Secondo alcune voci Monsanto avrebbe promesso una donazione di 5 milioni di dollari alla Food Prize Foundation…

“Non ne dubito affatto. Questa vicenda è assolutamente paradigmatica, illustra bene il potere economico e politico delle multinazionali, in tutto il mondo e in ogni settore produttivo”.

L’Italia è il Paese della biodiversità: l’esatto contrario delle monocolture Ogm.

“Proprio per questo il vostro Paese deve assumere un ruolo centrale in questa lotta contro le multinazionali degli Ogm: per la sua incredibile biodiversità, per la sua ricchissima cultura del cibo. E anche per indicare una via d’uscita dalla crisi”.

Come si dovrebbe reagire alla decisione del Word Food Prize Foundation?

“Lo spiego qui, e qui. L’imperatore Ogm è nudo! Onore agli eroi che nutrono davvero il pianeta!”.

 

 

 

ambiente, bellezza, economics, Politica Ottobre 22, 2013

Ricompriamoci Budelli! (l’appello qui)

l’isola di Budelli, arcipelago della Maddalena, recentemente acquistata
da un magnate australiano

L’hashtag è #outletitalia. Un Paese in svendita, un sacco di buoni affari.

Per esempio l’isola di Budelli, quella con la fantasmagorica spiaggia rosa, arcipelago della Maddalena. Passata all’asta da un privato fallito a un altro privato, un signore neozelandese –fortunatamente, a quanto si dice, ambientalista- che se l’è aggiudicata per neanche 3 milioni di euro. Più o meno quanto un superattico in centro Milano o Roma. Prezzo al mq € 1.80, meno di un kg di mele. Se il nostro governo non eserciterà la prelazione, Budelli sarà sua.

Per esempio Palazzo Orlandi, casa di Giuseppe Verdi a Busseto, Parma. Piena, oltretutto, di cimeli di Arturo Toscanini. Vendita gestita da Héra, che ha ottimi clienti in Russia e in Cina.

Per esempio l’isola di San Clemente, Laguna veneta, già acquisita dal gruppo turco Permak per farci uno dei più lussuosi resort d’Europa. E via svendendo (oltre ai molti storici brand italiani, come si sa).

Uno dice: d’accordo, sarà triste, ma sempre meglio che vedere quei beni in rovina. Negli scantinati di molti musei sono accatastate ad ammuffire opere di valore inestimabile. Guarda Pompei. Guarda i Bronzi sdraiati da tre anni in una sala del Consiglio regionale di Reggio.

Ma in prospettiva quanto ci costerà lasciarci “depredare”? Qual è il prezzo in termini di scoramento e di sfiducia per questa resa? Quanto ci renderebbe, invece, tenerci orgogliosamente le nostre meraviglie e farne il cuore pulsante della ripresa?

Perché per noi la strada da percorrere è questa. Altre non ne ce n’è.

Qui un appello al Presidente del Parco della Maddalena perché eserciti il diritto di prelazione -che scade fra un paio di mesi- e ricompri l’isola di Budelli. Sottoscriviamolo!

 

ambiente, cultura, economics, Politica Luglio 1, 2013

Italia, Location Mundi

Firenze: Ponte Vecchio location per la cena Ferrari

Capiamoci: chiudere e affittare per una serata -alla Ferrari- il Ponte Vecchio di Firenze (vedere qui) ha come equivalenti l’affitto della Galleria a Milano o a Napoli, di Piazza del Popolo a Roma, di Rialto a Venezia. Trattasi di luoghi di passaggio e di poli di attrazione turistica.

Al Comune di Firenze ha fruttato in poche ore oltre 100 mila euro, che in tempi di patti-capestro di stabilità sono pur sempre una bella sommetta. Ci sarebbe un precedente: piazza Ognissanti affittata per 3 giorni da un magnate indo-thailandese per la festa di matrimonio della figlia.

Quando si parla della bellezza del nostro territorio e dei nostri siti culturali e del loro potenziale economico (ne stiamo parlando qui) forse non si intende esattamente questo, ovvero una specie di disneyzzazione del Paese, che probabilmente sarebbe solo l’altra faccia dell’incuria e dello sfruttamento cementizio di cui soffre da decenni. Rent Ponte Vecchio come controcanto dello sfascio di Pompei. (e, aggiungo io, personalissima opinione: Matteo Renzi come faccia refreshed e refurbished della vecchia politica?)

E’ possibile pensare alle nostre bellezze e al nostro qualis in una logica diversa da quella dello sfruttamento, evitando la prospettiva di diventare una mega Mini-Italia, un Paese dei Balocchi per ricchi russi ed emiri, una Location Mundi, un paradiso delle seconde case chiuse per ¾ dell’anno –eventualmente spinti, noialtri italiani, a vivere in location più cesse, come è capitato agli abitanti dei nostri centri storici finiti ad abitare in periferia-?

Che ne dite? Pochi, maledetti e subito? O meglio una logica diversa e lungimirante?

aggiornamento di venerdì 5 luglio, ore 13:

stamattina ho partecipato a una puntata di Coffee Break su la 7
proprio sul tema della bellezza e della cultura.
Mi permetto di suggerirla, sono temi politici vitali.
Se interessa, è qui.

ambiente, economics, Politica Aprile 16, 2013

Il partito che non c’è

Le bombe interrompono ogni filo, ti impediscono di pensare ad altro, ti costringono a tenere gli occhi fissi sul sangue e sulla morte. E’ difficile distogliere lo sguardo da Boston, stamattina.

Ma una cosa provo a dirla lo stesso, vediamo se mi riesce, sulla nostra assurda situazione politica (la deflagrazione in diretta del Pd è uno spettacolo inguardabile, che traccia una distanza definitiva tra la “politica” e cittadini, siamo tutti tremendamente stanchi, se almeno si trattasse di un conflitto sui contenuti…).

Mitezza. Manca, nell’offerta politica, quella mitezza che si accompagna al saldo buon senso, alla buona fede, manca quell’allegria che si prova quando in queste belle mattine di primavera spalanchi le finestre e ti guardi intorno: “Vediamo che cosa c’è da fare”, e cominci di buona lena a lavorare.

Sempre riflettendo sulla diatriba Vandana Shiva-Davide Serra e alla grande impressione che ha prodotto,  ho pensato che manca nel nostro Paese un “partito” che dica cose come queste (è Vandana che parla):

Occupate le terre così come occupate le piazze” ….

“Il sistema agricolo industriale consuma una quantità di energia 10 volte superiore rispetto a quanta ne produce sottoforma di alimenti”.   

 Il nuovo Rinascimento sarà consumare di meno

“Sono almeno 250 mila i contadini che in India sono morti suicidi a causa del cambiamento dei sistemi agro-alimentari imposti dalle multinazionali dell’agro-chimica attraverso i brevetti sul materiale vivente (vedere qui) ed in particolar modo sulle sementi”.

“Le economie che apportano vita si fondano sulle economie locali. Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creatività alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili è quello di operare all’interno delle realtà locali. Localizzare l’economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale”. 

Manca una forza che faccia diventare azione politica, o almeno che non ostacoli queste consapevolezze ormai ampiamente diffuse (vedi qui). Il Partito democratico, con l’importante eccezione di alcuni tra i suoi rappresentanti (mi riferisco, per esempio, a Laura Puppato e a Pippo Civati) è lontanissimo di qui, e non ha ancora riflettuto abbastanza sulle proprie responsabilità nella devastazione del territorio. Il Movimento 5 Stelle porta ottimi contenuti, ma manca di quella mitezza che dicevo, non confida in una forza tranquilla, è intrappolato in un involucro di rabbia che rischia di farlo implodere.

Questo vuoto politico chiede urgentemente di essere riempito, siamo in moltissimi e soprattutto in moltissime a volere andare in questa direzione, a guardare a questa stella polare.

 

 

ambiente, Politica Febbraio 8, 2013

Un Pd a 5 Stelle?

 

Il Movimento 5 stelle dice che non intende farsi intruppare in alleanze: giusto, anch’io al posto loro farei così. Venderei carissima la pelle dopo il trattamento che gli è stato riservato. Il vicesegretario del Pd Enrico Letta ha detto: piuttosto che votare Grillo, meglio il Pdl. Ok che lì ci ha lo zio, ma anche dal punto di vista del Pd mi pare smodato. Suppongo che nel frattempo sia stato costretto a cambiare idea, visti gli effetti dello Tsunami tour: ogni sondaggio dice la sua -si va dal 15 a oltre il 20 per cento-ma tutti concordano sul fatto che con ogni probabilità i 5 stelle saranno il terzo partito del Paese.

Da oggi sondaggi non ne vedremo più, ci arriveranno solo rumours dalle rilevazioni dei partiti. Sentiremo qualche altra #propostachoc, scrutereremo i fondi del caffè per capire dove andranno i tantissimi voti degli incerti: qui dall’Ohio posso dirvi che non ce ne sono mai stati tanti, e che probabilmente l’incertezza dei più si protrarrà fino al 24 mattina.

Ma sul fatto che il Pd sarà il primo partito, il Pdl il secondo e i 5 stelle il terzo ormai sembrano esserci pochi dubbi. E osservando il ricco e articolato programma di Beppe Grillo, a forte impronta green, le probabilità di convergenze programmatiche con il Pdl appaiono molto scarse. Qualche possibilità, e forse necessità di dialogo in più con il Pd.

Può essere molto utile guardare all’esperienza siciliana: per governare il piddino Crocetta ha bisogno dei 5 stelle. E i siciliani non sembrano scontenti della cosa, se è vero che proprio in Sicilia Grillo farà il suo en plein. Vista alla distanza, quella tra il Pd e i 5 Stelle in Sicilia è una relazione complicata ma feconda, interessante proprio per il fatto di costringere il Pd, sempre molto ambiguo sui temi ambientali (in certe regioni, come in Liguria, il Pd è il vero devastatore del territorio) a farci più strettamente i conti. Se si crede, io lo credo, che l’ambiente è il “core” politico, il tessuto connettivo di tutte le possibili buone riforme in tema di economia e di sviluppo, non si può che spingere a favore di questo dialogo.

Si tratta di mettere tutta la buona volontà politica per riuscire a smussare gli angoli. E da parte del Pd, di conferire ruoli di peso, in un eventuale futuro governo a guida Pd, a figure come quelle di Laura Puppato, Pippo Civati e Monica Frassoni (candidata Sel) che hanno già dimostrato competenza e impegno sui temi della green e blue economy, che godono della stima dei grillini, e su cui si potrebbe incardinare un dialogo programmatico.

Aggiornamento del 22.o2.13, ore 9.20:

come volevasi dimostrare… leggete qui

 

ambiente, economics, esperienze, Politica Novembre 19, 2012

Siamo molto ma molto meglio dei nostri politici

Renato Guttuso, Contadini al lavoro

Prova del nove del fatto che il Paese reale è molto ma molto ma molto meglio della sua classe dirigente, il sondaggio pubblicato stamattina dal Corriere -e che, lo dico al direttore Ferruccio De Bortoli, io avrei sbattuto in prima, e non a pagina 21-: per 9 italiani su 10 arte, ambiente e agricoltura saranno il motore della nostra ripartenza, il cuore del modello italiano di sviluppo, la vera possibilità di crescere e creare occupazione.

Per più del 90 per cento degli intervistati questi settori “potrebbero rivelarsi fondamentali per la ripresa e invece sono ingiustamente trascurati“. Hanno ragione.

Questa mancanza di visione e di slancio costituisce il vero grande limite dell’esperienza Monti, troppo ripiegata sul qui e ora, su un iperrealismo finanziario senza prospettive, per salvaguardare interessi che non sono certo quelli della maggioranza dei cittadini, su un ragionierismo asfittico che non sta ci sta portando da nessuna parte.

Come diceva tanti anni fa Alexander Langer, il buon senso di un popolo vale ben più di qualunque espertocrazia: notazione perfetta per raccontare quello che capita oggi.

Sono anche commossa perché combatto per questa visione da tanto tempo, nel mio ultimo libro ne ho parlato diffusamente, e sono sicura che presto sarà il nostro mainstream.

A patto di mandare al governo una classe politica che sia non dico meglio, ma almeno all’altezza di noi cittadini, che sappia favorire processi già in atto: è questo il compito principale della politica.

Dobbiamo lottare tutt* per questo.

 

AMARE GLI ALTRI, ambiente, economics, Politica Luglio 11, 2012

Sempre più lontani da ciò che è giusto

Un mese fa, il 12 giugno, se n’è andata a 78 anni l’economista Elinor Ostrom, premio Nobel dell’Economia 2009 per i suoi studi sui commons, i cosiddetti beni comuni, risorse condivise materiali (acqua, pascoli, boschi, ecc) o immateriali (come la rete). Qui una tra le sue ultime lezioni magistrali.

Ostrom era stata premiata “per aver dimostrato come la proprietà pubblica possa essere gestita dalle associazioni di utenti». In poche parole, tra Stato e Mercato, tra proprietà pubblica e proprietà privata, Ostrom aveva indicato come più efficiente e sostenibile la gestione da parte delle comunità di utilizzatori, che hanno tutto l’interesse a preservare e sviluppare il bene che usano, sia esso un pascolo, una strada o un sito web. In altri termini, aveva dimostrato il valore politico ed economico delle comunità locali.

Ora, tanto per cambiare, nel nostro Paese le cose sembrano andare nella direzione opposta, come spiegano quasi all’unisono nei loro ultimi editoriali Giuseppe De Rita e Ilvo Diamanti. Da una parte il Leviatano invincibile del Mercato, dall’altro un Iperstato, che toglie sempre maggiori risorse e potere al locale, alla dimensione orizzontale, per accentrare e riorganizzare in modo verticale e verticistico.

D’altro canto, i cittadini sembrano dare ragione a Ostrom, praticando sempre più spesso una gestione diretta dei beni comuni.

Anche da questo punto di vista, la distanza tra la vita e la “politica” appare sempre più incolmabile.

 

AMARE GLI ALTRI, ambiente, Politica Luglio 7, 2012

Alex Langer: Non per il potere

Nella primavera del 1988 ero incinta e affamatissima.

Un giorno mi capitò di andare a Bologna con Alex Langer –stavamo insieme nei “primi” verdi-, per incontrare un signore, poi diventato politico di primissimo piano.

Ci vedemmo a colazione. Io feci fuori 4 o 5 portate. Alex mi guardava sorridente e sbigottito. “Dio benedica te e il tuo bambino”, mi disse.

Un piccolo ricordo, apparentemente impolitico, suscitato dalla lettura commossa di “Non per il potere”, Alexander Langer (Chiarelettere Instant Book).

Risento la sua voce di angelus novus, messaggero visionario, nelle parole che qui vi ripropongo senza commenti, se non questo: che sembrano pronunciate oggi.

Una delle “urgenti ragioni per ripensare a fondo la questione dello sviluppo… è la perdita di qualità di vita e di autonomia delle persone e delle comunità, anche nelle fortezze dello sviluppo”.

“Una scelta di espansione … è una scelta di riarmo. Una scelta di contrazione è una scelta di disarmo”.

“Di fronte alla malferma salute della biosfera, le scelte che fanno bene al pianeta sono per forza di cose anche scelte che fanno bene a noi stessi… (è) sacro egoismo tra i meglio investiti”.

“Dalla faticosa lotta degli uomini contro la natura siamo passati a una situazione in cui quasi la natura non ce la fa più a difendersi dall’uomo”.

Esiste un “impatto generazionale di tutto ciò che noi facciamo, sia a livello macrosociale che micro sociale”. Si tratta di “perdersi per ritrovarsi… Se non si trovano nel presente (per esempio nel rapporto di amore) sufficienti ragioni per volere un futuro, non vi potrà essere nessuna astratta ragione, nessun rapporto del Club of Rome o delle Nazioni Unite”.

Il piccolo potere è il potere del “consumatore”… Qualcuno dovrà pur cominciare, e indicare e vivere un privilegio diverso da quello della ricchezza e dei consumi: il privilegio di non dipendere troppo dalla dotazione materiale e finanziaria”.

Alex Langer, nato a Vipiteno il 22 febbraio 1946, è morto suicida a Pian Dei Giullari, Firenze, il 3 luglio 1995.

Nel suo biglietto d’addio era scritto: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.

Dal quel 3 luglio –qualche giorno fa il diciassettesimo anniversario- cerco di pregare per lui ogni giorno, con gratitudine.